Due nuovi attacchi israeliani in Libano di Giorgio Romano

Due nuovi attacchi israeliani in Libano Contro i campi della "Fatahland„ Due nuovi attacchi israeliani in Libano (Dal nostro corrispondente) Tel Aviv, 7 agosto. Oggi, per due volte nel giro di poco più di dodici ore, aerei dell'aviazione israeliana hanno attaccato «obiettivi terroristici » nel Libano meridionale, in quella che si chiama la « Fatahland ». Il primo attacco è avvenuto all'una di notte sul nodo stradale di Chereibc, il secondo alle 14,10 press'a poco nella stessa zona. A quanto è dato sapere, tutti gli aerei sono tornati indenni dalle incursioni di brevissima durata, compiute da pochi apparecchi. Si presume che le due operazioni siano state compiute per rappresaglia contro il rapimento di quattro lavoratori drusi, che stavano completando una recinzione nel saliente di Har Dov, che fronteggia il villaggio libanese di Kafr Kinia, avvenuto ieri sera, e di cui oggi il Fronte popolare di liberazione della Palestina rivendica la paternità. Frattanto uno dei quattro operai rapiti è riuscito a sfuggire, col favor delle tenebre, dalle mani dei Fedayn che intendevano trasferirlo in una base del Fatah, presso il villaggio di Kfar Zaid. Nel Libano, la Croce Rossa Internazionale e rappresentanti ^ell'Onu cercano di ottenere la liberazione dei drusi rapiti. L'incursione israeliana, tuttavia, ha anche l'intento di mostrare il grado di all'erta e di preparazione dell'esercito di Israele, che nei giorni scorsi ha compiuto una serie di esercitazioni navali e terrestri, che sono certo le più importanti degli ultimi tempi. A quelle terrestri, che si sono svolte nel territorio della Giudea e nei pressi di Gerico, hanno partecipato anche i paracadutisti, e sono stati adoperati nuovi mezzi anfibi. Alcuni osservatori sono stati sconcertati dal tono allarmistico usato negli ultimi tempi dagli uomini politici e dai militari israeliani, che hanno più e più volte parlato del pericolo di una nuova guerra, del riarmo arabo e specialmente della Siria, dell'arrivo colà di specialisti e tecnici sovietici, della volontà di Damasco di mantener aperta l'opzione della guerra, volontà che si palesa anche con l'abbandono in cui è lasciata la città di Kuneitra e il non ritorno della popolazione civile nell'area. Esponenti israeliani desiderano da una parte far sapere ai Paesi vicini che non saranno colti di sorpresa una seconda volta, ma vogliono anche far sentire alla popolazione che non ci si può adagiare nell'illusione della tranquillità e della pace, L'opposizione aveva tentato di mettere alle corde il governo, ma Rabin, che dimostra molta abilità nello schivare le domande dirette, ha preferito seguire il suo sistema che non toccare i punti più sensibili fino a che non sia strettamente urgente. Come in passato aveva evitato di prendere di punta il problema palestinese, limitandosi a dichiarare che la Giordania deve essere l'interlocutore naturale, che non ammette un terzo Stato nell'area, che per il momento le divergenze Amman-Cairo e l'opposizione dell'Olp al compromesso adombrato il mese scorso ad Alessandria (nonché il rinvio al 19 ottobre del vertice arabo che avrebbe dovuto aver luogo il 3 settembre) sembrano dar ragione alla sua posizione attendistica, così oggi non è escluso che lasci trascorrere altro tempo e che magari si avvicini alla tesi che Allon sostiene da anni. Non sappiamo, infatti, cosa l'attuale ministro degli Esteri abbia prospettato a Kissinger nel corso dei suoi incontri, ma in Israele sono molti coloro che ricordano che ancora un anno fa egli aveva dichiarato che «in qualsiasi trattativa di pace dovremo tener conto del fattore palestinese e degli interessi della popolazione della riva occidentale». In quell'occasione Allon (che fin dal 1972 era stato l'inascoltato fautore della concessione di libertà di organizzazione politica ai palestinesi della Cisgiordania e della fascia di Gaza) aveva espresso dubbi sulla convenienza di lasciare a re Hussein il monopolio della ricerca di soluzioni del problema palestinese. Se alla fine del mese Ygal Allon tornerà a Washington, come sembra probabile, e se troverà un Kissinger meglio orientato dopo i colloqui con i rappresentanti giordano, egiziano e siriano (e meno spinto dalla fretta di concludere accordi che rappresentino successi di prestigio per il capo dell'esecutivo americano), è possibile che il pragmatismo israeliano possa fare un altro passo avanti. Si ha, intanto, l'impressione che debba scorrere ancora parecchia acqua sotto i ponti del Nilo e del Giordano, ma anche sotto quelli del Potomac. Giorgio Romano Il premier Rabin

Persone citate: Allon, Fatah, Kissinger, Rabin, Zaid