Come ricordano Ghirotti medici e compagni di male

Come ricordano Ghirotti medici e compagni di male Questa mattina si svolgono i funerali a Vicenza Come ricordano Ghirotti medici e compagni di male Consapevole della gravità del morbo che l'aveva colpito, non s'era mai arreso, riuscendo, anche nei momenti più difficili, a incoraggiare chi gli stava accanto - La sua scomparsa ha suscitato grande commozione: davanti alla cella mortuaria dell'ospedale sfila, ininterrotto, un lungo corteo di amici, personalità, gente semplice (Dal nostro corrispondente) Vicenza, 18 luglio. «Gigi Ghirotti era un uomo che amava gli uomini, ricorda Tiziano Barbui, vice-primario del reparto di ematologia. Nonostante la gravità del suo male, trovava la forza di confortare gli altri, di informarsi dello stato di salute degli altri degenti e di cooperare con gli stessi medici per un recupero fisico, sulla carta, improponibile. Un malato sereno, veramente di esempio per tutti». Parla con le lacrime agli occhi. «Ho perso un amico, un confidente di valore, un padre — prosegue. — Giorni fa l'avevo rivisto al reparto rianimazione in condizioni disperate. Ha aperto gli occhi e agitato la mano in segno di saluto, pur essendo imbottito di tranquillanti. I suoi ultimi giorni sono stati un calvario. Tracheotomia, polmonite interstiziale, crolli di pressione: mai un lamento, né disperazione, né abbandono alla morte. "Curatemi in fretta, che mi rimangono molte cose da fare", diceva nei momenti delicati della malattia. Lo guardavamo increduli. No, per un paziente del suo calibro, impossibile azzardare diagnosi precise. Posso soltanto dire che ha sconfitto più volte la morte con la sua forza di volontà e ottimismo ». Un'altra testimonianza toccante, quella del medico curante di Ghirotti, Mario Cazzavillan: «Gigi sapeva tutto del suo male, ma non voleva arrendersi. "Non voglio abituarmi alla malattia ", diceva con naturalezza. Il tempo di rimettersi un po' in forze e poi lo vedevi girovagare per le corsie del reparto ad informarsi di tutto e dì tutti; ma soprattutto a confortarti gli altri malati, infondendo loro fiducia con parole semplici. E con lui va ricordata anche la figura della moglie, donna dalla tempra dura, una lottatrice indomabile, esemplare ». La « voce » di Ghirotti trova eco anche tra la gente umile, tra i ricoverati e gli infermieri del reparto. Dario Preato, di Altavilla, trent'anni, stessa malattia di Gigi. Ha visto in televisione il suo primo « servizio » sugli ospedali ed è andato a Roma per sottoporsi alle cure specialistiche del caso. Ora è ricoverato a Vicenza, in ematologia. « Ho conosciuto Ghirotti e siam divenuti subito amici, racconta. Abbiamo spesso avuto modo di discutere del nostro male con serena schiettezza. Ne commentavamo i sintomi e ci ridevamo sopra. Al mattino il "dottore" passava per le camerate dandoci il buongiorno. "Coraggio ragazzi, siam forti!", era il suo motto. Poi una sera ha organizzato persino una piccola festicciola di reparto: noccioline secche, spumante e fisarmonica per tutti. Momenti indimenticabili. Ma ora che Gigi è morto tutto sembra precipitare ». Seduta al fianco di Dario Freato c'è sua moglie Maristella. Ricorda l'ultimo incontro con Ghirottd, un giorno, "dal dottore": « Le sue parole mi hanno riempito di speranza. "Io e suo marito ci troveremo ancora, non abbia timori ", aveva detto prima di lasciare l'ospedale. Ma di lì a poche settimane eccolo ricoverato nuovamente con un principio di broncopolmonite virale. Sono corsa a salutarlo: "Signora, sarebbe il colmo, dover morire di raffreddore dopo tutto quello che ho passato", era stato il suo commento. Aveva imparato a giocare con la morte, ad affrontarla di petto, ad aggredirla. Temeva soltanto il colpo gobbo, lo scherzetto beffardo. E così è stato ». Altro paziente, che ricorda con simpatia la forte bontà di Ghirotti è Giovanni Perin: « " Sei più forte del ferro ", mi diceva stringendomi la mano. Bastava questo perché mi ritornasse il buonumore. Qualche volta la moglie mi invitava nello stanzino di Ghirotti per una partita a carte. Ghirotti ci guardava divertito, parteggiando ora per l'uno ora per l'altro dei giocatori. Qualche volta lo sentivamo tossire a lungo. Non trovava respiro. Ed ecco allora la moglie pronta a infondergli coraggio: " Meglio così. Ti liberi di quello che hai dentro ", lo consolava accarezzandogli i capelli ». Anche fuori dell'ospedale, in tutte le testimonianze di quanti lo conobbero riaffiora immediatamente una profonda, genuina commozione. L'editore Neri Pozza ha detto: « Era un uomo intelligente e coraggioso, uno dei più rari esempi di impegno civile che io abbia mai conosciuto. Ha saputo affrontare la morte con il sorriso sulle labbra, si è arreso soltanto alla fine». «Nonostante il male, rac¬ conta il libraio Virgilio Scapai, veniva da me in libreria, cercava materiale per uno studio sui cattolici vicentini. Guai a parlargli del suo male. Gigi voleva soltanto vivere e continuare a lavorare. Di lui ricorderò fin che vivo la stia espressione ricca di intelligenza, di serenità, dì fiducia ». Mezz'ora dopo che Ghirotti era morto, la notizia aveva già fatto il giro della città. Da allora le telefonate e 1 Vicenza nella cappella del Ci- i telegrammi ai familiari non si contano. Davanti alla cella mortuaria dell'ospedale, dov'è stata composta la salma di Ghirotti. due vigili urbani regolano l'afflusso dei visitatori. Interminabile corteo di amici, di gente qualunI que, di autorità e di sempli■ ci, anonimi estimatori. Vicenza onora così, semplicemente ma con sincerità, l'amico scomparso. I funerali si svolgeranno domani alle 10,30 a mitero Maggiore. La giunta, riunitasi d'urgenza, ha deciso di accogliere le spoglie di Ghirotti nel famedio della città. Tra i numerosissimi messaggi giunti alla moglie di Gigi Ghirotti, signora Mariangela, quelli di Nino Valentino, capo della segreteria particolare del Presidente della Repubblica, di Giovanni Agnelli, di Domenico Bartoli, direttore della Nazione. Franco Mognon

Luoghi citati: Roma, Vicenza