Parla il giurista che assiste i prigionieri politici in Cile di Livio Zanotti

Parla il giurista che assiste i prigionieri politici in Cile Parla il giurista che assiste i prigionieri politici in Cile .Instino Jimenez presiede la commissione interamericana per la difesa dei diritti umani - Centinaia di familiari dei detenuti si rivolgono ogni giorno a lui per notizie l Dal nostro inviato speciale ) Santiago, 13 agosto. Justino Jimenez de Arechaga, giurista di fama internazionale, ha 64 anni e da due presiede la Commissione interamericana per la difesa dei diritti umani, creata dall'«Organizzazione degli Stati americani» (Oea). In Uruguay, dov'è nato, ha fama di lucido conservatore, un suo fratello è stato ministro di Pacheco Areco. Qui a Santiago è divenuto l'ultima speranza di quanti cercano di assistere in qualche modo i familiari arrestati o soltanto di avere notizie degli innumerevoli scomparsi dopo il colpo di Stato militare del settembre scorso. E' venuto con altri cinque dei sette membri della Commissione, per accertare le denuncie di violazione dei diritti umani ricevute. Per parlargli bisogna met¬ tersi in coda alle decine di persone. Donne per lo più, madri e spose, che attendono di potergli esporre diretta- mente i propri casi, negli uffi-ci allestiti dalla commissione al secondo piano dell'hotel «Crillion», al centro della città. Jimenez non vuole o non può sottrarsi a questa processione disperata. Raccontano che le testimonianze raccolte lo hanno turbato. Ha visitato molti detenuti, ha parlato con gli ex dirigenti di «Unidad popular», comunisti, socialisti, radicali che dall'australe isola di Dawson sono stati recentemente trasferiti a Ritoque, un vecchio stabilimento balneare nei pressi di Valparaiso trasformato dai militari in campo di concentramento. La commissione ha potuto muoversi liberamente? «Abbiamo parlato con i ministri degli Esteri, degli Interni, della Difesa e della Giustizia. Ci sono state fornite garanzie. Siamo stati ricevuti dal cardinale, monsignor Silva Enriquez. Abbiamo esaminato diversi atti processuali e visitato numerosi luoghi di detenzione, oltre ad assistere ad- alcune sessioni dei tribù- nali di guerra. Ma devo dire che ci è stato impedito di en trare in tre stabilimenti, nei quali molti detenuti hanno di- chiarato di avere sofferto tor- \ ture fisiche e psicologiche, perché si tratta di zone militari». Le denunce sono di singoli I individui o di organizzazioni? «Degli uni e delle altre, ma non posso rivelarne l'identità». E' vero che gli ex ministri Clodomiro Almeyda e Orlando Letelier, l'ex segretario del partito comunista Luis Corvalan e altri confinati di Ritoque hanno denunciato di essere stati torturati? «Non sono autorizzato a divulgare particolari dell'inchiesta. Posso dire che hanno dichiarato di essere stati sottoposti ad un regime per essi intollerabile, durante la permanenza a Dawson». Che cosa accadrà adesso dei risultati dell'inchiesta? «Li presenteremo all'assemblea annuale della "Oea", in aprile. Se saranno denunciate violazioni l'assemblea potrà j decidere di fare una dichiara- zione. Nessun governo può permettersi di restare indifferente di fronte all'accusa di non rispettare i diritti umani. Questa è l'esperienza accumulata dalla commissione nei suoi dieci anni di lavoro. Il fatto stesso che siamo qui, dimostra comunque che il caso cileno è stato considerato con tutta la serietà necessaria». Che cosa le chiedono le per-1sone che vengono a sollecita re il suo aiuto? «Notizie, in tutti i casi. Talvolta interventi concreti, che quando è possibile non rifiutiamo di dare in via di principio. Abbiamo avuto numerosi contatti con le autorità dì governo. Stiano tranquille, in ogni caso non siamo burocrati che accumulano pratiche per gli archivi. Stiamo preparando una lista di detenuti e una di scomparsi. Di tutto renderemo conto al governo cileno». Il professore Justino Jimenez aveva già lasciato il Cile quando sono state rese note le «raccomandazioni» rivolte alle autorità militari dalla commissione. Non è stato possibile accertare se risponde a verità che la stessa pubblicazione delle «raccomanda, zioni» è stata ottenuta al termine di una lunga e tesa trattativa, come molti affermrno di sapere a Santiago. Ma le «raccomandazioni» permettono già di intendere quale opinione si sia fatta la commissione della Oea a proposito delle denunce ricevute. Suggeriscono tra l'altro al governo militare che fin d'ora studi le misure necessarie perché «le famiglie delle persone private della loro libertà a qualsiasi titolo siano informate immediatamente circa i motivi e il luogo della deten zione»; perché «venga modificato il regime di detenzione dei minorenni d'entrambi i I sessi, oggi rechisi in luoghi di pena destinati ad adulti e sottoposti al medesimo trattamento di questi»; perché aumenti «i controlli necessari ad evitare torture fisiche e psicologiche ai detenuti e ne punisca severamente i responsabili»; perché «esercitando le proprie facoltà, la giunta stabilisca un limite ragionevole di reclusione per coloro i quali sono in attesa di giudizio»; perché «non siano possibili castighi come il lavoro forzato e l'isolamento prolungato e ingiustificato»; perché «le persone detenute per ragioni di sicurezza e contro le quali non esistono accuse di natura penale possano a loro richiesta lasciare il Paese». I suggerimenti della commissione non hanno mancato di suscitare varie reazioni. Un quotidiano della capitale è arrivato a proporre che si presentassero a deporre all'Hotel «Crillion» tutti coloro i quali avevano sofferto soprusi durante il governo di Salvador Allende. Il governo ha fatto replicare al ministro degli Esteri, il viceammiraglio Patricio Carvajal, il quale ha invitato la commissione a comunicargli immediatamente 1 qualsiasi informazione rice- vesse a proposito di episodi di violazione dei diritti umani in Cile. Quanto alle raccomandazioni già ricevute, il vi. ceammiraglio Carvajal ha precisato di averle fatte presenti al ministro di Giustizia, per «un elementare rispetto delle competenze». Livio Zanotti

Luoghi citati: Cile, Santiago, Uruguay, Valparaiso