Due diversi dissensi dal pc di Mario Bonini

Due diversi dissensi dal pc Due diversi dissensi dal pc Gli anni difficili tra Lenin e Stalin nell'analisi d'un protagonista e d'uno studioso Jules Humbert-Droz: « L'Internazionale comunista tra Lenin e Stalin - Memorie di un protagonista 18911941 », Ed. Feltrinelli, pagine 323, lire 3800. Fernando Claudin: « La ftrisi del movimento comunista - Dal Comintern al Cominform », Ed. Feltrinelli, pag. 511, lire 5000. Uno degli intenti programmatici caratterizzanti — e coerentemente attuati — della « Biblioteca di storia contemporanea » diretta per Feltrinelli da Massimo L. Salvadori e Nicola Tranfaglia è quello di accogliere su un piede di parità il documento e l'analisi, la fonte scrupolosamente rispettata e la libera I ricerca critica, la memorialistica in presa diretta e la riflessione storiografica. La collana ha un anno di vita, ma offre già un ampio panorama di titoli e di temi dell'uno e dell'altro filone; e ciò non è segno di una politica editoriale a doppio binario, volta a catturare due distinti settori del pubblico che legge, ma d'una scelta metodologico-culturale illuminata e innovativa. Quasi a esemplificare le ragioni di questa scelta e a dimostrarne la validità, Feltrinelli ha pubblicato nella collana, a poche settimane di distanza, due opere che si prestano a una lettura parallela e comparativa perché, muovendo da punti di partenza diversi e coprendo archi temporali solo in parte coincidenti, anche se contigui, trattano del medesimo processo storico, e ne trattano da due angolazioni differenti e complementari: quella del protagonista e quella dello studioso. La distinzione fra HumbertDroz e Claudin non va intesa in senso letterale: il primo, politico profondamente coinvolto negli avvenimenti del suo tempo e dirigente investito per lunghi periodi di responsabilità di primo piano nella III Internazionale, fu anche un ferratissimo teorico del marxismo; il secondo, che da molti anni si dedica allo studio dei problemi teorici e delle prospettive politiche del movimento comunista, è stato anche militante di prima linea, e solo un insanabile dissenso, sfociato nell'espulsione dal partito comunista spagnolo, lo ha allontanato dalla politica attiva. I due autori, insomma, sono entrambi uomini di pensiero e d'azione: circostanze generazionali, biografiche e perso- nali li hanno portati a scrivere in chiave diversa, di testimonianza appassionata e autocritica l'uno, di analisi precisa e problematica l'altro. La differenza sostanziale fra i due autori, se mai, risiede nel fatto che mentre Humbert-Droz è uscito dal movimento comunista « a destra », Claudin ne è uscito « a sinistra». Ed è anche e soprattutto questa divaricazione di moventi a rendere dialetticamente complementari le due opere. Il libro di Humbert-Droz è una versione abbreviata e ridotta all'essenziale di un'opera autobiografica in più volumi, di mole assai maggiore, pubblicata in Svizzera, paese natale dell'autore, fra il 1969 e il 1972 (e quindi in parte postuma, oltre che incompiuta, perché Humbert- Droz è morto nel 1971). Ispiratosi, da giovane, alle concezioni umanitarie tipiche del protestantesimo svizzero-francese, Humbert-Droz aderì ben presto al partito socialista L'abbandono del tradizionale pacifismo e neutralismo da parte della II Internazionale dopo la scoppio della Grande Guerra lo spinse ad entrare nel movimento comunista, e come rappresentante del minuscolo partito del Lavoro elvetico egli si recò, subito dopo la rivoluzione russa, a Mosca ove, dal 1921 al 1931, fu uno dei segretari della III Internazionale insieme a Rakosi e Kuusinen. Rappresentante tipico, e fra i più autorevoli, della vecchia guardia del Comintern, fu anche, con Angelo Tasca, uno dei primi a dissentire dalla linea staliniana. Non se ne dissociò apertamente: troppo forte era il vincolo della disciplina di partito, troppo esasperato il convincimento di dover anteporre a ogni dissenso la causa della rivoluzione. Amico di Bucharin, Humbert-Droz si rifiutò, nel suo intimo, di credere alle mostruose accuse di complotto rivolte nel 1938 al leader della «destra». La