Ferrari (Brigate rosse) per 5 ore sotto il torchio di due magistrati

Ferrari (Brigate rosse) per 5 ore sotto il torchio di due magistrati Estremisti di sinistra, ramificazioni aggrovigliate Ferrari (Brigate rosse) per 5 ore sotto il torchio di due magistrati Si cercano possibili collegamenti tra lui, la cellula lodigiana e le persone (interrogate ieri dal giudice milanese) che il Pisetta ha citato nel memoriale sulla morte di Feltrinelli Maurizio Ferrari, il « colonnello » delle Brigate rosse torinesi, ar-estato il 28 maggio scorso a Firenze, ieri è stato improvvisamente convocato dal giudice istruttore Caselli che conduce le inchieste per l'identificazione dei rapitori del sindacalista Labate, del dirigente Fiat Amerio e del magistrato Sossi. Nello stesso momento il dott. Ciro De Vincenzo, il magistrato milanese che dirige le indagini sulla morte di Feltrinelli, interrogava per fa'ti avvenuti prima del maggio '72 cinque indiziati di associazione sovversiva. Tutti residenti a Torino, hanno conosciuto Marco Pisetta, il transfuga di Lotta Continua accusato e condannato per atti dinamitardi a Trento, autore di un memoriale sugli ex amici, tirati in ballo nella storia che ha il suo tragico epilogo sul traliccio di Segrate. Nella tarda mattinata Maurizio Ferrari lascia l'ufficio del dott. Caselli ed entra In quello prestato da un collega al dott. De Vincenzo. Esce dall'Ufficio istruzione soltanto alle 15, stremato da cinque ore di interrogatori. Nel frattempo i carabinieri continuano a battere la pista « lodigiana », rivelatasi con la scoperta della base logistica di Pianello Piacentino, utilizzata fino al febbraio scorso dalla colonna milanese delle Brigate rosse. Importanti sviluppi si prevedono anche in questa direzione. Questi in sintesi 1 fatti di Ieri. L'interrogatorio di Maurizio Ferrari da parte del giudice milanese apre nuovi inquietanti interrogativi. Qual è il collegamento tra la cellula torinese e le indagini per la morte dell'editore? Quali i rapporti cor. la colonna milanese? « Non si tratta di un rapporto organico », dice il dott. De Vincenzo. E' la sola ammissione che è disposto a fare. Non si può parlare di vera e propria complicità, insomma, ma di persone « che si muovono all'interno della medesima area d'azione », dice il magistrato. Quella appunto delle Brigate rosse. Ma vediamo di seguire la cronaca della giornata. a l n l a i i i e i . I . a a Nella mattinata, molto presto, Maurizio Ferrari viene prelevato dal carcere di Alessandria e condotto sotto buona scorta a Torino. Ha una folta barba, i capelli stanno perdendo via via il colore nero posticcio, ricordo della latitanza, per riacquistare il naturale colore rossiccio. Il volto è profondamente segnato, lo sguardo iroso. Entra nell'ufficio di Caselli e ci resta oltre tre ore. Soltanto il dott. Criscuolo, capo dell'ufficio regionale antiterrorismo, accompagnato da un funzionario dell'ufficio politico, si affaccia nella stanza del giudice. Nell'ufficio attiguo, intanto, il dott. De Vincenzo, ha cominciato gli interrogatori di quattro torinesi, ai quali ha fatto pervenire un mandato di comparizione per il reato di associazione sovversiva fino al maggio del '72 (un quinto indiziato è stato interrogato più tardi). E' lo stesso capo di imputazione che il magistrato ha contestato ai numerosi amici di Marco Pisetta, l'autore del memoriale-accusa sulla morte dell'editore. Condannato per due attentati dinamitardi compiuti nell'aprile del '69 nella sede della Regione e dell'Istituto di previdenza sociale di Trento, Pisetta, uscito dal carcere, si sfoga scrivendo la storia degli ex amici di Lotta Continua e di chi lo ha aiutato durante la latitanza. L'esito degli interrogatori è coperto dal segreto istruttorio. Luigi Chlais, accusato di aver compilato i testi di radio Gap (Gruppi di azione partigiana, attivi a Trento negli anni « caldi » della contestazione studentesca) avrebbe ammesso di aver conosciuto soltanto di vista Pisetta e di non sapere nulla di utile per le indagini sulla morte di Feltrinelli. L'altro indiziato, Vaccarino, difeso dall'aw. Emilia Speranza, avrebbe detto di avergli dato ospitalità non sapendo che fosse ricercato. Mondo, difeso dall'avvocato Veneziani e De Candia, difeso dall'aw. Forchino, avrebbero negato qualsiasi rapporto col Pisetta. A proposito del suo cliente, l'avv. Forchino dice: « Probabil¬ mente il suo nome è venuto fuori perché come aderente al psiup fu processato assieme ad Adriano Sofri, noto esponente di Potere Operaio prima e di Lotta Continua poi, citato da Pisetta ». Durante gli Interrogatori un agente ha portato al giudice un apparecchio contenente, si dice, registrazioni di radio Gap. Il particolare non è stato né confermato né smentito dal giudice. Subito dopo aver sentito i cinque « torinesi » citati dal memoriale Pisetta, il dott. De Vincenzo ha interrogato Maurizio Ferrari. Al di là dell'ammissione «su un rapporto all'interno di una stessa area » (quella appunto delle Brigate rosse) il giudice milanese non ha voluto fare alcuna dichiarazione. Il riserbo più assoluto viene mantenuto anche sugli importanti testimoni che 11 dottor Caselli ha sentito nel pomeriggio. Adriano Carnelutti, il presunto brigatista della colonna milanese di Pianello Piacentino, che fa capo al circolo « La Comune » di Lodi, è uscito dall'isolamento In cui è stato tenuto fino a sabato scorso nel carcere di Cuneo. Ha potuto parlare con 1 familiari e l'avvocato Stasi, il legale milanese che difende il giovane assieme ad altri appartenenti al circolo « La Comune » di Lodi. Sembra che le accuse del giudice Caselli per il reato di associazione sovversiva e costituzione di bande armate comprendano il periodo dal '71 ad oggi. liiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiisiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii Paolo Maurizio Ferrari è giunto dal carcere di Alessandria