I tre sicari a pagamento sono personaggi già coinvolti in rapine e morti misteriose

I tre sicari a pagamento sono personaggi già coinvolti in rapine e morti misteriose I tre sicari a pagamento sono personaggi già coinvolti in rapine e morti misteriose « Gente strana, poche parole, nessun amico. Vivevano nella zona da anni e non c'è una sola persona che possa dire dì conoscerli bene ». Questa la risposta che riceve chiunque, a Verolengo o a Chivasso, faccia una domanda sui fratelli Schittino arrestati ieri per l'uccisione del tassista tedesco. « Sradicati — si dice di Francesco ed Eugenio — violenti. Uomini che facevano tremare con uno sguardo. Asserivano d'essere allevatori di maiali ed, effettivamente, avevano molti suini a Rondissone. Porci d'oro, stando ai soldi che rendevano ». La storia nera dei due fratelli si inizia nel '72. Prima di allora c'è solo un grigio passato di pastori a Lascari, nelle campagne di Palermo: una vita povera, di miseria antica anche se segnata da un misterioso delitto. Nel '54 il padre degli Schittino, Angelo, viene trovato ucciso: una vendetta? Un avvertimento? Di certo c'è solo che 1 due, in compagnia del fratello più anziano, Giuseppe, arrivano al Nord, poco tempo dopo. I primi anni li vedono anonimi immigrati fra le centinaia di persone arrivate dal Sud nella cintura industriale di Torino: lavori saltuari, ancora stenti. Nel gennaio del '72, la prima accertata impresa banditesca. E' il 27 mattino, una giornata plumbea, pioviggina. Una « 1750 », rubata poche ore prima ad un Ingegnere di Pinerolo, si ferma davanti alla filiale dell'Istituto San Paolo di Livorno Ferraris. Mentre un com- iiihìMM [iiiiMMtiiii riiri IIIIIIIlIl plice resta al volante due giovani escono precipitosamente dall'auto. Hanno sul volto un cappuccio grigio, in pugno le rivoltelle. Spalancano la porta dell'agenzia e gridano: « Mani in alto, fermi tutti ». Nella sala, oltre al direttore e il cinque impiegati, lllllltiliilliilliiiiliilililllirilllXflIIIIIIllllliKiiii ci sono due clienti. Cade un silenzio di gelo. Uno dei rapinatori punta la pistola alle reni del cassiere, gli fa aprire la cassaforte. Dentro ci sono due milioni e il giovane mascherato urla: « Troppo pochi. Dove sono gli altri? ». Nessuna risposta. Il com- iiiiiiiiuit Hill jiiiiiiriiiisiiiiMiiiriiiiihfii plice raggiunge con un balzo una impiegata in stato interessante, le poggia l'arma alla nuca: « Fuori il denaro ». La donna risponde: « Non so dove sìa ». E il bandito: « Ah sì? Allora ti uccido ». Toglie la sicura e aggiunge: « Conto sino a tre ». Ma 1 secondi passano e non succede nulla. I due si fanno un gesto d'intesa strappano 1 fili del telefono, tornano sull'auto che li attende in strada, fuggono. Arrivano a Cigliano dopo pochi minuti e irrompono nell'ufficio postale. Uguale scena di terrore: clienti immobilizzati con la faccia al muro, impiegati minacciati con le pistole. Il bottino è esiguo: 700 mila lire. Già in serata la polizia ha dato un volto ai rapinatori: Francesco ed Eugenio Schittino, già sospettati di altre minori imprese banditesche. Sbucano dall'ombra solo per compiere un altro « colpo »: l'assalto a due portavalori della banca popolare di Novara il 9 febbraio. L'aggressione — 320 milioni In contanti — è organizzata con una tecnica da commando. I due fratelli palermitani avrebbero agito con una seconda banda. E forse progettavano altre aggressioni. La polizia dopo alcuni giorni scopre, in due covi, una cinquantina di pistole, fucili, mitra e munizioni. I complici cadono nella rete tesa dagli agenti durante una perquisizione in un alloggio di via Ruegllo 15. Ma Eugenio e Francesco sono già riusciti a fuggire. Per stanarli si impiegano cinquanta agenti: una marcia estenuante fra la neve dei monti sopra Pessinetto in Val di Lanzo sino ad una baita isolata. Quando 1 funzionari della Mobile aprono la porta Eugenio, che si sta radendo vicino al caminetto, si arrende subito. Il fratello svegliato di soprassalto, allunga la mano sotto il cuscino dove nasconde una grossa pistola, l'afferra, ma lo bloccano in tempo. Alza le mani. Eugenio e Francesco Schittino, due storie parallele fatte di violenza. Da rapinatori a sicari. Con loro, oggi, anche il fratello Giuseppe. Se dei primi la gente dice « Ti facevano tremare con uno sguardo », di quest'ultimo non si parla che bene. « Mite, una persona a posto. Casa, famiglia, il suo lavoro di antiquario ». Ma anche nella vita di quest'uomo c'è un momento buio che molti hanno ormai dimenticato. Agosto 1970. Nella villa che Giuseppe affitta a Verolengo dalla vedova Anna Soave Comoglio, 74 anni, avviene una morte misteriosa: Teresa Dagostano, 26 anni, sorella di Rosa, la convivente dell'antiquario, viene trovata uccisa con una rivoltellata al petto. « Il prolettile le aveva trapassato il costato — dice la gente — l'hanno scoperta il mattino dopo ». Ora si riparla anche di questo episodio, che allora era stato archiviato come suicidio. « Lui aveva delle mire su quella donna, bellissima, e Rosa era gelosa della sorella. E, poi, quali motivi d'uccidersi poteva avere una giovane dt 26 anni? ». Supposizioni, parole. La proprietaria della villa ricorda: «A raccomandarmeli come Inquilini fu il parroco: "E' brava gente, non ti darà fastidio". E così è stato. Due anni fa morì una loro bambina, Mina, di 12 anni. Fui io a pregarli dì seppellirla in un loculo della mia cappella al cimitero ». Ma c'è una catena, fatta di trame oscure, che lega Giuseppe ai fratelli. Lui, l'antiquario rispettato e stimato, a due uomini del milieu. A che cosa gli serviva la ricetrasmittente che la polizia ha sequestrato In casa sua con un pacco di documenti? Quali gravi indizi hanno indotto ieri sera 11 magistrato a tramutare in arresto il suo fermo? C'è già chi, andando al di là dell'omicidio d'interesse compiuto In Germania, parla di mafia e di capicosche. I fratelli Giuseppe, Francesco ed Eugenio Schittino in carcere per l'omicidio del tassista

Persone citate: Comoglio, Francesco Schittino, Teresa Dagostano