La breve vacanza che non può restituire il sorriso a un'infanzia difficile e amara di Gianni Bisio

La breve vacanza che non può restituire il sorriso a un'infanzia difficile e amara La colonia di Loano: tutto è organizzato, perfetto - Un po' troppo La breve vacanza che non può restituire il sorriso a un'infanzia difficile e amara Molti dei bambini vengono da famiglie divise, da tuguri miserabili: "Qui c'è lo specchio della città cresciuta troppo in fretta" - Servizi, cibo, pulizia: una comunità modello - Ma anche un'aria di collegio Un'organizzazione formalmente perfetta, In regola con tutte le disposizioni ministeriali sull'igiene e la profilassi per l'infanzia, ampi spazi, locali luminosi, attrezzature moderne, una spesa di circa mezzo miliardo all'anno. C'è tutt" alla colonia di Loano del Comune di Torino. Tutto tranne una cosa: 11 sorriso del bambini. Ne abbiamo avvertito la mancanza ad ogni passo: nel refettori, nei cortili, persino In spiaggia. Se non c'è proprio malinconia, nelle espressioni del bambini c'è almeno una certa apatia, come se fossero Indlifercnti a ciò che hanno intorno. « Buongiorno signora direttrice »: la cantilena si ripete cinque, dicci, venti volte mentre visitiamo l'edificio. Bambini e personale smettono di mangiare e scattano In piedi mentre passiamo per I refettori. Cibo ottimo, abbondante, variato (ci sono persino le pesche raccolte nel frutteto attiguo alla colonia) ma in ogni angolo si avverte quel particolare « odore di collegio » che intristisce un po' l'aria delle vacanze. La cucina è modernissima: vi regnano ordine e pulizia. La « tabella dietetica » è stata studiata dall'Istituto di fisiologia umana dell'Università di Torino. Tuttavia i piatti che ne escono, ammonticchiati sui carrelli, ricordano quelli delle corsie degli ospedali. Il cortile di fronte alla colonia, a ridosso della ferrovia, è tutto ricoperto d'asfalto: più igienico del terreno nudo, meno polveroso, ma certamente anche meno gradito ai bambini. La spiaggia: forse è la più bella di Loano (un fronte di cento metri per una profondità di trenta, sabbia), ma le restrizioni stabilite per il bagno — temperatura dell'acqua, velocità del vento, temperatura dell'aria — la rendono più simile ad un luogo di cura. I bambini non urlano, non si rincorrono, non giocano vioino all'acqua: si riuniscono a gruppetti all'ombra delle stuoie di paglia e scavano in silenzio interminabili gallerie con le mani. Non c'è neppure un pallone. Due ore e mezzo in spiaggia il mattino, meno di due ore il pomeriggio, un bagno — quando si può — sempre Inferiore ai dieci minuti. Nessuno si avvicina all'acqua tranne che nel momento del bagno: la battigia è "off-limits". Se sotto l'aspetto delle strutture ricettive, dei servizi, dell'igiene la colonia di Loano ha aspetti positivi, dal lato educativo le i r pecche sono molte, non tutte cu- rabili da un giorno all'altro. Ci ha detto una delle assistenti: « La colonia è il ritratto di una città cresciuta troppo in fretta: nell'infanzia i contrasti sono ancora più evidenti. Qui ci sono sia t torinesi (pochi), sia i frutti dell'immigrazione e dell'emarginazione. Per la maggior parte sono bambini difficili che escono per venti giorni da ambienti non certo felici e qui oggi non si fa nulla per aiutarli psicologicamente. Gli diamo da mangiare, li vestiamo, li teniamo al sole, li curiamo se ne hanno bisogno, gli I togliamo persino i pidocchi pri | ma che entrino in colonia ». Da vent'anni la colonia di Loano è diretta dalla dottoressa Satta Dice: «Non sono certo bimbi facili quelli che vengono qui. Abbiamo casi di denutrizione, insufficienze di vari tipi senza parlare delle turbe psichiche provocate dall'ambiente nel quale sono vissuti. Ci sono ragazzi perfettamente normali che vengono da famiglie del tutto normali accanto a bambini che finiscono qui inviati de. enti assistenziali. Ci sono figli di prostitute, bimbi con i genitori in carcere o appartenenti a fami- glie che