La pasta e ceci del poeta Orazio

La pasta e ceci del poeta Orazio DISCORSI DI TWOLA La pasta e ceci del poeta Orazio ebraico-romana C'è una archeologia della cucina, — come no? — basata su testi, o immagini, documenti diretti e indiretti, reperti e sopravvivenze. Tra queste metterei un antichissimo piatto della cucina che ho mangiato ancora, con entusiasmo, l'ultima volta che sono capitato da quelle parti: gli aliciotti con l'Indivia. Mi dicono che anche nelle case dei vecchi ebrei romani — ì quali vantano una tradizione più che millenaria sulle rive tiberine — certi piatti, come questo, sono sempre più in disuso. Ma si trovano da « Costanza ■>, in piazza del Paradiso, assieme ad altri esempi di cucina ebraica e no, tramandati per lunghe generazioni di casalinghe. Sono soltanto alici e cespi d'indivia, a strati, cotti in teglia con l'olio; e poi la pasta e broccoli, col sugo di pesce, la pasta e i ceci che mi fa subito pensare a Orazio, l'abbacchio con l'erbetta, I carciofi alla giudia che tanti confondono con quelli alla romana (i primi sono fritti, croccanti, a fiore; i secondi in tegame con dentro il pesto di aglio e mentuccia); la Cassola di ricotta, e via dicendo. Ma perché ho tirato in ballo Orazio?, sento già la domanda. Orazio andava matto per la pasta e ceci fatta in una certa maniera, come confessava in certi versi; inde domum me - ad porri et ciceris refero, laganique catinum. Come dire: filo a casa perché mi voglio far fuori una zuppiera di ceci, porri e lagano, dove lagano sta per qualcosa molto slmile a lasagne o tagliatelle; e questo appunto è ciò che intendo per archeologia gastronomica. Laganum, dal greco laganon oggi ancora in Campania, in tutta la Magna Grecia si dice laganaturo per matterello, laganelle per tagliatelle) indicava delle strisce di pasta arrostite e poi buttate nelle zuppe di legumi o altro. Da parte sua Apiclo dà la ricetta di strisce di pasta fritte nell'olio e poi condite con pepe e garum, che era una specie di salsa, o unguento, fatto con le interiora di pesce macerate; doveva essere una cosa nauseabonda per il nostro palato, ma insomma quel piatto era anche un antenato dei nostri spaghetti con ie acciughe. E poi gli spaghetti, cioè la pasta secca, col buco, arrivò molto dopo; la portarono probabilmente gli arabi nel primo Medioevo. Ma noi, tornando all'età romana, possiamo notare che la tecnica di friggere quelle strisce di pasta, anziché arrostirle, raporesenta una forma naturale di evoluzione. Oggi, nel Salente estrema punta d'Italia in faccia alla Grecia, si usa ancora la zuppa di ceci che piaceva a Orazio, con una specie di tagliatelle prima fritte e poi buttate dentro la pentola. In un'altra terra Italiana legata alle tradizioni mediterranee più antiche, in Lunigiana, si trovano anche queste strisce arrostite sul dischi di coccio (in latino testum, e perciò le paste si chiamano testarol), poi lessate, condite con olio e sale oppure col pesto. Nel Salento Invece queste tagliatelle primordiali si chiamano trii. per una curiosa sovrapposizione linguistica. Gli arabi chiamavano itryia la pasta secca, tipo vermicelli; e questo nome coprì anche la pasta fresca. Aliciotti con l'indivia — Per sei persone: un chilo di alici, indivia secondo necessità, sale, pepe, uno spicchio d'aglio, olio di oliva. Ci vuole l'indivia bianca, abbondante, lavata bene, tagliata in modo da utilizzare solo i cuori, a pezzi lunghi circa 5 cm. Le alici vanno spinate, pulite, lasciate un poco sco¬ lare, cosparse di sale e pepe. Finalmente, ungete d'olio una teglia, lasciate sul fondo lo spicchio di aglio pestato, ma intero, poi fate uno strato di indivia, uno di alici, un altro di indivia, un secondo di alici, un terzo e ultimo di Indivia, bagnate abbondantemente di olio, e solo a questo punto mandate in forno per una cottura non troppo lunga, che non rinsecchisca questa sorta di gustosissima torta: buona tiepida, meglio ancora fredda. Ciceri e trii alla salentina — Per sei persone: 300 gr di laganelle, : 300 gr di ceci secchi, mezzo cuc-' chialo di bicarbonato, una cipolla, uno spicchio d'aglio, un gambo di sedano, una foglia di alloro, due o tre pomodori maturi, prezzemolo, olio di oliva, sale, pepe. Ecco una versione moderna del piatto celebrato da Orazio. Lasciate i ceci dodici ore a bagno nell'acqua, col bicarbonato e mezzo cucchiaio di sale grosso. Ben scolati, metteteli a cuocere in pentola (possibilmente di coccio) con acqua abbondante e la foglia di alloro. A metà strada — piccolo segreto, — scolateli ancora, e rimetteteli a cuocere In altra acqua bollente (tenuta pronta allo scopo) più cipolla, aglio, sedano, prezzemolo tritati, i pomodori tagliati a filetti (sempre ricordando, però, che arrivarono da noi dopo la scoperta dell'America). Intanto avrete preparato, e anche lasciato asciugare un po', le laganelle, ricavate da una semplice sfoglia di farina e acqua, tagliata a pezzi piuttosto larghi e corti. Friggete le laganelle, e con tutto l'olio versatele nella pentola dei ceci, prossimi a cottura: qualche rigirata, vedrete che zuppa. Vincenzo Buonassisi i

Persone citate: Cassola, Ciceri, Vincenzo Buonassisi

Luoghi citati: America, Campania, Grecia, Italia, Salento