Il processo a Richard Nixon di Vittorio Zucconi

Il processo a Richard Nixon Il processo a Richard Nixon (Segue dalla 1 ' pagina) e da Newsweek » e, agitando minaccioso copie dei giornali anti-Nixon, invitare i colleghi a bocciare l'impeachment. Abbiamo visto il suo collega di partito Railsback, dell'Illinois, quasi piangere: con voce rotta, balbettando, ha ricordato che furono l'amicizia e la protezione di Nixon a portarlo alla Camera, « ma ora sento di avere su di me gli occhi della storia, delle I /«'«re generazioni alle quali devo consegnare la Costituzione di questo Paese inviolata come noi la ereditammo ». Rodino, il presidente italoamericano della Commissione (parla ancora bene il siciliano), ha invitato con la sua voce incolore a « non commettere errori sull'importanza di questo voto: qui stiamo facendo la storia, non della politica spicciola ». Uno dopo l'altro i deputati hanno portato davanti al pubblico, senza segreti, senza omissis, i fatti e le opinioni. Chi con arguzia (un deputato democratico nato nel Paese di Mark Twain ha onorato il suo concittadino punteggiando di battute la sua arringa), chi con piglio tribunizio, chi in fretta e a bassa voce, come per sbrigare un dovere doloroso. Guardando quei deputati, riesce più facile capire perché, nonostante i « ghetti » e la Cia, il Vietnam e la corruzione politica, questo è ancora un grande Par e. Ed è difficile, avvezzi al modo italiano di governare, soffocare una punta di invidia. I capi di accusa contro Nixon, intorno ai quali si sta coagulando una solida maggioranza in Commissione, sono tre, dopo la soppressione di articoli minori. Essi sono: 1) l'aver ostacolato la giustizia, contribuendo al soffocamento dello scandalo Watergate; 2) l'aver abusato del potere esecutivo, adoperando agenzie come la Cia, l'Fbi, la tributaria, a scopi politici personali; 3) l'aver oltraggiato il Congresso rifiutando, dopo aver promesso « piena collaborazione », ogni materiale di prova. Secondo i democratici, altri «articoli d'incriminazione» potrebbero essere aggiunti (come l'evasione fiscale), ma sui tre c'è ormai notevole convergenza. Piuttosto un quarto punto, il non avere curato l'applicazione della legge alla Casa Bianca (come vuole il giuramento presidenziale), potrà essere inserito nel Bill of impeachment, la « proposta di legge » per il rinvio a giudizio. Nel mezzo di questa tem¬ pesta di storia, Nixon sembra farsi piccolo. Il suo avvocato, James St. Clair, ha annunciato ieri a tarda sera che il Presidente intende «obbedire alla sentenza della Corte Suprema sotto ogni aspetto», ed è lieto che i giudici abbiano ribadito la validità del principio del « privilegio esecutivo ». In realtà, la Corte ha affermato che, mentre « la riservatezza e i privilegi che circondano la Casa Bianca sono un'area nebulosa e discutibile, pur se reale, la soggezione dell'esecutivo alle leggi è netta e lampante». Ma St. Clair ha aggiunto che la consegna delle bobine (64) intimata dalla Corte è un processo « che richiede tempo ». Può darsi dunque che la Casa Bianca tergiversi, consegni qualche nastro magnetico alla volta, tenti ancora manovre dilatorie. Nei limiti della Costituzione, essa ha il diritto di scegliere la miglior tattica possibile. Ma dopo aver ascoltato i deputati della Commissione (e indiscrezioni dal Senato secondo cui il numero dei senatori favorevoli a Nixon è ormai sotto il minimo necessario per evitare la destituzione) appare chiaro che il tempo dei cavilli legali è finito e si avvicina l'ora delle sentenze. Vittorio Zucconi

Persone citate: James St, Mark Twain, Nixon, Richard Nixon

Luoghi citati: Illinois, Newsweek, Vietnam