Cipro l'isola dilaniata di Alfredo Venturi

Cipro l'isola dilaniata UN ALTRO PUNTO CALDO NEL MEDITERRANEO Cipro l'isola dilaniata Vent'anni di guerriglia, attentati e minacce - Il doppio scontro fra greci e turchi Da Radio Nicosia gl'insorti parlano di Repubblica ellenica, e forse i guerriglieri di Grivas, orfani da sei mesi del loro capo leggendario, sentono di aver fatto un gran passo verso il traguardo della loro seconda insurrezione, la mitica enosis, il ritorno alla patria greca. Ma in questo pezzetto d'Asia, fra i più tormentati dell'immenso continente che dal mar greco arriva fino al Pacifico, non tutti sognano l'enoszs. Non ne vogliono sentir parlare i ciprioti di lingua turca, che sono più di centomila, cioè all'incirca il venti per cento della popolazione: il loro atteggiamento rappresenta uno degli enigmi dell'attuale situazione. Non ne vogliono sentir parlare, ancora, quei ciprioti di lingua greca per i quali la tormentata, gestione dell'« etnarca » Makarios, nonostante tutti i difetti e la perenne insicurezza soprattutto, rappresentava la sola vera soluzione, razionale e politica, del problema di Cipro. Unica soluzione razionale, perché bene o male prende atto dell'unicità di questa isola mediterranea, che la storia ha voluto bilingue oltre che così drammaticamente situata nel cuore della grande area conflittuale euroasiatica. Unica soluzione politica, se non altro, per un semplice gioco di esclusione, per il rifiuto dell'attuale modello ateniese che così emblematicamente rinnega l'antico, creatore di democrazia. Le notizie diffusesi poche ore dopo la presa di poi^ere da parte degli ufficiali — greci — della guardia nazionale, le testimonianze ohe parlano di accanita resistenza della polizia — greco-cipriota e « makarista » — alla rivolta dei pretoriani ateniesi, sembrano confermare che quest'ultimo fattore, l'atteggiamento dei greci democratici e indipendentisti, ha un impatto superiore alle rozze analisi dei colonnelli. Tutti coloro cne si sono occupati delle vicende di quest'isola su un punto si sono trovati d'accordo: nella constatazione che la presenza ad Atene di un regime « forte », e proprio per questo ansioso di gettare successi internazionali su un piatto della bilancia politica, così alleggerita sull'altro di diritti e libertà civili, non rappresentava certo per Cipro un elemento di stabilità. La presenza fisica degli ufficiali greci nell'isola, come quadri di comando del piccolo esercito locale secondo gli accordi internazionali che stabilirono l'indipendenza di Cipro, era indicata da tempo come il possibile elemento di rottura. Che dire, di fronte a questa concordanza di analisi, dell'improvvisa decisione di Makarios, che pochi giorni fa chiedeva al governo di Atene il richiamo di centinaia di ufficiali? Pochi giorni fa, cioè nel pieno di un pericoloso conflitto fra greci e turchi sulla questione dello sfruttamento petrolifero nell'Egeo orientale, e per giunta in un momento di crescente isolamento internazionale del regime ateniese, sempre meno « presentabile » per i suoi alleati, sempre meno tollerato dagli stessi americani. Il leggendario fiuto politico dell'» etnarca » ha dunque conosciuto un'occasionale, vistosissima eclisse? O si tratta forse di un calcolo sottile (la Grecia non può intervenire, proprio perché isolata, proprio perché già in crisi con la Turchia) fallito pro¬ ta aohi rdi eta nnone eaaglooa e ea, si o¬ prio per l'imperizia politica dell'altra parte? Negli Anni Cinquanta, il problema di Cipro non era così complesso. Era, semplicemente, il problema di un popolo in cerca della sua sovranità. C'erano due figure emblematiche e trascinatrici, il giovane arcivescovo, capo della locale chiesa ortodossa, e l'eroe leggendario, l'inafferrabile Georgos Grivas. Duro teorizzatore della guerriglia popolare (la « guerra della pulce », che attacca sempre e sempre si ritira, che distrugge i nervi all'avversario, lo dissangua, che evita gli scontri campali e tiene impegnati interi eserciti, che rende inopportuna, perché costosa in termini umani ed economici, la permanenza dell'invasore) aveva riunito alcune centinaia di uomini decisi a tutto nell'Eoka (Ethniki Organosis Kyprion Agoniston, organizzazio¬ ne nazionale dei combattenti ciprioti). Si arrivava così al trattato anslo-greco-turco del febbraio 1959, che riconosceva l'indipendenza di Cipro. Agli inglesi restavano due munitissime basi aeree, che facevano salvo il principio della irrinunciabilità strategica dell'isola. Fra greci e turchi, interveniva l'alchimia dei costituzionalisti. Si delineava una struttura organizzativa statale unica, che riproduceva negli organismi di potere la divisione etnica di Cipro. Un presidente di lingua greca, un vicepresidente turco; sette greci e tre turchi nel consiglio dei ministri, trentacinque greci e quindici turchi alla camera, e così via fino ai consigli dell'amministrazione locale. Questa singolare coesistenza costituzionale durava poco più di due anni, fra crescenti tensioni dovute principalmente al fatto che la minoranza turca restava, da ogni punto di vista, minoranza. Così i rappresentanti turchi negli organismi costituzionali si ritirarono, e mentre le due fazioni si affrontavano armi alla mano, doveva intervenire nell'isola un robusto contingente dell'Orni a separare le due comunità. Cipro indipendente diventava, così, l'isola dei ghetti e del filo spinato, il Paese in cui i cittadini non erano liberi di spostarsi a loro piacimento da un punto all'altro. E mentre Grivas con i suoi accesi sostenitori proclamava la necessità storica e politica dell'enosis, il saggio Makarios si tirava indietro, parlava di neutralità e non allineamento, si poneva come campione di equilibrio, paternalista e « terzomondista ». Finché, nel '71, Grivas e i suoi scendevano di nuovo in campo, e ricominciava la tradizionale litania di scoppi e sparatorie. Ormai consumata fino in fondo l'inevitabile rottura, Makarios affidava la difesa della legalità ad una polizia convenientemente epurata, che tacesse da contrappeso all'esercito controllato da Atene. Ma l'offensiva greca tentava altre vie, come quella del sinodo ortodosso che invitava Makarios a scegliere fra le sue cariche religiose e quelle costituzionali. Pochi mesi dopo, ormai nel gennaio di quest'anno, moriva Grivas col suo sogno insoddisfatto. Ma sopravviveva, dall'altra parte del mare, la volontà di rendere Cipro, ad ogni costo, un'« isola ellenica » al cento per cento. Alfredo Venturi Nicosia. Nicolas Sampson, presidente degl'insorti, nel '64 quando si diffuse la notizia della morte di Makarios (Ap)

Persone citate: Nicolas Sampson