L'attentato contro Hitler di Sandro Viola

L'attentato contro Hitler NELLA COSCIENZA TEDESCA CHE COS'È IL 20 LUGLIO 1944? L'attentato contro Hitler "Nello sforzo di dimenticare il nazismo si è sottovalutata la resistenza" dice il figlio di von Stauffenberg, l'eroe di guerra che tentò d'uccidere il dittatore - La figlia di von Hassel rievoca i congiurati: "Erano dei conservatori, che la rozza violenza del regime spinse al complotto" - Le celebrazioni (Dal nostro inviato speciale) Monaco, luglio. Der Tag, il giorno, restò incerto sino all'ultimo. Fu soltanto il pomeriggio del 19, quando il colonnello Klaus von Stauffenberg seppe che l'indomani avrebbe dovuto recarsi al quartier generale di Hitler a Rastenberg, nella Prussia orientale, che la « Operazione Valchiria » venne fissata definitivamente per giovedì 20 luglio 1944. Due volte, nei giorni precedenti, l'attentato a Hitler era fallito per un soffio. Una prima volta VII luglio, a Obersalzberg, la sede sud del quartier generale. Anche quella mattina Von Stauffenberg era giunto con una bomba nella borsa, ma quando apprese che Himmler non era presente nella i< sala delle conferenze » rinunciò a innescare l'ordigno: il suo incarico era infatti di agire soltanto se ci fossero stati, oltre al Fiihrer, Himmler e Goering. E per un soffio l'attentato non avvenne a Rastenberg il 15 luglio, perché Hitler d'un tratto, quando già il colonnello Von Stauffenberg stava per azionare la bomba, era uscito dalla sala senza più tornarvi. Ma quel 20 luglio non ci sarebbero stati altri rinvìi né esitazioni. Gli ordini per l'esecuzione del piano furono diramati, una quindicina tra feldmarescialli e generali si tennero pronti. Alla notizia della morte di Hitler — che si calcolava sarebbe giunta intorno alle 13,30 —, i reparti comandati dagli ufficiali coinvolti nella congiura dal vecchio gruppo dei «resistenti» (Goerdeler, Beck, Oster, Von Hassel e gli altri) avrebbero occupato i punti strategici di Berlino e cominciato a disarmare le SS e le SD. Lo stesso sarebbe avvenuto sul fronte francese e a Parigi. Nella tarda serata la radio avrebbe annunciato l'abbattimento del regime, la formazione del nuovo governo e di un nuovo stato maggiore: la folle galoppata del nazismo si sarebbe arrestata. Giovedì 20 era una giornata già calda verso le sette del mattino, quando Von Stauffenberg prese l'aereo che lo avrebbe condotto da Berlino a Rastenberg: e anche in Prussia, nella zona boscosa dove era situato il quartier generale di Hitler, l'afa si faceva sentire. Gravemente mutilato l'anno prima in Tunisia (aveva perso l'occhio sinistro, la mano destra e due dita della sinistra), il conte Klaus Graf von Stauffenberg entrò nella Lagebaracke dove l'alto comando era riunito alla presenza di Hitler alle 12,35. Quattro minuti prima, quasi sotto gli occhi di Keitel, aveva innescato la bomba che teneva nella borsa, avvolta in una camicia, insieme a qualche fascicolo. Sette minuti dopo, alle 12,42 (Stauffenberg era intanto uscito dalla stanza lasciando la borsa sul pavimento, a un paio di metri da Hitler), la bomba scoppiò. La Lagebaracke volò in pezzi, crepitavano le fiamme, una grossa nuvola di fumo stagnò a lungo sulle rovine tra i lamenti dei feriti. Morirono tre persone quasi subito, molti furono i feriti gravi. Ma Hitler restò pressoché illeso, e tre ore dopo potè ricevere Mussolini per quello che fu il loro ultimo incontro. Cosa non aveva funzionato, nel piano degli attentatori, come potè salvarsi Hitler? Esistono molte ricostruzioni del 20 luglio 1944. E tutte mettono in rilievo un particolare: l'attentato era stato previsto nel Bunker sottostante alla leggera costruzione dove in effetti avvenne. Li la potenza dello scoppio sarebbe stata maggiore, e probabilmente nessuno sarebbe scampato. Ma, come era successo altre volte, Hitler era stato assistito da una particolare, incredìbile fortuna: così quel giorno, all'ultimo momento, la riunione era stata spostata nella Lagebaracke, « Nella catena degli avvenimenti dal 1939 al 1945 », scrive uno dei maggiori storici della resistenza al nazismo, Hans Rothfels, « sembra emergere una logica ferrea, un'interna predisposizione ad una catastrofe inattenuabile e inevitabile... ». La catastrofe, si capisce dalla storia. Quale posto ha nella coscienza tedesca, tre decenni dopo, l'Operazione Valchiria « l'unica seria rivolta contro