Che faranno i giovani greci?

Che faranno i giovani greci? UNA SERIA INCOGNITA ALLA FINE DELLA DITTATURA Che faranno i giovani greci? Karamanlis ha portato, con le speranze, molte delusioni agli studenti - Sette anni di dura lotta li hanno resi impazienti (Dal nostro inviato speciale) Atene, 29 luglio. Da sei giorni Atene è in festa, ma all'Università si teme una rivolta giovanile. Mentre la popolazione celebra la caduta della giunta militare cantando per le strade, gli studenti rimangono in quieta attesa. Da mercoledì s'è chiuso il Politecnico, dove il novembre scorso si combatté contro i carri armati. L'altro giorno alla facoltà di Legge s'è svolta una dimostrazione di protesta. Mi sono recato all'ateneo, e m'hanno respinto i poliziotti. Mi ha detto un professore: « Riapriremo a metà agosto ». Per gli studenti il ritorno di Karamanlis ha portato con sé speranze e delusioni. Martedì e mercoledì, l'Università splendeva di luci e di colori, e si lanciavano garofani, il fiore della rivoluzione portoghese. Ma ieri, il nuovo governo ha nominato ministro all'Istruzione uno studioso conservatore e anziano, anziché un professore popolare e giovane come Demitrios Nanas, monarchico, però nemico del regime. Così il Politecnico e la facoltà di Legge trasudano d'impazienza e ira a stento contenute. I cancelli sbarrati, i pochi ragazzi che entrano e che escono, l'annuncio affisso ad una bacheca « I risultati degli esami al 30 luglio », tutto indica che una tensione profonda si nasconde sotto la calma superficiale e il solleone. Il tripudio dei giorni passati, quando i giovani cantavano gli inni partigiani e le canzoni di Mikis Theodorakis, innanzitutto Zorba il greco, è sfociato nell'assenteismo e nel risentimento. Dalle cinture dei poliziotti, accanto alle rivoltelle, pendono le radio, e nelle strade circostanti si nascondono i rinforzi. Pochi passanti incuriositi osano fermarsi, quasi presentendo che questo potrebbe essere un centro di torbidi e di rottura. In questa fase di transizione dalla dittatura alla democrazia, gli studenti costituiscono la più grossa incognita, insieme con la sinistra di Papandreu e i comunisti. Ad Atene sono circa 65 mila. Altri 25 mila si trovano sparsi nelle Università di Tessalonica, Patras, Jannina. Altri ancora stanno arrivando dall'estero, soprattutto dall'Italia. Alcune centinaia vengono scarcerati con l'amnistia politica. Come gruppo non sono mai stati docili né accomodanti col potere. /I tragico novembre '73 Sette anni di repressione li hanno temprati. Quotidianamente, hanno rappresentato il cuore della resistenza. Ho parlato con un loro leader: « Ignoriamo, mi ha detto, quanti di noi siano morti, quanti siano stati imprigionati o torturati. Ma abbiamo ì nomi di oltre cinquanta caduti nelle giornate di novembre, e sappiamo di duecento dati per dispersi ». Novembre 1973: fu il loro momento più glorioso e più triste, occuparono il Politecnico, professori e assistenti costruirono una radio. Insieme, lanciarono un appello alla popolazione a scendere in strada, e dopo tre giorni Papadopulos fu costretto a mandare i carri armati. Si contarono ufficialmente dodici vittime: la polizia militare obbligò al silenzio le famiglie, minacciando gli altri figli. Basta la storia del movimento studentesco sotto i colonnelli a spiegare la sua at- tuale impazienza, la sua ira, ilsuo sospetto verso il governo Karamanlis, la sua ansia di azione e di riforme. Esso fu colpito subito dopo l'aprile del '67 con spietata violenza. «I primi tre anni» mi ha raccontato una ragazza uscita ieri dal penitenziario di Ro¬ l ridallos « ci arrestavano in massa. Non erano necessarie manifestazioni di dissenso: si puniva la libertà di pensiero. Tentavano di demolirci e di spoliticizzarci. Crearono un'associazione studentesca, la Efee, allineata al regime, quasi imponendocene l'iscrizione. In risposta, formammo prima la Kne, o gioventù comunista greca, e poi la antiEfee, di tipo sindacale, che include tutto l'arco costituzionale dei partiti ». Tra il '72 e il '73 vi fu una pausa nelle persecuzioni. Ma esse ripresero dopo la caduta del presidente Papadopulos. Gli ultimi processi vennero celebrati all'inizio di questo mese a Jannina: 27 studenti che erano accusati di aver costituito una società segreta, la Aris Velouchiotis, dal nome di un eroe della resistenza contro