tragica vicenda delle purghe lo piombò in una disperazione profonda, che però non esplose in ribellione. La narrazione si arresta alla vigilia della rottura definitiva con Stalin, avvenuta nel 1942; e solo in queste memorie, scritte a tanti anni di distanza, l'autore si domanda: «La fedeltà al partito e alla rivoluzione non avrebbe potuto consistere nella pubblica denuncia, nel corso del processo stesso, dell'ignominia della polizia di Stalin, nel fare appello ai po- \ i orati e la rivoluzione un mau poli sovietici e ai comunisti del mondo intero per estirpare il cancro che portava il movimento comunista internazionale alla rovina e che di una burocrazia corrotta faceva la dominatrice assoluta di ciò che era stata la rivoluzione russa? ». L'interesse del libro, naturalmente, non consiste solo nell'angosciata autocritica dell'autore (che dal 1947 al 1958 fu segretario del partito socialista svizzero); e sarebbe impietoso osservare che l'atteggiamento di HumbertDroz al tempo delle purghe staliniane, come quello di tanti altri dirigenti comunisti che pure condannavano moralmente gli eccessi, avrebbe dovuto essere più esplicito anche prescindendo dalla « fedeltà al partito e alla rivoluzione »: il partito era già da anni una piramide di buro- soleo di memorie. Quello dell'abbandono, anzi del tradimento della causa rivoluzionaria, è il tema dominante dello studio di Claudin. I passaggi obbligati di que-sto tradimento, secondo l'autoro, sono da ricercare assai lontano nel tempo, prima ancora della scalata di Stalin al potere assoluto. Furono un tradimento della causa della rivoluzione mondiale, nel 1927, l'appoggio al Kuomintang e le pressioni sui comunisti cinesi perché entrassero in posizione subalterna nel movimento nazionalista di Chiang Kai-shek; fu soprattutto un tradimento, che portò « al più grande disastro dell'Internazionale comunista », la frantumazione di ogni resistenza alla linea di Thaelmann, pedissequamente fedele ai dettami staliniani nel partito comunista tedesco. Il trionfo di Hitler nel 1933 sancì tragicamente il disastro; né valse ad impedire che la furia hitleriana, otto anni dopo aver distrutto il partito comunista tedesco, si abbattesse sul « paese del socialismo », il patto germanosovietico del 1939. Claudin condanna risolutamente anche la svolta frontista del 1934, nella quale ravvisa un tardivo espediente tattico di Stalin per arginare l'espansionismo nazista; tardivo e anche inutile, se non dannoso. E dannoso fu anche un altro ripiego tattico di Stalin, lo scioglimento del Comintern per facilitare la collaborazione politica e militare con le grandi democrazie « borghesi ». Il risultato a breve scadenza fu l'atrofizzazione del potenziale rivoluzionario dei partiti comu- nisti occidentali; e il Cominform creato dopo la guerra, nonostante la sua vernice « dura » e le sue parole d'ordine intransigenti, legate alle necessità immediate della guerra fredda, non fece che perpetuare la paralisi. Nel secondo volume dell'opera, che sta ancora scrivendo, Claudin si propone di dimostrare come le svolte successive abbiano avuto il solo effetto di aggravare la crisi generale del movimento comunista. I fatti sono ambigui: possono dargli ragione o torto, a seconda che si considerino l'Urss o la Cina, il partito comunista italiano o quello francese, i partiti comunisti al potere o quelli all'opposizione, il comunismo ufficiale o i gruppi dissidenti. Su una cosa si può convenire: la rivoluzione mondiale non è una prospettiva storicamente delineabile, non è più una parola d'ordine, neanche a Pechino. Le rivoluzioni, \ quando devono accadere, ac- cadono; ma molte società le hanno eluse, o saltate: in Italia, bene o male, abbiamo una democrazia parlamentare senza aver mai decapitato un re e senza aver mai dato l'assalto a una Bastiglia; in Bulgaria o. ahimè, in Cecoslovacchia c'è il « socialismo », ma non si è dato mai l'assalto a un Palazzo d'Inverno. Mario Bonini Stalin, visto da Levine (Copyright N.Y. Revlew of Dooks. Opera Mundi c per l'Italia La Stampa)

Luoghi citati: Bulgaria, Cecoslovacchia, Cina, Italia, Mosca, Pechino, Svizzera, Urss