Lunghe notti di paura sul mare per molti trafficanti di sigarette

Lunghe notti di paura sul mare per molti trafficanti di sigarette INCHIESTA SUL CONTRABBANDO IN EUROPA Lunghe notti di paura sul mare per molti trafficanti di sigarette I contrabbandieri del Nord si sono trasferiti sull'Adriatico con mezzi e denaro - Qui combattono lunghe battaglie coi rivali - Gli "scafisti" trasportano i carichi dalle navi alla costa: 350 mila lire a viaggio (Dal nostro inviato speciale) Brindisi, 18 luglio. Lungo il litorale da Savelletri a Brindisi, ogni notte si combatte una battaglia silenziosa fra i veloci motoscafi dei contrabbandieri e le vedette della Finanza. Questi cinquanta chilometri circa di costa sono diventati il centro focale del contrabbando pugliese: di notte la spiaggia si anima, nelle insenature, negli anfratti, in nascoste aperture, improvvise rapide luci in movimento, segnali rivolti alle barche sul mare, mentre auto e camion si muovono rapidi su sentieri appena tracciati e gli autisti, con occhi di gatto, guidati soltanto dalla luce delle stelle, si destreggiano con i loro ingombranti automezzi tra massi e sterpi. I trafficanti di sigarette del Nord si sono spostati sulle coste dell'Adriatico con tutta l'imponenza di mezzi e denaro delle loro organizzazioni: ridotto praticamente a zero il contrabbando con la Svizzera (non più redditizio per la svalutazione della lira e l'alto costo delle sigarette acquistate in territorio elvetico), si sono spinti in Puglia, dove fino all'anno scorso il contrabbando veniva esercitato soltanto da qualche trafficante locale con lenti barconi da pesca, o dai contrabbandieri napoletani che, scacciati dal loro golfo dai siciliani e dai marsigliesi, tentavano la sorte sull'altra sponda. Poco meno di settanta miglia separano le coste pugliesi dal litorale jugoslavo, dove si trovano i depositi dei massimi trafficanti di sigarette: una distanza che le navi contrabbandiere coprono agevolmente in una giornata di navigazione. Aerei della Guardia di Finanza, nelle loro perlustrazioni giornaliere, segnalano quotidianamente la presenza di queste grosse navi che si avviano verso i luoghi dell'appuntamento, a circa 20, 25 miglia dalle coste italiane, abbondantemente al di fuori del limite delle acque territoriali (di 12 miglia), dove al calar della sera verranno raggiunte dalle veloci imbarcazioni dei contrabbandieri. Le navi-madri Ho visto alcune fotografie scattate dagli osservatori aerei: sette, otto navi scaglionate su una lunga fila, a meno di due, tre miglia una dall'altra, ferme in attesa della notte e dei motoscafi provenienti dalla costa italiana. Ogni nave porta, in media, cinquemila casse di sigarette, cinquanta tonnellate di «Tle» (tabacchi lavorazione estera) per un valore di circa quattrocento milioni, che diventano sette, ottocento nel momento stesso in cui le sigarette arrivano a terra. Il loro valore, infatti, si raddoppia durante il viaggio, nel breve tratto (20, 30 miglia) che percorrono a bordo di motoscafi che le trasportano dalla nave madre alla spiaggia. Per i trafficanti i guadagni sono enormi (in grado di compensare anche i « colpi » andati male, i carichi sequestrati, i motoscafi confiscati dalla Finanza) e fra le varie organizzazioni si è scatenata una vera e propria guerra per aggiudicarsi l'esclusiva del traffico. In Puglia, i contrabbandieri « comaschi » (così vengono genericamente indicati tutti quelli venuti dal Nord), napoletani e marsigliesi si contendono la supremazia nel settore. Ma già s'affacciano minacciosi i siciliani (che hanno da tempo imposto la loro supremazia nel golfo di Napoli): per ora, questi ultimi non operano in grande stile nella zona, ma la loro presenza si sta facendo sempre più inquietante. Al « clan dei siciliani » viene attribuita la paternità di alcuni « colpi di mano », veri atti di pirateria, avvenuti in queste ultime settimane. II più recente, di cui si hanno soltanto notizie incomplete, voci raccolte nell'ambiente dei contrabbandieri, risale a una decina di giorni fa. Una notte dell'altra settimana, un motoscafo non incontra la nave madre nel luogo fissato per l'appuntamento. Dopo averla cercata invano, l'imbarcazione torna a terra. L'indomani la nave, un cargo greco, viene ritrovata da un altro battello contrabbandiere mentre va alla deriva in alto mare. L'equipaggio è legato (si dice che qualche marinaio fosse ferito, si è addirittura parlato di un morto); il carico, quattromila casse, sparito. Il comandante racconta che cosa è accaduto: quella notte, un'imbarcazione si è avvicinata sotto bordo. Conoscevano la parola d'ordine e l'equipaggio li ha lasciati accostare senza timore. D'improvviso, dalla nave misteriosa hanno abbordato il battello contrabbandiere: c'è stata una lotta furiosa, con spranghe di ferro e catene, poi sono stati sparati colpi di pistola. Sopraffatto, l'equipag¬ gio della nave greca è stato legato, la merce rubata. Chi erano gli assalitori? Siciliani, senza alcun dubbio. Per evitare il pericolo di essere aggrediti da contrabbandieri rivali e ridurre al minimo i rischi, i trafficanti hanno escogitato sistemi di controllo molto complicati. I motoscafi che arrivano dalla costa si mettono in contatto radio con la nave madre e si fanno riconoscere con parole d'ordine e frasi in codice che variano di volta in volta. Ricevuto il permesso di accostare, soltanto una delle persone imbarcate sui motoscafi può salire a bordo. Deve portare il « buono di consegna », un foglietto stampato in un certo modo, di cui metà è nelle mani del comandante della nave, che è stato rilasciato dal « fiduciario » dell'organizzazione al momento dell'acquisto e deve garantire l'autenticità dell'operazione. Poiché in passato qualche « clan » è riuscito a falsificare questi buoni, alcune organizzazioni usano come segnale di riconoscimento banconote da 50 dollari tagliate in due: metà è affidata al comandante l'altra al motoscafista. Esaurite queste formalità, la merce viene trasbordata. Ogni motoscafo può portare, secondo il tipo, da 60 a 150 casse. Ho incontrato uno dei più quotati scafisti della zona di Brindisi. Guadagna 350 mila lire per viaggio (se costretto ad operare in avverse condizioni di mare, il suo compenso può raggiungere anche il mezzo milione). Viene pagato al momento stesso in cui l'ultima cassa viene scaricata sulla spiaggia: se non riesce a portare il carico a terra, non riceve una lira. Mestiere che rende Sul motoscafo (un «Molinari ») con due motori da 500 Hp, in grado di raggiungere una velocità, a pieno carico, di circa 70 km, che appartiene all'organizzazione per cui lavora, si imbarcano altre due persone, i marinai, che ricevono 50-60 mila lire per viaggio, qualunque sia il risultato dell'impresa. Ha 23 anni, fa questo « mestiere » da quattro mesi, pensa di continuare ancora per parecchio tempo. « Finora mi è andata bene, dice, non sono mai stato preso. Due volte mi hanno intercettato ì finanzieri, ma me la sono cavata. Una volta, però ho dovuto buttare il carico in mare perché non riuscivo a distanziarli. Vuoto, il mio motoscafo è più veloce delle loro vedette ». In genere fa due viaggi alla settimana: tre-quattro ore di lavoro gli fruttano quanto un operaio guadagna in un mese e mezzo. Guadagnano molto meno e I rischiano allo stesso modo gli uomini della Guardia di Finanza impegnati nella lotta sul mare contro i trafficanti. Ho trascorso una notte su una delle più veloci unità della squadriglia di Bari, il guardacoste G13RD36: un battello costruito dai cantieri Baglietto di Varazze, 21 m di lunghezza, 40 tonn. di stazza, in grado di sviluppare una velocità di 37 nodi (circa 70 km). Dieci uomini di equipaggio più il comandante, maresciallo Giuseppe Leo, diciannove anni di servizio sul mare, un numero impressionante di missioni. Il maresciallo Leo, soprannominato « L'airone », dal nome in codice della sua unità, è uno dei più temuti dai contrabbandieri. La notte precedente a quella dell'imbarco, dopo un forsennato inseguimento ha raggiunto e catturato un motoscafo « Molinari » ed un gommone con 265 chili di sigarette. Da quando sono entrate in servizio queste nuove unità (tre operano lungo il litorale da Bari a Brindisi), per i contrabbandieri la vita è diventata difficile. « Qualche volta riescono a sfuggirci — dichiara — ma per farlo devono mollare il carico. Perciò un certo risultato lo otteniamo comunque». Partiamo alle 22 dal molo Pizzoli, all'interno del porto di Bari. Puntiamo verso il largo, navigando nella oscurità più completa. Nessuna luce è ac¬ cesa a bordo. «Facciamo come i contrabbandieri, ci nascondiamo nella notte», spiega il maresciallo Leo. In plancia il radarista tiene gli occhi incollati allo schermo del suo strumento, debolmente rischiarato da una flebile luce verdastra. Ai suoi piedi è sdraiata «Lola», la cagnetta portafortuna dell'unità. Dorme tranquilla: mi dicono che se ci sarà da abbordare qualche battello contrabbandiere, lei è la prima a saltare fuori bordo. Una esclamazione improvvisa: «Comandante, un'eco». Sullo schermo radar è comparso un puntino luminoso che si muove veloce parallelo la costa, sette, otto miglia davanti a noi. Un grido da prua Un grido da prua: la vedetta ha colto un riflesso sull'acqua. C'è una nota di disappunto nella voce: «E' un pescatore». Adesso la vediamo anche ad occhio nudo: una piccola barca da pesca, con lampara, a circa due miglia dalla costa. Si riprende la rotta di navigazione. Dalla cambusa si sprigiona un buon odore di caffè. Il primo della lunga notte. Per sei ore il battello va su e giù, guidato dall'occhio vigile del radar. Altri segnali, altri accostamenti veloci. Ma si tratta di falsi allarmi. Francesco Fornarì

Persone citate: Baglietto, Giuseppe Leo, Molinari