i nazisti. M'ha detto Statis Panagulis: « In sette anni, tutti i capi del movimento studentesco sono caduti nelle mani della polizia militare. Mautis Bailauras, George Drosos, George Venikos, il figlio del grande armatore, e alcuni altri, figuravano tra ì detenuti politici più pericolosi. Sono stati torturati e picchiati, hanno patito il freddo e la fame ». Panagulis, che finì nella famigerata isola di Yaros, ne ebbe alcuni per compagni di prigionia. Ho visto tornare in libertà Arous Audinaian, una giovane di 25 anni, che ha chiesto subito « uso » e ghiaccio, la bevanda estiva greca, e Lazaros Stathakis, un ragazzo ventitreenne, che s'è chinato a baciare la terra. Lei teneva i collegamenti tra le varie facoltà, lui pubblicava un gior- 'naie clandestino. Sono so pravvissuti a sofferenze atroci: la « falanga » o fustigazione dei piedi, che ha strappato alcune unghie ad Arous e le bastonature, che una volta hanno lasciato Lazaros privo di conoscenza per ventidue ore. «Meglio questo governo che i colonnelli » hanno dichiarato. « Ma in Grecia non potrà esserci vera democrazia senza il socialismo ». Ed hanno aggiunto: «Non possiamo tradire i nostri morti, dimenticare che cosa è la realtà fascista ». A differenza della maggioranza della gente, gli studenti ateniesi si sono ripresi dall'ubriacatura di entusiasmo e di gioia di martedì e mercoledì. I provvedimenti a loro carico hanno ricordato cose che avrebbero preferito scacciare dalla mente. Vedono nell'ombra una minaccia, e non vogliono che si concreti. Gli slogans più brucianti, « A morte i tiranni », « Punite i colpevoli », provengono dall'Università. Uno dei leaders, conosciuto come Daxie, ha proclamato che i colonnelli « non avevano più la faccia per governare, e hanno cercato il consenso del popolo richiamando in patria Karamanlis ». « E' una crisi cerne quella di Cipro » ha continuato « una base sufficiente per costituire l'unità nazionale ed eliminare in prosieguo di tempo la dittatura militare, e promuovere elezioni veramente libere? ». Un invito a riflettere Ma dove porterebbero questa ira e impazienza, se non fossero più controllate? Statis Panagulis, in una dichiarazione a Karamanlis a favore del fratello, attentatore del passato regime e rifugiatosi in Italia, ha invitato il movimento studentesco alla riflessione e all'autodisciplina. Analoga esortazione è giunta da intellettuali, uomini di cultura, leaders dei disciolti partiti. Si addita l'esempio degli operai, non meno perseguitati degli studenti, non meno colpiti nei valori e negli affetti, eppure più pacati. « Questo è il momento non della rivolta e della vendetta, ma della unanimità e del¬ la mediazione » mi ha detto un professore universitario. « Capisco l'odio per i colonnelli, e la volontà di rapidi e radicali cambiamenti. Ma esistono interessi superiori ». E' nella maturità e nel patriottismo della gioventù che si confida per superare il periodo di crisi: questa e le future settimane assisteranno a continui, leggeri sfasamenti, allo stabilizzarsi progressivo dell'equilibrio, purché non intervengano elementi di rottura. Il pericolo maggiore, si crede, sarà rappresentato, mercoledì, dall'arrivo di Andreas Papandreu, politico e tribuno, che ha una presa forse eccessiva sugli umori giovanili. Finora sembrano essere autorizzate solo le dimostrazioni studentesche dei ciprioti greci, che dal Politecnico e dalla facoltà di Legge marciano quotidianamente sulla piazza della Costituzione, invocando il panellenismo seguiti dalla polizia. Ma a piazza Omonoia, giovani formano sempre più spesso capannelli, e nelle loro stanze le luci brillano quasi fino all'alba. Mi ha spiegato una ragazza, uscita da Koridallos: « Questi sette anni sono stati la notte più lunga della Grecia. Chiediamo la certezza che essa stia per finire ». Ad Atene, si parla con orgoglio delle ultime generazioni, della loro preparazione politica, e del loro impegno civile. Si riconoscono ad esse qualità che sono mancate invece alla classe dirigente soppiantata dalla giunta militare. Si ammette che sono stati i giovani a tenere alta la fiaccola della libertà e che essi sognano oggi una via nazionale alla democrazia, distante tanto dal modello sovietico quanto dal modello americano. Ci si augura pertanto che essi indirizzino le loro energie in una pacifica battaglia. Ennio Cai etto