Perché si sta attenuando il timore dell'inflazione di Francesco Cingano

Perché si sta attenuando il timore dell'inflazione Intervista con l'amministratore della Comit Perché si sta attenuando il timore dell'inflazione Francesco Cingano: "Non si compra più di tutto e a qualsiasi prezzo, l'attesa inflazionistica non ha più la carica di mesi fa" - I motivi: ribasso delle materie prime nel mondo, la prevista incidenza delle recenti misure fiscali, la stretta creditizia (Dal nostro inviato speciale) Milano, 22 luglio. «Non ho più l'impressione che si compri di tutto e a qualsiasi prezzo, pur di liberarsi della moneta; questo significa che l'attesa inflazionistica non ha più la carica di qualche mese fa», ci dice Francesco Cingano, amministratore delegato della Banca Commerciale Italiana. Continua: «I motivi di questa minor attesa, che si avverte soprattutto a livello di operator' economici, ma anche a quello delle famiglie, sono parecchi: il ribasso delle materie prime sui mercati internazionali, la previsione d'incidenza delle nuove misure fiscali, la stretta creditizia ». Secondo Cingano, che è rientrato l'altra sera a Milano da un giro in Europa, anche ir altri Paesi si avvertono i sintomi di una diminuita pressione inflazionistica. Se veramente, per gli aumenti dei costi e dei prezzi, siamo sulla china discendente, si può anche sperare in un allentamento della stretta creditizia? Su questo punto l'amministratore delegato della Banca Commerciale è molto cauto, come e più, forse, Gei suoi colleghi del Banco di Rema e della Banca Nazionale del Lavoro, con i quali abbiamo parlato nei giorni scorsi. Riconosce, ovviamente, i fatti nuovi che si sono verificati in luglio e che hanno accresciuto la liquidità del sistema, cioè il denaro disponibile: mancato reimpiego in titoli (come avveniva, invece, di consueto) delle cedole maturate e delle obbligazioni estratte; immissioni da parte del Tesoro, «in dimensioni che non ci sono note, ma certo rilevanti ». Infine c'è il miglioramento della bilancia dei pagamenti, che viene attribuito a fattori stagionali, al diminuito accaparramento di scorte, al richiamo di capitali dall'estero, da parte di aziende che si sono trova* in crisi di liquidità, alla saetta creditizia, che sulle importazioni ha « morso bene». Ma, secondo Cingano, questa minor tensione sul mercato italiano, questo «piccolo respiro» che le banche hanno potuto trarre nelle ultime due settimane, ha comportato sinora solo una diminuzione dell'indebitamento degli istituti di credito verso la Banca d'Italia. «Il primo risultato — ci dice — è stata una tendenza al ribasso del tasso interbancario, peraltro su livelli molto elevati e non molto sensibile, un 8° di punto al giorno. Venerdì, del resto, quella diminuzione non si è avuta. Tenga presente, inoltre, che questi tassi interbancari sono validi, come indicatori, fino a un certo punto, perché è un mercato estremamente ristretto: bastano 10 miliardi sulla piazza di Milano, per modificarli. A mio parere, siamo in presenza dì un fenomeno caratterizzato da sacche dì liquidità all'interno del sistema che non compensano le sacche di mancanza di liquido. Il principio dei vasi comunicanti, quello che dovrebbe regolare il circuito dei fondi, non funziona ancora. Quindi, questo allentamento della "stretta" non ha trovato ancora una sua sistemazione e, a mio parere, passerà del tempo prima che la trovi». Quanto tempo debba passare, secondo Cingano, è difficile dirlo, perché dipende da elementi di carattere .generale, difficili da ipotizzare: la politica del Tesoro, gli effetti delle misure fiscali, il disavanzo pubblico («il vero nodo scorsoio che abbiamo al collo»), l'andamento della bilancia dei pagamenti, il cui recente miglioramento dev'essere ancora verificato: «Se fosse stagionale e non congiunturale, se dovesse durare lo sparlo di un'estate, i tempi si allungherebbero». Non bisogna, inoltre, dimenticare, come sembra invece che stia accadendo in questi giorni, che la maggiore o minore liquidità non è solo questione di «disponibilità» di fondi, ma anche di «disposizioni». Cingano ricorda che, con le ultime misure, entro l'anno, le banche dovranno impegnare il 12 per cento del denaro che amministrano in investimenti obbligatori di titoli, in aggiunta al 22,5 per cento di riserve vincolate, per un totale, quindi, del 34,5 per cento. «Se al restante 65,5 per cento si toglie il fabbisogno di cassa, quello per i titoli, l'area di libera operatività risulta estremamente ridotta». «D'altra parte — continua — non ci sono alternative. Se si accetta la premessa che il problema della conduzione della politica economica è stato trasferito in gran parte alla Banca d'Italia, perché gli altri bottoni non hanno fili che portino a delle risposte, ne consegue che quelli che so¬ nz no gli strumenti dell'istituto di emissione, cioè le banche, diventano il braccio secolare della politica economica». Chiediamo come le banche svolgano questa funzione, come effettuano le loro « scelte », se subiscono pressioni dagli enti pubblici e dalle grosse aziende, se sfruttano in pieno le loro possibilità, nei limiti della regolamentazione del credito. Cingano premette: « E' mia ferma convinzione che quando uno non desidera essere premuto, le pressioni non ci sono, quindi le banche possono lavorare: altrimenti, che cosa diventa il nostro mestiere? ». Poi ci mostra due grosse pile di fascicoli che ha sul tavolo: « In quelle cartelle ci sono i problemi dei clienti che chiedono fondi: bisogna valutare caso per caso, scartare le iniziative di speculazione, favorire quelle che possono risultare più interessanti, nel contesto della situazione genera¬ le. Sarebbe facile mandare una circolare, tirar giù la saracinesca; invece la saracinesca deve rimaner alzata ». Cingano non è del parere che le imprese minori siano le più sacrificate dalla stretta creditizia, e ne spiega i motivi. Fino al 31 marzo il « tetto » era di 500 milioni e le aziende piccole ci stavano sotto tutte, tanto è vero che fino a quella data la Banca Commerciale ha avuto, in quella « fascia », uno sviluppo degli impieghi molto superiore a quello delle fasce superiori. Poi le aziende minori sono le clienti naturali delle banche a carattere locale che, generalmente, hanno una maggiore liquidità e, nei periodi di abbondante disponibilità, forniscono anche le grandi aziende. Quando è venuta la stretta, queste banche locali hanno ritirato quei fondi e ciò ha consentito loro di avere un « plafond » più ampio, da concentrare sulle aziende mi¬ nori, nei limiti del 12-15 per cento in più, secondo le categorie, rispetto all'esercizio precedente. Inoltre, continua Cingano, dimensioni minori consentono una maggiore elasticità, un più facile adattamento, di attività e di programmi, alle nuove situazioni di mercato. Infine, si dice che le grandi aziende hanno altre alternative al credito bancario, hanno la Borsa, hanno i mercati dei capitali esteri. Ma questo è vero nei periodi normali: oggi, nell'attuale situazione della Borsa e dei mercati dei capitali, l'alternativa è solo teorica. « Questa polemica — conclude Cingano — tra grandi e piccole aziende (e non parlo dell'assenteismo, della conflittualità), non mi sembra valida. Potrà diventarlo in futuro, se le grosse aziende allungheranno i tempi di pagamento ai loro fornitori, o ridurranno le ordinazioni ». Mario Salvatorelli

Persone citate: Cingano, Francesco Cingano, Mario Salvatorelli

Luoghi citati: Europa, Milano