Hitler — come ha scritto William L. Shirer — che si fosse avuta durante gli undici anni e mezzo del Terzo Reich »? Siamo venuti a Beurberg, un piccolo villaggio a cinquanta chilometri da Monaco, per chiederlo al figlio di Klaus von Stauffenberg, il conte Karl Lud- I wig, giovane deputato della 1 Csu straussiana. E la rispo- j sta è data con distacco, in tono sereno, anche se suona un po' amara. Perché la bomba « Vede, alla gente il mio nome ricorda qualcosa. Me ne accorgo in molte riunioni o visite elettorali, perché c'è sempre qualcuno che chiede se per caso non sono un parente del colonnello Stauffenberg. Ma oltre al nome | (che poi è conosciuto solo a quelli che hanno fatto il liceo), la gente non ricorda nient'altro. Non sa esattamente come andarono i fatti del 20 luglio e soprattutto cosa significassero, perché avvennero. L'impressione è che nel loro tentativo di dimenticare il nazismo i tedeschi abbiano finito col dimenticare, cancellare, anche il fenomeno della resistenza. E a volte si direbbe che in questo Paese si è perduto l'interesse alla storia in generale...». Karl Ludwig von Stauffenberg somiglia al padre, di cui c'è una fotografia su un mobile: la stessa aria atletica, i capelli folti, il profilo marcato. Dalle pareti della bella casa (ricavata dall'antica locanda d'un convento vicino) occhieg¬ giano i ritratti degli antenati: militari, eroi della guerra tedesca contro Napoleone, pilastri del primo stato maggiore prussiano. Dalle finestre aperte entrano i pochi, smorzati rumori del villaggio. « Ora », prosegue il conte, « si assiste a un tentativo di strumer'.alizzare la storia a scopi politici. L'accento viene posto sulla resistenza dei gruppi clandestini socialisti e comunisti, sulla migrazione antinazista, in modo da minimizzare il ruolo degli autori del 20 luglio. Si insi- ste sul fatto che mio padre e i suoi amici avevano pensato ad una restaurazione monarchica, si tende a vedere la loro azione come un tentativo della classe aristocratica di salvarsi dal diluvio. Certo, la congiura non era soltanto una sollevazione popolare. Veniva dall'esercito, anche se ritengo errato parlare di complotto aristocratico. Ma l'attentato di Rastenberg resta un gesto straordinario che avrebbe potuto avere, se fosse riuscito, conseguenze oggi incalcolabili. Si pensi soltanto a questo: che dal luglio '44 alla fine della guerra morirono più tedeschi di quanti non ne fossero caduti nei cinque anni precedenti della vicenda bellica nazista ». Anche Almuth von Hassel, la figlia di Ulrich von Hassel, l'ex ambasciatore a Roma che fu uno dei primi e più attivi membri della resistenza, ha l'impressione che gli uomini dell'Operazio- ne Valchiria, il loro coraggioso e disperato tentativo, la loro tragica fine per mano delle SS, non abbiano lo spazio che dovrebbero avere nei sentimenti e nei valori della nuova Germania. « La verità », dice, è stato fatto poco perché i giovani conoscessero, approfondissero tutta la vicenda. Nei libri di testo delle scuole inferiori il 20 luglio è appena menzionato, e succede di incontrare molti giovani che ignorano as- ! solutamente l'esistenza di un tentativo di rovesciare Hitler e il suo regime ». Un fatto d'{«élite» Nipote dell'ammiraglio Von Tirpitz. Almuth von Hassel riconosce che la vera natura del complotto fu aristocratica, un fatto d'elite: il che giustifica la storiografia di lingua inglese dove i congiurati del 20 luglio vengono definiti normalmente il « counts' group », il gruppo dei conti, e chiarisce la celebre frase d'un altro partecipante al complotto, il generale conte Von Treschow: « La nostra è soprattutto una avversione per le radici di volgarità del nazismo ». « Su questo », spiega la Von Hassel, « non ci sono dubbi. Basta scorrere le foto dei congiurati, leggere i loro nomi. Non erano certo dei rivoluzionari. Era la loro coscienza di intellettuali e di gentiluomini che impo ci che ! ' neva la scelta anti-nazista. Ricordo che mio padre diventò furibondo quando seppe che due giovani Absburgo, mi pare i figli dell'arciduca Ferdinando, erano stati messi in campo di concentra ment0 sulrito dopo l'Ansch luss, la casacca a strisce e i capelli tagliati a zero. Questa, e le altre notizie terribili (i pogrom, il "programma eutanasia") fecero crescere nel gruppo della resistenza la volontà di agire ». Quest'anno, trentesimo anniversario dell'Operazione