Il grande terrore

Il grande terrore SOLZENICYN IL TESTIMONE Il grande terrore E' un libro terribile. Si è discusso del valore letterario di esso, Piotr Rawicz in Le Monde lo ha collocato «al rango di un capolavoro sul piano estetico ». Da noi, Cassola ha definito l'autore « un retore declamatore... Uno scrittore anonimo. Un corrispondente di provincia scrive meglio ». Credo che la questione sia secondaria. Il libro è un documento storico, una testimonianza di prima mano di un'epoca spaventosa. Quel che valga sul piano estetico importa poco. Comunque certe scene e certi personaggi sono resi con grande efficacia. Certi detenuti, che l'autore ha incontrati nelle prigioni o nei vagoni per i trasferimenti, e poi sono scomparsi, certi giudici istruttori, i delinquenti di diritto comune, che derubano e tormentano i « politici » sono disegnati con mano maestra. Chi può dimenticare quei condannati a morte, che aspettano di esser chiamati uno alla volta per esser fucilati, e intanto odono gli urli di coloro, che sono torturati in una cella vicina? O quel colonnello, che apprende da una compagna di trasferta la sorte che è toccata a sua moglie? O la scena di quel vecchio Schultz, mutilato di una gamba? I soldati della scorta gli ordinano di saltellare più presto, uno di loro lo percuote e lo fa cadere nel fango e nel liquame, la protesi si stacca, e tutti ridono a crepapelle. Cito a caso. Ma le scene e i racconti da inferno dantesco sono tanti. Questo libro è appunto la descrizione di un inferno in questo mondo, un inferno in cui un grande popolo è vissuto per più di una generazione. E se Solzenicyn si fosse limitato a raccontare e descrivere, nessuno avrebbe contestato le sue qualità di scrittore. Ma egli ha voluto anche commentare, quasi sempre in chiave ironica: e i commenti sono spesso superflui, qualche volta non felici. Qualche esempio. Krilenko proclama che « non occorre chiarire se l'imputato sia colpevole o innocente: il vecchio concetto borghese di colpevolezza è slato sradicato ». E ancora: « L'imputato deve essere fucilato non per anello che ha fatto, ma per quello che potrebbe fare in avvenire ». Quando leggiamo queste enormità, rimaniamo sbalorditi, e qualsiasi commento è assolutamente superfluo: anzi guasta. Invece l'autore le commenta. Dice: « Il lettore schiocca la lingua » ecc. E conclude: « Dal rozzo cappio, si alza in volo sulle forti ali il pensiero del XX secolo ». La prima frase è volgare e fuor di luogo (il lettore non schiocca niente); l'ultima è retorica. Si potrebbero citare tanti altri di questi commenti, che l'autore avrebbe fatto tanto meglio a risparmiarsi. Ma il libro ha un valore immenso come testimonianza di uno dei più strani e incomprensibili fenomeni della storia. A un certo punto, un despota, il gruppo di criminali, che lo circondava, e la sua numerosissima polizia si misero a uccidere e a torturare migliaia e migliaia di uomini, a conti fatti, milioni di uomini assolutamente innocenti. Innocenti non solo nel senso che non avevano commesso alcun delitto, ma anche nel senso che nella grandissima maggioranza non avevano mai neppure pensato a creare difficoltà al regime. « La gente onesta va in galera », dice un ragazzo: « ora, c'è mio padre; più in là, ci andrò io ». Niente può rendere l'impressione di orrore e insieme di pietà che il libro di Solzenicyn lascia nell'animo: bisogna leggerlo. Ma, quando il lettore abbia superato l'orrore, alcuni quesiti gli si presentano alla mente. Il primo: che aggiunge di nuovo questo libro a quanto già avevamo appreso da tanti altri libri sullo stalinismo? Il secondo: paragone con l'epoca zarista. Il terzo: paragone Stalin-Hitler. Il quarto: paragone con l'epoca successiva. Il quinto fondamentale: perché? Provo a rispondere al primo. Esiste su Stalin e sullo stalinismo una biblioteca: gli ultimi volumi — Robert Conquest: Il grande terrore (Ed. Mondadori), Roy A. Medvedev: Lo stalinismo (Ed. Mondadori) — sono opere fondamentali, condotte con obiettività e con rigore critico. Ma una cosa è dire che Stalin costò alla Russia 20 milioni di vittime (Conquest), e un'altra cosa è che un testimone racconti come morirono molti di quegli sventurati. La prima è una notizia statistica. La seconda è una testimonianza viva e dolorosa. La prima ci stupisce, la seconda ci commuove. Rispondo al secondo quesito: paragone con l'epoca degli Zpsncdoè e o a . a i Zar. Lo fa Solzenicyn stesso più volte. In fatto di repressione, gli Zar non scherzavano. Tuttavia la loro epoca al paragone con quella di Stalin fa la figura di un'epoca di liberalismo e di giustizia. Certo, anche gli Zar fecero fucilare