Il congresso del pdup

Il congresso del pdup Nasce un partito a sinistra del pei Il congresso del pdup Firenze, 20 luglio. E' proseguito oggi nell'auditorium del palazzo dei congressi di Firenze, il primo congresso nazionale del partito di unità proletaria (pdup). Per primo ha parlato il capo della delegazione arabo-siriana del partito Baath, Fadel Al-Ansari. Ha detto tra l'altro che il Baath ha sempre insistito sulla necessità di collegare la lotta di liberazione nazionale (come espressione degli interessi nazionali) con la lotta I di classe (come espressione delle contraddizioni della nostra società). Tra gli altri sono intervenuti nel dibattito Elio Giovannini, segretario confederale della Cgil, e Antonio Lettieri, segretario nazionale della Firn. «Il pdup — ha detto Giovannini — è potuto sfuggire ai rischi del minoritarismo soltanto grazie al rapporto militante che ha mantenuto ed allargato con il movimento, costituendo un riferimento politico per importanti avanguardie di fabbrica e facendo seriamente i conti con l'economismo e l'estremismo». Nel pomeriggio ha parlato, tra gli altri, Luigi Pintor, del « Manifesto ». Ha messo in rilievo il « salto di qualità » che è stato compiuto dal novembre scorso, allorché si tenne l'assemblea nazionale pdupManifesto, ad ora e il « carattere di spinta, di crescita dell'aggregazione ». Sulla concezione del partito, Pintor ha sostenuto che «non si tratta di costruire il "nuovo principe" o un'area di parcheggio, spugnosa, ma indefinita e indefinibile. Si tratta di essere in mezzo alle lotte reali e di lì far crescere il partito». Pintor ha concluso polemizzando con l'atteggiamento del pei nei confronti del congresso. Il pei — ha detto — «mi pare stia commettendo due non dico errori ma imprudenze: contìnua a disinformare sulla nostra vicenda, e ciò è indice di una debolezza, di un timore che non ha ragione di essere, che mette in cattiva luce un partito che pur è molto avveduto ». (Ansa) rie, di fatto fortemente critico nei confronti dell'evoluzione « collaborazionista » dei comunisti, del compromesso storico. La forza alla sinistra del pei è stata numericamente ed elettoralmente scarsa, ma ha inciso non poco sulla politica del pei e anche del psi, costringendoli alla difesa sulla sinistra. La tesi dell'ultrasinistra è nota: esìste una crisi di « modello » e i margini per il capitalismo si restringono ovunque e in particolare nel nostro Paese. Il sistema oscilla tra concessioni riformiste e repressione, la sinistra tradizionale « si conserte » al riformismo che è una via perdente in quanto non riesce a « gestire » il sistema e dal quale non si è capaci di uscire. Di conseguenza bisogna cercare di costruire un'alternativa di sistema pur dentro il sistema, in modo che le «classi oppresse» vadano al potere quando si potrà gestire questo nuovo sistema socialista, anzi comunista. Il compromesso storico è da combattere, così come è un errore un « governo delle sinistre » perché in fondo è anch'esso un governo del « sistema ». Dunque, il nodo di fondo con il quale il nuovo partito è chiamato a misurarsi è costituito dalla prospettiva del compromesso storico, che — ha detto Silvano Miniati, responsabile del comitato operativo nazionale — « il pei persegue con decisione e coerenza, sviluppando nella fase attuale la strategia delle vie nazionali al socialismo. La proposta però presuppone una de interlocutoria, capace di estirpare dal proprio corpo il groviglio immane di interessi corporativi e clientelari che ne costituiscono il nerbo; e ciò alla luce dei fatti è scarsamente attendibile ». Il pei ha giudicato severamente l'autoscioglimento del Manifesto. « Il fatto è che il metodo stesso scelto — più o meno consapevolmente — per porsi dinanzi ai problemi della lotta politica era profondamente erroneo e tale rimane. Delle impostazioni di questo (ma non solo di questo) gruppo colpisce un dato innanzitutto, che è poi quello che ne caratterizza la lontananza dal corso del movimento operaio e dalle sue radici di pensiero: il dato dell'assenza di una analisi oggettiva dei fenomeni della società e dello Stato, per non dire, più impegnativamente, della storia ». Per i repubblicani, invece, non è un caso che un nuovo partito « rivoluzionario » nasca nel corso della crisi più grave della storia della Repubblica. « E' un fatto che il generale disfacimento della società italiana apre spazio ad un movimento di estrema sinistra che si presenta vestito di "innocenza" davanti alla degenerazione corporativa e parassitaria. Ma se una nuova opposizione, che nominalmente è opposizione al sistema, trova spazio, ciò significa che l'opposizione tradizionale, il pei, ha fallito il suo compito ed è coinvolta nella crisi di credibilità che ha colpito tutti i gruppi politici maggiori. Non è tanto il compromesso storico ad essere sotto accusa, quanto il tipo di opposizione condotta per lunghi anni dal pei, che ha portato appunto alla proposta del compromesso storico, che è sostanzialmente l'ammissione d'uno storico fallimento ». Intellettuali e studenti del «Manifesto» alleati con pattuglie di operai e di sindacalisti nei comitati di fabbrica e negli organismi di base del pdup mirano in sostanza a realizzare il primo degli obiettivi falliti con la contestazione del 1968: l'unità fra studenti e operai. C'è nel partito che nasce una dura autocritica del passato « con i suoi limiti drammatici » ma anche una rinnovata carica ideologica contro « l'insieme di leggi, istituti, funzioni sui quali la democrazia borghese articola il suo sistema di potere ». La formazione di un nuovo blocco sociale attorno alla classe operaia è vista non come un « riequilibrio delle lotte », ma attraverso « l'intensificazione della lotta in tutti i punti del sistema », con una spinta massimalistica che può diventare utopia. Il rientro nella « normalità » della lotta politica avviene senza eccessiva illusione, le istituzioni « non possono essere riqualificate mediante un'operazione di volontaristica moralizzazione », ma occorre « incalzarle, contestarne la funzione, evidenziandone le ragioni della crisi, avviando nel tessuto della società forme nuove di controllo, di intervento e di potere delle masse ». E' prematuro dire dove sfocerà il dibattito politico Manifesto-pdup: si può dare atto della seria preparazione e dell'onestà intellettuale per quanto astratta, dello schieramento e più in generale della testimonianza vivace e attiva d'una crescita tormentata della nostra società civile. Anche la « questione cattolica » che sempre più rappresenta il punto centrale della vicenda politica italiana, viene affrontata con notevole impegno: nell'apertura culturale del 1968-69 c'è il riconoscimento del ruolo « grande e importante » svolto dai lavoratori cattolici « che si sono emancipati dall'interclassismo de e moderato ». Pierangelo Coscia

Persone citate: Antonio Lettieri, Elio Giovannini, Fadel Al-ansari, Giovannini, Luigi Pintor, Pierangelo Coscia, Pintor, Silvano Miniati

Luoghi citati: Firenze