non possono guardarli. Facciamo il possibile, sia d'estate con i turni in colonia, sia d'inverno con i bambini della scuola, e l'amministrazione ha sempre aderito alle nostre richieste. E' chiaro che non possiamo intervenire su tutti. Che possiamo fare per il bambino che, lasciata la colonia, torna a fare il lavoro di sempre: portare il caffè alle prostitute sulla strada o vendere loro le cassette usate della frutta per scaldarsi d'inverno? E per quelli che tornano con i genitori che si picchiano tutti i giorni?». Alle spalle di molti del bambini di Loano ci sono brutte storie: è difficile sorridere in questo caso e un ambiente perfettamente asettico, regolato sull'orologio, non contribuisce certamente a far dimenticare quello che si è lasciato in città. Le squadre, le file, la divisa, l'aattenti» e il «riposo», un ordine quasi militaresco non cambiano nulla. Bambini e bambine sono vestiti allo stesso modo, come uguale è il taglio del capelli. Una uniformità che non genera sicuramente allegria, anche se è legata ai soliti, ben precisi, «motivi igienici». Il dialogo con 1 bambini non è facile. Sono chiusi in difesa, rispondono senza far ricorso alla fantasia con frasi brevi. Eddy, 6 anni, dice: «E' utile stare staccati dalla famiglia qualche volta e poi qui si può giocare in cortile, a Torino lo posso fare soltanto sul balcone». Gianni, 8 anni, aggiunge: «Qui non mi picchiano. A Torino se riesco ad andare ai giardinetti devo giocare da solo perché gli altri non mi vogliono. Mia madre non può accompagnarmi perché lavora e così mi porta una vicina di casa, ma io non posso fare mai quello che voglio perché comandano gli altri bambini». Il tema del gioco e delle vacanze non li interessa. Quando si fanno domande su quel che hanno fatto dopo la fine della scuola la risposta è unica: «Sono andato ai giardinetti». Se poi si approfondisce la questione si scopre che «giardinetti» sono anche la strada sotto casa, la riva del fiume vicino alle discariche. Ci sono anche i figli dei divorziati o dei separati. Giorgio, 8 anni, dice: «Non li ho mai visti assieme: mia madre è infermiera a Torino, mio padre lavora a Roma. Dicono di volermi sempre in vacanza, con loro, ma io finisco semjpre in colonia o in campeggio. Per fortuna qualche volta posso andare da mia nonna, in Val di Susa. Almeno vado a letto quando voglio. Qui sul più bello che gioco bisogna andare a dormire». Rossetta, 8 anni, preferisce la colonia di Loano a quella dove è stata mandata lo scorso anno, a Noli: «Qui ci fanno andare subito in cortile a giocare. Peccato che non sempre ci facciano fare il bagno». E una volta finito il soggiorno a Loano? «Spero dt andare ad Avigllana con la mamma. Mio papà vuole lavorare ad agosto, ma almeno la domenica verrà a trovarmi». Filomena, 11 anni, ha I genitori separati. E' nata in Germania, a Stoccarda, e la ricorda con nostalgia: «Se fossi ancora lassù non andrei in colonia, starei sempre con mia mamma. Lo scorso anno ci sono riuscita perché lei è andata a lavorare al mare, in una colonia, come aiuto cuoca. Ormai stare in questi posti non mi fa impressione. D'inverno sono alla Sacra Famiglia, mio fratello alla Casa Benefica. Ma abbiamo già girato altri collegi: non ci fa effetto vivere in questo modo; qua non si sta mica male. Mio fratello preferisco non vederlo, è in un altro cortile. Lui va d'accordo troppo con mio padre; non si ricorda quando da piccoli ci picchiava». Ancora con altri ragazzi abbiamo parlato: Roberta, Marino, Flavia. Contenti perché possono giocare, non osano quasi protestare perché in spiaggia devono stare lontani dall'acqua. SI guardano intorno per vedere se qualcuno li sente. Non si riesce a comprendere se la loro aria pensosa è dovuta a quel che vorrebbero fare (e che è vietato) o a quello che troveranno quando, finito il turno in colonia, ritorneranno a Torino. Gianni Bisio Pasti abbondanti, pulizia scrupolosa, locali luminosi: ma c'è aria di collegio

Persone citate: Satta