Poveri milioni di Bonaventura di Lietta Tornabuoni
Poveri milioni di Bonaventura Brevi incontri Poveri milioni di Bonaventura « Monopoli » torna ad essere il passatempo delle ore vuote dell'estate, e si capisce. Gioco di società ideato in America nel 1930 della Grande Depressione, ebbe immenso successo perché fingeva impossibili compravendite miliardarie, mimava i furbi « dritti » d'una ormai inesistente potenza finanziaria. Divenuti poveri, gli americani giocavano un gioco della ricchezza che va benissimo ora per noi: i rilanci e le dichiarazioni dei giocatori, a risentirli adesso, paiono programmi di ministri finanziari, ipotesi di economisti, promesse di politici. Ma esiste un simbolo più eloquente del tempo di crisi, un personaggio che ci rappresenta e ci incarna, un tipico eroe dell'inflazione: il Signor Bonaventura con il suo milione. Nato nel 1917 al Conierino dei Piccoli e lì vissuto per cinquant'anni, doveva essere, nelle intenzioni del geniale autore Sergio Tofano, un consolante eroe cui tutto va sempre bene, un rasserenante fortunaIo conquistatore di milioni: a riesaminarlo adesso, a rileggerne le vecchie avventure in quadretti e versetti, sembra invece l'immagine delle nostre angosce quotidiane. Per il Signor Bonaventura, come temiamo in futuro anche per noi, un milione vale ben poco. Sborsa un milione per comprare un panettone, per pagare un conto in trattoria, per risarcire un ussaro cui storditamente, con un bagno d'acqua ossigenata, ha fatto diventare biondo il colbacco; incassa un milione a compenso di servizi minimi. Insegna un nuovo passo « al re del Montegallo / ch'ilunatico del ballo », e il frivolo monarca, riconoscente: « Ti piego accetta / questa piccola cosetta! »: è un milione. Uno svalutato milione il Signor Bonaventura lo riceve di mancia per aver fatto da spaventapasseri nel campo d'un contadino, per aver ispirato a un pasticciere l'invenzione della ciambella, per aver aiutato il marchese Sangueblù a cambiare una gomma dell'automobile, per aver smacchiato il frac al «bellissimo Cecé / che, seduto in un caffé / di sorrisi colma e omaggi / la marchesa Scarafaggi ». Con un tonfo casuale interrompe il sonno di uno che doveva prendere il treno, e quello « in compenso un milioncino / dà al gentile svegliarino ». Con un tonfo incidentale sblocca l'orecchio intasato di un giudice: «E jelìce il magistrato / che ha l'udito riattivato / all'amico lieto lancia I il milione della mancia ». Per il Signor Bonaventura, come oggi anche per noi, il valore del denaro e incomprensibilmente mutevole, e non corrisponde affatto al valore reale delle merci o delle prestazioni: il classico inflazionato milione gli viene elargito infatti per piccole cortesie quanto per imprese eroiche. In veste di gru posa per un pittore? Un milione. Salva dalla rapina un signore, « che finito ogni pericolo I gli offre in dono un ammenicolo »? L'ammenicolo è un milione. Ma un milione è pure « il premio generoso / di egiziano facoltoso » sottratto a un caimano, è il premio di un concorso di bellezza femminile che Bonaventura vince (ahi!) da travestito. Protegge dalla pioggia l'abito della contessa donna Argia Cantalamessa? giù un milione. « Può salvare in un istante / il miserrimo bagnante »? fa sempre un milione, come mai, non si capisce più niente, dove andremo a finire? L'esistenza dell'eroe dell'inflazione può essere condensata in tre schemi, valutari e no. Nel primo, « Qui comincia la sciagura / del Signor Bonaventura », la sua vita tumultua di piccole sciagure simili ai nostri guai quotidiani di sempre. Soffre malattie: « Travagliato è senza posa / da un'insonnia tormentosa », « Da noioso male affetto I è costretto a stare a letto». Patisce incidenti: «Già sul viso prende al voi / un pallone da futbòl », « E di man gli cade un peso / onde il piede resta offeso ». E' vittima incolpevole e inerme della criminalità, « Inseguito con furore / da un ignoto malfattore ». Si batte contro il datore di lavoro, « E' trattato molto male / dal funesto principale ». Il secondo schema, «Qui comincia l'avventura / del Signor Bonaventura », è più roseo. L'eroe dell'inflazione arriva a concedersi quei piccoli lussi che caratterizzarono ieri il nostro boom precario, la nostra miserabile società opulenta, Eccolo, edonista sfrenato e consumista, « Che le gioie vuol godere I di un viaggio di piacere », « Che si vuole ammobiliare I la dimora familiare », «Che a sciare va un mattino / sopra un erto giogo alpino », « Che al teatro Novecento / vuol pigliar l'abbonamento » e soprattutto, Attila della bilancia dei pagamenti, « Che la cura a far si mette / di bistecche e costolette ». Incauto: tutto si paga, anche il nulla che non basta. Il terzo schema, « Qui comincia la sventura / del Signor Bonaventura », è decisamente nero, decisamente troppo somigliante alle nostre ansie contemporanee. Incredulo, l'eroe dell'inflazione fissa con occhi disperati il cartello « chiuso per fallimento » affisso sulla porta ferrata della Banca: «Il meschino ha in un minuto / i milioni suoi perduto / or si avvede, dannazione! / che scomparso gli è il milione / c/l'è rimasto, poveretto / desolato senza letto ». E speriamo che nel futuro autunnale non capiti a troppi di noi di ritrovarsi come il Signor Bonaventura: disoccupato, a fare la fila davanti all'ufficio di collocamento, «sempre in cerca di lavoro / per campare con decoro ». Lietta Tornabuoni
Persone citate: Cantalamessa, Sergio Tofano
Luoghi citati: America, Montegallo
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