Valchiria, ci sarà a Berlino una commemorazione più ampia e solenne che in passato. Il borgomastro pronuncerà un discorso nel posto dove sono stati lasciati gli uncini ai quali vennero appesi con fili di ferro e corde di pianoforte Von Hassel e altri congiurati (Von Stauffenberg, più fortunato, venne fucilato nel cortile del ministero della Guerra la sera stessa del 20); vi saranno conferenze e altre manifestazioni. « Non so », dice Almuth von Hassel, « come andrà questa volta. In genere, negli anni scorsi, l'Operazione Valchiria veniva definita come un episodio nel quadro più vasto della resistenza al nazismo, d'una resistenza di tipo popolare che in realtà, lo sappiamo, si manifestò piuttosto vagamente... ». E' solo per ragioni sentimentali che i figli dei protagonisti del 20 luglio hanno l'impressione che l'attentato a Hitler, avvenimento massimo della resistenza tedesca al nazismo, sia tenuto come in ombra? O realmente, nella storiografia tedesca contemporanea e a livello politico, si tende a togliere enfasi all'episodio? Beninteso, lascia intendere Karl Ludwig von Stauffenberg, è giusto che si cerchino i ri gni, le prove d'una opposizione al nazismo sorta in strati più vasti della società tedesca, ma tanto lui quanto la figlia di Von Hassel sembrano convinti che in questa direzione si siano commesse alcune forzature. Dice il giovane Von Stauffenberg: « E' provato che già dal '33 i socialdemocratici e i comunisti si andavano organizzando per la resistenza a Hitler. Ma con la capacità che hanno i tedeschi di far le cose fino in fondo, la Gestapo riuscì a decapitare e praticamente a distruggere l'organizzazione clandestine. ». Tragica follia Che ne pensano gli storici? Per il prof. Hermann Grami, dell'Istituto di storia contemporanea di Monaco, il problema è chiarissimo: « Nei primi dieci-quindici anni dopo la guerra », dice, « l'approccio a! fenomeno della resistenza fu poco corretto. Si cercavano nel passato elementi positivi, da porre in contrasto con la tragica follia nazista, e il 20 luglio si prestava perfettamente a questa ricerca di " qualcosa di buono ". In realtà, consciamente o inconsciamente, quell'episodio d'elite, a sfondo aristocratico, veniva usato per legittimare il " ritorno " della borghesia e delle grandi dinastie industriali nell'epoca di Adenauer. Ma dal '67 in poi, con un saggio di Hans Mommsen che ritengo fondamentale, il gruppo del 20 luglio ha trovato la sua col- locazione storica e politica definitive. ». Questa collocazione è piuttosto severa. Mommsen descrìve le concezioni politiche del gruppo del 20 luglio come un ammasso informe e confuso di idealismi, ma non privo di una precisa visione autoritaria, nella quale la « cieca obbedienza » im¬ posta dal nazismo andava sostituita con i principi di una « autentica autorità ». Da qui il progetto, (seppure soltanto abbozzato) d'una restaurazione monarchica, e il" rifiuto del parlamentarismo di Weimar. Il ritratto degli uomini del complotto è finanche impietoso: il « counts' group » si opponeva alle tendenze democratiche ed egualitarie della società moderna; confondeva il nazismo col « bolscevismo »; e al fondo mirava al ristabilimento di un forte, anche se paternalistico, potere centrale. Ecco quindi, negli ultimi anni, « un sempre maggiore interesse», come dice il prof. Grami, « per l'opposizione degli strati popolari », per l'organizzazione di resistenza dei due partiti che si erano battuti contro Hitler, i socialdemocratici ed i comunisti. Una scelta comprensibile, perché è comprensibile che un intellettuale tedesco cerchi di provare come la democrazia non è, in Germania, il risultato d'una « rieducazione » imposta dal di fuori, ma un filone continuo sul quale era calata a un certo punto l'eclisse nazista. Tuttavia, quel sospetto di « forzatura » che i figli di Von Stauffenberg e Von Hassel nutrono verso questo nuovo approccio storico non è forse del tutto infondato. L'opposizione clandestina degli strati popolari, abbiamo chiesto al prof. Grami, riuscì mai a rappresentare una minaccia per il nazismo? «Diciamo», ha risposto onestamente Grami, « che essa costituì un problema per la Gestapo: ma per il regime, mai ». Come ha scritto Shirer, ancora nel luglio '44 la gran massa del popolo tedesco « accettava e sosteneva il nazionalsocialismo, e vedeva in Adolf Hitler il salvatore della nazione ». Sandro Viola