Il recital per il Vietnam a Milano di Marzio Fabbri

Il recital per il Vietnam a Milano Il recital per il Vietnam a Milano Joan Baez per 30.000 Il pubblico, molto politicizzato, non ha gradito l'esibizione degli "Area", che precedeva la cantante e li ha costretti a interrompersi - Per la Baez, con i suoi canti libertari, solo applausi (Nostro servizio particolare) Milano, 20 luglio. Dopo quattro anni Joan Baez è tornata a cantare a Milano. L'altra sera al velodromo Vigorelli i trentamila accorsi per sentirla erano un pubblico diverso dal solito: attirato dalla cantante, paladina della nonviolenza, ma anche cosciente di partecipare ad una manifestazione politica: il concerto era diretto dal comitato Vietnam per raccogliere fondi da destinare all'acquisto di chinino e altri medicinali per le zone liberate del Vietnam del Sud. E come una manifestazione politica si è svolta la serata. I cancelli erano controllati da giovani extraparlamentari con un nastrino rosso la braccio, nessuno spingeva, nessuno voleva entrare senza pagare. A Milano in passato più di una volta la polizia aveva dovuto arginare fiumane di giovani fans che premevano sui cancelli sprovvisti del biglietto. Niente di tutto questo è avvenuto ieri. Gli addetti al servizio sanitario in tutta la serata sono dovuti intervenire per un ginocchio sbucciato, una scheggia di legno in un dito e tre malori dovuti a congestione. «Mi aspettavo molto peggio — ha detto un infermiere della Croce Italia — abbiamo chiesto l'intervento dei vigili urbani solo per un ubriaco capitato qui per caso». Alle 18 sono arrivati i primi, attrezzati per la lunga attesa in una serata fresca e umida che faceva dimenticare di essere in luglio. Il prato si è subito coperto di migliaia di ragazzi e ragazze accoccolati in terra con il sacchetto dei panini imbottiti a portata di mano. Poi è stata la volta delle gradinate dove in mezzo ai giovanissimi si sono assiepati molti trentenni e quarantenni. Se l'organizzazione aveva previsto tutto per quanto riguarda il servizio d'ordine e l'afflusso del pubblico bisogna dire che ha commesso un errore affiancando ad una cantante unica, dalla personalità spiccata ed essenzialmente politica, un complesso come quello degli «Area» che fanno musica poco popolare. Lo si è visto subito. Il pubblico ha accettato con simpatia gli otto componenti del complesso «Yukung» che eseguivano canzoni di protesta e popolari del Sud America, ma quando sul palco sono saliti i cinque giovani dell'«Area» l'atmosfera è cambiata. La prima canzone, che echeggiava motivi tradizionali greci, è stata accettata, poi i giovani hanno cominciato a ribellarsi al torrente di decibel che si riversava su di loro. Tappandosi le orecchie si sono levati in piedi e hanno imposto ai musicisti di lasciare il palco interrompendo a metà quella che dovrebbe essere il cavallo di battaglia degli «Area», la canzone «Lobotomia». I giovani del complesso hanno cercato di riconquistare la simpatia del pubblico accennando «Bandiera rossa» su di una chitarra elettrica, ma non ci sono riusciti. Subito gli organizzatori si sono preoccupati di riempire il vuoto e soprattutto di spiegare i motivi esatti della manifestazione che «non è, o per lo meno non è solo un concerto». Questo i giovani ammassati nel prato lo sapevano molto bene. Pochi istanti dopo Joan Baez, giunta da cinque minuti dopo otto ore di macchina, è salita sul grande palco, con la sua aria da ragazzina malgrado i 33 anni compiuti. Tutte d'un fiato, quasi senza intervallo tra una e l'altra Joan Baez ha cantato 23 canzoni per un pubblico che l'ha seguita con la massima attenzione e con molto calore, ma ben lontano da quelle scene d'isterismo che in questo stesso Vigorelli si erano viste pochi anni fa quando si esibirono i Beatles. Parlando a fatica italiano Joan Baez ha esordito con una canzone dedicata a tutti i prigionieri politici del mondo. Poi è stata la volta di canti della Resistenza cilena. In particolare ha destato commozione un pezzo di Victor Jara, il cantautore di Santiago cui i fascisti cileni hanno tagliato le mani prima di ucciderlo. «E' una canzone bellissima — ha detto la Baez — chiunque vorrebbe morire cantandola». La stessa cantante americana è rimasta stupita dalla compostezza e partecipazione del pubblico, tanto da esclamare in più di una occasione: « beautiful ». Per dare un'idea basti dire che la tensione stabilita tra l'interprete e chi l'ascoltava si è allentata solo per pochi minuti in tutta la sera, quando Joan ha eseguito tre canzoni tra le più belle dei Beatles (Yesterday, Imagine, Let it be) considerate però dai giovani poco impegnate e quindi una concessione eccessiva al gusto commerciale. A testimoniare il rapporto tra interprete e spettatori, un ragazzo superando i cordoni del servizio d'ordine ha raggiunto il palco; ha chiamato Joan Baez che si è chinata a sentire quello che voleva dirle. Il giovane ha chiesto che cantasse qualcosa di Bob Dylan e la cantante si è rialzata con un sorriso esclamando in inglese «Ottima idea». Subito dopo ha intonato «Blowing in tile wind», una delle composizioni più note e belle di Dylan. Ha chiesto di essere accompagnata in coro ed è stata accontentata. Verso la fine del concerto quando la Baez ha intona- to la canzone da lei scritta per gli anarchici Sacco e Van¬ zetti, c'è stata un'ondata di commozione. Lei ha ringraziato, se n'è andata rapidamente, senza che il pubblico la costringesse ad estenuanti bis. Marzio Fabbri

Luoghi citati: Italia, Milano, Santiago, Sud America, Vietnam, Vietnam Del Sud