Il crepuscolo dei bianchi di Ferdinando Vegas

Il crepuscolo dei bianchi PANORAMA AFRICANO Il crepuscolo dei bianchi Sudafrica e Rhodesia consapevoli del colpo che la decoloni zza z' ne portoghese assesterebbe al dominio bianco - Già oggi i regimi razzisti riescono a mantenersi solo con la forza, ma non v'è forza che alla lunga possa imbrigliare un processo sociale Il contraccolpo del mutamento di regime a Lisbona si è fatto sentile non solo sulle colonie portogi.eci d'Africa, ma anche sui due Stati «bianchi», la Rhodesia e il Sudafrica, che, per essere confinanti con l'Angola e il Mozambico, non possono non preoccuparsi di quello che si prepara alle loro porte. E' infatti prevedibile che il processo verso l'indipendenza prosegua sino in fondo: ormai, come scriveva di recente The Economist, «le montagne che sbarravano il cammino della pace per il regime di Caetano sono state ridotte a dimensioni più simili a quelle d'un cumulo di terriccio». Tuttavia, rileva subito dopo il settimanale inglese, alcuni di questi cumuli sono piuttosto rilevanti e sono sparsi sia all'interno dell'Angola e del Mozambico sia all'esterno. Tralasciando la situazione interna (della quale altri ha già detto su queste colonne), non si può però trascurare che i contrasti esistenti fra i movimenti di liberazione in Angola trovano alimento anche nelle diverse posi/ioni dei vicini Stati africani: così Mobutu, presidente dello Zaire, è favorevole al movimento moderato (Fina) di Holdcn Roberto, mentre i suoi colleghi Nyerere della Tanzania, Kaunda dello Zambia e Ngouabi del Congo non nascondono le loro simpatie per il movimento radicale (Mpla) di Agostinho Neto. Non a caso, quindi, la lotta di liberazione è nell'Angola in una pcsizione di stallo, con soddisfazione di quanti, bianchi e neri, tendono a una soluzione di tipo neocolonialistico. Non si dimentichi, fra l'altro, che il petrolio dall'anno scorso occupa il primo posto nelle esportazioni dall'Angola, con tutte le implicazioni internazionali che l'oro nero comporta. Nel Mozambico, invece, il movimento del Frelimo è nettamente alla testa della lotta di liberazione, con un solido impianto in vaste zone; perciò si sente in grado di porre l'indipendenza come una premessa non negoziabile. Ma non è così facile per Lisbona accedere senz'altro alla richiesta: come reagirebbero quei coloni bianchi, che già stanno organizzando una specie di Oas? Per molte ragioni non sarebbe semplice per i bianchi, divisi tra di loro, proclamare una «dichiarazione unilaterale di indipendenza», come fecero i bianchi della Rhodesia nel novembre '65; d'altra parte, è proprio l'esistenza d'un confine comune con la Rhodesia e col Sudafrica che getta la sua ombra sugli sviluppi nel Mozambico. La vera domanda da porsi è dunque: come reagirebbero i governi di Salisbuiy e di Pretoria alla nascita d'un Mozambico «nero»? Il Sudafrica ostenta di non essere turbato dalla prospettiva, ma in realtà è ben consapevole del colpo che la decolonizzazione dell'Africa portoghese assc- ocgtepspcinmniSnlebbsnagsmrdslmfsggmlpssterebbe al dominio bianco nel-1 l'Africa australe, che ha nel Sudafrica stesso il suo bastione. Toccherebbe infatti al Sudafrica intervenire nel Mozambico, a sostegno d'una eventuale «indipendenza» proclamata dai bianchi; in ogni caso dovrebbe essere il Sudafrica a proleggere i bianchi della Rhodesia, dove è in corso una lotta di liberazione armata condotta da diverse forze partigiane nere. Questa lotta trova appoggio nelle zone del Mozambico già liberale dal Frelimo; se questo venisse al potere, l'appoggio sarebbe molto più ampio e l'esempio addirittura contagioso. Insomma, se il regime rhodesiano di Smith è il più esposto, quello sudafricano di Vorster, con tutta la sua potenza economica e tutto il suo apparato di forza militare, deve anch'esso affrontare l'ora della verità. Un'ora indubbiamente penosa per tutti coloro i quali hanno coltivato il sogno assurdo d'una minoranza di bianchi (quattro milioni nel Sudafrica, 250 mila nella Rhodesia) dominatrice della maggioranza (17 e 5,5 milioni rispettivamente) dei negri. L'apartheid instaurato nel Sudafrica, ossia la netta separazione in ogni settore tra bianchi e neri, solo apparentemente costituisce una soluzione; in realtà, non solo degrada i negri (ed egualmente gli asiatici ed i cóloured) ponendoli su un gradino inferiore, ma anche consente ai bianchi il migliore sfruttamento delle risorse umane del Paese: siano esse confinate nei cosiddetti bantustans, i territori autonomi che si vanno costituendo per i ' vari gruppi etnici neri, oppure siano addette ad un lavoro sostanzialmente forzato nel resto del Sudafrica dei bianchi. Altrimenti non si potrebbe qualificare un sistema il quale. i oltre a negare a tutti i non bianchi i diritti politici, nega ai negri di organizzarsi sindacalmente e di contrattare liberamente il proprio lavoro. E' con questo sfruttamento di arretrato stampo colonialistico che il Sudafrica ha potuto valorizzale le sue ingenti risorse naturali, specie minerarie, e sviluppare un'economia fiorente, con un settore industriale molto progredito. Strettamente integrato, inoltre. nel sistema capitalistico mondia-le, il Sudafrica ne trac evidenti benefici, ma anche la responsa-bilità di tenere la posizione. A tult'oggi il regime razzista riesce a mantenersi con la mera l'orza: ma non v'è forza che alla lunga possa imbrigliare un piocesso sociale. Non si sviluppa un'economia industriale senza lavoratori qualificali; e se non bastano i bianchi, occorre ricorrere ai neri, aprendo loro le porte prima gelosamente sbarrale, come ha dovuto richiedere lo stesso Vorster. Di conseguenza, viene intaccalo uno dei princìpi fondamentali della supremazia bianca, quello del fortissimo di vario salariale ira bianchi c neri, Ma non bastano certamente dei progressi sul piano economico ed anche sociale (per esempio, l'ammissione dei negri in posti, come biblioteche o parchi, prima riservati ai bianchi), quando non si intende cambiare nulla sul piano politico e soprattutto quando la mentalità razzistica non mostra segni di cedimento. Sarebbe dunque assai azzardato prevedere per il Sudafrica un processo pacifico di graduale evoluzione verso una società multirazziale, che sarebbe l'unica soluzione conveniente per tutti i sudafricani, bianchi, neri, asiatici e misti: ma i bianchi non vogliono saperne, a nessun costo. Lo stesso discorso vale per la Rhodesia, dove non vige la teoria dell'apartheid, ma in pratica la supremazia bianca è imposta con non minore durezza; cor. l'aggravante che in Rhodesia, come si è detto, e in corso la lotta armala (assente invece nel Sudafrica), con feroci re- pressioni da parte dei bianchi, assistiti dalle forze armale sudafricane. Per entrambi i Paesi, comunque, il futuro sarà determinalo non lanlo dagli sviluppi interni quanto da quelli esterni: dall'evoluzione della situazione economica internazionale c dall'accesso — se, come e quando — dell'Africa portoghesi; all'indipendenza. Ferdinando Vegas iI

Persone citate: Kaunda, Neto, Nyerere