L'«Opera» di Roma occupata per la riforma degli enti lirici di Liliana Madeo
L'«Opera» di Roma occupata per la riforma degli enti lirici Non erano stati pagati gli stipendi di luglio L'«Opera» di Roma occupata per la riforma degli enti lirici Sono stati richiesti la copertura finanziaria e l'immediato cambio della dirigenza E' stata indetta per oggi un'assemblea con i capigruppo parlamentari e i sindacati (Nostro servizio particolare) Roma, 12 agosto. Prosegue l'occupazione del teatro dell'Opera, decisa all'unanimità sabato sera a conclusione di un'animata assemblea di tutti i 560 orchestrali, coristi, ballerini e tecnici. I lavoratori hanno apposto i si- ranze di soluzione sono riposte negli incontri di domani: alle 10 si svolgerà un'assemblea pubblica con la partecipazione dei capigruppo parlamentari della Camera e del Senato, delle autorità ministeriali, delle rappresentanze sindacali; alle 18 il ministrogilli alle porte degli uffici, j Ripamonti s'incontrerà con il svolgono il servizio d'ordine e di vigilanza. Ampi cartelli sono stati issati sulla facciata dell'edificio: «Lotta dura per la cultura», «Governo di fame - Politica infame», «Teatro popolare - Crescita culturale». Il clima, all'interno, è animato ma ordinato. I discorsi sono accesi. Molte spe- presidente del Consiglio Rumor. «Ma la lotta continuerà, se non ci verranno offerte sufficienti garanzie — dicono i delegati sindacali —. Due sono le richieste che abbiamo avanzato come irrinunciabili e immediate. La copertura finanziaria che assicuri la so- ranze di soluzione sono riposte negli incontri di domani: alle 10 si svolgerà un'assemblea pubblica con la partecipazione dei capigruppo parlamentari della Camera e del Senato, delle autorità ministeriali, delle rappresentanze sindacali; alle 18 il ministro Ripamonti s'incontrerà con il presidente del Consiglio Rumor. «Ma la lotta continuerà, se non ci verranno offerte sufficienti garanzie — dicono i delegati sindacali —. Due sono le richieste che abbiamo avanzato come irrinunciabili e immediate. La copertura finanziaria che assicuri la so- pravvivenza del teatro fino all'approvazione della legge di riforma. L'immediato cambio della dirigenza, che si è rivelata squalificata, incapace, artisticamente non valida, causa principale dello scadimento dell'Opera di Roma. Un irrigidimento su queste richieste, o l'invio di persone che presentino gli stessi requisiti degli uomini di cui chiediamo l'allontanamento, aprirebbe soltanto un nuovo capitolo della nostra lotta». L'occupazione è stata decisa per protestare contro il mancato pagamento degli stipendi di luglio ai lavoratori, contro la mancata presentazione di un disegno di legge per la riforma degli enti lirici e sinfonici, contro il mancato rinnovo delle cariche (sovrintendente e membri del consiglio d'amministrazione sono scaduti da oltre due armi). Le critiche mosse all'amministrazione del teatro, definita «paternalistica, clientelare, ancorata a criteri antidiluviani, assolutamente inefficiente», sono dure e argomentate. Quel miliardo di deficit su sei miliardi di spesa, più un altro miliardo di interessi passivi, che praticamente ne hanno paralizato l'attività, «derivano da precisi errori della dirigenza», dicono i lavoratori. Ne viene snocciolato un elenco, «incompleto» assicurano. La programmazione disarticolata e carente per quanto riguarda i tempi (date non rispettate e prestazioni straordinarie), la scelta delle compagnie e delle opere. La mancanza di rapporti organici con le associazioni culturali, il pubblico, la stampa (per cui le rare forme di decentramento si sono risolte in forme di colonialismo culturale e in un autentico fallimento; come a Terracina, dove lo spettacolo fu interrotto a metà e orchestrali, cantanti, tecnici se ne fuggirono sui pullman abbandonando la piazza dell'esecuzione). Le spese pazze. Il ricorso sistematico agli appalti esterni, mentre esiste una sartoria specializzata e un laboratorio di scenografia che potrebbero benissimo fronteggiare ogni esigenza se fossero messi in grado di farlo (esistono almeno 50 delibere che autorizzano l'appalto esterno e il noleggio di materiali; la più scandalosa, forse, è del 9 maggio scorso relativa ai costumi di un balletto, che durava mezz'ora e fini per costare 45 milioni, un milione e mezzo per ogni minuto di spettacolo). Si accavallano gli interrogativi. Come mai a norma della legge 800 non sono mai stati istituiti gli uffici scritture, formati da 3-4 funzionari, mentre un solo dirigente continua a disporre di tutto? Come mai prevalgono sempre gli artisti «scadenti», quelli che guadagnano cachet intermedi sulle 5-600 mila lire? Perché da molto tempo non si ricorre più a regolari concorsi per le assunzioni? Perché si continuano ad assumere persone che fino a ieri nulla avevano avuto a che fare con il teatro, col risultato di dilatare spropositatamente gli organici senza migliorare la produttività dell'azienda? Non è strano che da sei anni manchi un capo del personale? Non sono tutti elementi che avvalorano il sospetto di una gestione accentrata, che favorisce le ragioni clientelari più di quelle artistiche, e alimenta l'ambiguità di certi rapporti che legano le agenzie di artisti agli uffici scritture? Liliana Madeo
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