gente. Ma quanta? Poche centinaia di persone in decine d'anni. Stalin ne fece fucilare o morire in altri modi milioni. E non basta. La differenza non è solo numerica. Sotto gli Zar si mettevano sotto processo e si condannavano persone che avevano fatto o detto qualche cosa per la libertà o contro il regime. Una legge, ingiusta quanto si voglia, era stata violata. Invece, sotto Stalin furono condannati a decine di anni di carcere o furono fucilati milioni di persone che non avevano fatto assolutamente niente, che non avevano neppure pensato a dire male di Stalin e del suo regime. Un esempio per tutti: un tale era sotto processo perché accusato di essersi arruolato in una banda «controrivoluzionaria». Lui: « Ma come potevano arruolarmi se allora avevo dieci anni?». E dimostra che aveva dieci anni. Il Tribunale: « Tu metti in dubbio l'esattezza del servizio sovietico d'informazione. Condannalo ». Sotto gli Zar, si facevano processi regolari, i diritti della difesa erano rispettati. Sotto Stalin, i processi furono sempre una farsa. L'avvocato difensore dell'imputato si associava all'accusa: « Prima di essere difensore dell'imputalo, sono cittadino sovietico, e come tale mi associo all'accusa, e vi chiedo di condannare l'imputato al massimo della pena». Del resto, nella grande maggioranza dei casi, si faceva a meno del processo. La Ceka provvedeva a tutto in via breve. Terzo quesito: paragone Hitler-Stalin. Due mostri. Moralmente si equivalgono. Ma, nella criminalità di Hitler, vi era una certa consequenzialità. Egli uccise o fece uccidere, primo, suoi rivali (Strasser, Roehm); secondo, suoi nemici (Schleicher, i congiurati del fallito colpo di Stato); terzo, gente che egli si era fitto in mente (e questa era la sua follia) che fossero suoi nemici: gli ebrei. Stalin fece uccidere non solo rivali o nemici, non solo amici e collaboratori (Ezhov, Jagoda, ecc.), ma gente che neppure conosceva, e lasciò che la Ceka uccidesse chi capitasse, milioni di innocenti. «Mandatecene altri 200» (s'intende da fucilare), telegrafò la Ceka alla sezione del partito di un villaggio. Ma quella sezione aveva già fatto una fornitura. Chi prendere? Presero coloro che erano in carcere per delitti comuni, magari lievi. Ma non bastavano. C'era nelle vicinanze una colonia di zingari. Li circondarono, li presero tutti, c li mandarono a completare la fornitura richiesta. Qui è tutto follia. « Sappiamo bene che non hai fatto niente. Dieci anni »; o « Fucilazione ». Quarto quesito: paragone dell'epoca di Stalin con l'epoca successiva da Krushev ad oggi. Indubbiamente un grande miglioramento c'è stato. La prova è che Solzenicyn è vi[ vo; è stato esiliato, cioè è stato liberato, e scrive. Sakarov, Roy Medvedev sono vivi, sono in Russia e fanno un'opposizione attiva. Questo sotto Stalin non sarebbe stato neppure immaginabile. Ma vi sono ancora Lager? Vi è ancora l'« Arcipelago »? Si fanno ancora processi farsa? Si applica ancora la tortura? Bisognerà vvc aspettare la pubblicazione del volume o dei volumi successivi di Solzenicyn. Tutta l'opera consta di sette parti: questo volume comprende solo le prime due. Quinto ed ultimo quesito: perché? Stalin praticò il terrorismo per due ragioni fondamentali: per la sua natura feroce e sanguinaria e per conservare il potere. Fino all'ultimo momento egli temette che i suoi collaboratori potessero giocargli qualche tiro sinistro, e pare che si preparasse a «liquidarli» tutti. E aveva ragione di sospettare, se è vero che, quando l'emorragia cerebrale lo fulminò, il primo o i primi membri del Presidium, che accorsero, fecero qualche cosa che facilitò l'opera della natura. Solzenicyn accenna a questo sospetto due volte. Ma gli altri? Gli innumerevoli agenti della Ceka (poi Ghepeu), i così detti istruttori o giudici: perché? Ricordo il primo libro che lessi sul terrore hitleriano, quello di Konrad Heiden: «Prendete mille uomini, dategliene in custodia altri mille, e ditegli: "torturateli, tormentateli, uccideteli, fatene quello che volete". Novecento si rifiuteranno. Ma cento ci prenderanno gusto, diventeranno sadici, tortureranno, uccideranno ». E' una congettura. Lessi più di trenta anni fa in un libro mi pare dell'americano Lyons che un detenuto aveva scritto su una parete della prigione con la punta di un chiodo la frase del dramma di Cekov: « Forse, un giorno sapremo il perché di tanto soffrire... ». Non lo hanno saputo, e, in fondo, non lo sappiamo neppure noi. Augusto Guerriero Jl^V- Aleksandr Solzenicyn, visto da Levine (Copyright N. Y. Rcvlew of Hooks, Opera Mundi c per l'Italia La Stampa)

Luoghi citati: Cassola, Italia, Russia