"Banditi balordi, ma capaci di fare strage, se scappavo,, di Luciano Curino

"Banditi balordi, ma capaci di fare strage, se scappavo,, Berrino aveva paura anche per i familiari "Banditi balordi, ma capaci di fare strage, se scappavo,, Un giorno gli agenti erano vicinissimi: "Se scappi — dissero — prima a te, poi ai tuoi" - Il capo della banda era un tipo deciso, un "duro" (parlava torinese), gli altri sembravano "un'armata Brancaleone" (Dal nostro inviato speciale) j Alassio, 13 luglio. «Essere a un tiro di schioppo da casa, e non potere fare nulla. Avere l'isola Gallinara sotto gli occhi e sentire le auto correre sull'Aurelia, e non potere fare nulla. Creda, si impazzisce di rabbia», dice Mario Berrino. Un'altra ragione di rabbia: avere la sensazione di essere prigioniero di una specie di banda di ladri di polli a cui è andata maledettamente bene. Tutta la fortuna dalla loro parte. Nella troppo lunga storia dei sequestri il «caso Berrino» è eccezionale per la prigione scelta dai rapitori e per le caratteristiche della banda. Eccola, la prigione. Un folto bosco di pinastri e di roveti. E' all'altezza del porticciolo, cento metri sopra la vecchia strada di Sant'Anna al Monte. Per una beffa della sorte, questa zona si chiama «Prigioni», perché qui c'era (e restano tracce) un antico carcere alassino. Poco sotto passa la strada romana. Dice Berrino: «Mi hanno rapito e mi hanno incappucciato perché non mi orientassi. Quando siamo arrivati e mi hanno tolto quel cappuccio mi sono viste davanti tutte le luci del Golfo di Alassio». Le emozioni sono state forti. Lo struggente pensiero della casa e della famiglia appena oltre quel monte. La speranza che, prima o poi, polizia o carabinieri sarebbero arrivati quassù, ma anche angoscia perché, in questo caso, ì rapitori avrebbero reagito. Un paio di volte ha avuto l'impressione che gli uomini impegnati nelle ricerche fossero vicini. Stessa impressione devono avere avuto ì rapitori, perché si sono dimostrati nervosi e avevano le pistole pronte. Poco sotto c'è il campeggio «La vedetta». Le voci salivano fino a Berrino, ed era una sofferenza sapere che a pochi minuti c'erano un centinaio di persone libere e spensierate. Gente che, tra altre chiacchiere, parlava del «rapimento di Alassio». Sarebbe bastato un grido: «Ehi, sono Berrino» per farsi sentire. Ma poi? Passava basso l'elicottero dei carabinieri, ma da lassù non si potevano scorgere rapitori e vittima, per il tetto foltissimo di vegetazione. Viene il pensiero di sfilarsi la camicia e agitarla, richiamare l'attenzione. Ma poi? Berrino aveva capito con chi aveva a che fare. Una banda di sei o sette. Tranne uno, certo il capo, con le idee chiare e i nervi a posto, tutti parevano tipi balordi, raccogliticci e sprovveduti, una specie di «armata Brancaleone del sequestro». Avevano l'aria di trovarsi in un gioco molto più grosso di loro. L'avvocato Ricci, legale di Mario Perrino, dice: «I rapitori gli hanno raccontato un mucchio di cose della loro vita. Ore e ore nella solitudine del bosco danno il via alle confidenze. E questa voglia di parlare rivela un abbassamento psicologico del livello di guardia... E soltanto banditi di mezza tacca sono ciarlieri e si lasciano andare a confidenze che potrebbe nuocergli». C'era chi (accento torinese) pareva cercare comprensione: «Sa, ho famiglia...» e giù a parlare della moglie. Un altro: «Cosa vuole, ho sbagliato tutto nella vita, non me ne è mai andata bene una...». Erano premurosi: «Dica se vuole una bistecca, un pesce. Che vino preferisce: glielo porteremo». Spesso lo rassicurava- no: «Stia tranquillo, al massimo venerdì sarà a casa». Banditi dimessi e che sembravano sempre sul punto di chiedere scusa, e dai nervi fragili. Ma sono i più pericolosi. Si preoccupavano di dire: «Non vogliamo fare del male, ci interessa solo fare soldi», ma Berrino capiva che avrebbero perso la testa e avrebbero sparato al primo pericolo. Questa è anche la convinzione di inquirenti impegnati nel caso. E l'avvocato Ricci dice: «Ritengo che se lassù fosse arrivata la polizia ci sarebbe stato un conflitto a fuoco». La notte Berrino veniva legato con una catenella ad un tronco. Una volta, più che altro, per sfida, ha spezzato la catena. La reazione dei rapitori è stata sproporzionata: «Berrino, se scappi faremo una strage: te e i tuoi». Nervosi con le pistole, impaurivano davvero. Ma dopo poco, rinfrancati, erano di nuovo premurosi: «Se vuole la bistecca...». «Mangio quello che mi date». Scatolette e frutta. La notte sotto le stelle era fredda e le coperte da campeggio erano insufficienti (Berrino soffre ora di bronchite) e caldo il giorno. «Non si sono mai tolti il cappuccio e con quella roba infilata in testa fino alle spalle, sudavano, facevano pena». Vedeva il bel mare e le barche. Sentiva il traffico sull'Aurelia e le risate dei campeggiatori. Ma se avesse fatto un passo verso la libertà, gli sarebbero saltati addosso, frenetici com'erano, forse avrebbero anche sparato. E quello che faceva più rabbia è che i rapitori sembrano banditi da quattro soldi. Meno uno, il capo. Però i gregari formavano una banda scalcagnata, aiutata da un'incredibi¬ le dose dì fortuna, ma scalcagnata e stupida. Tanto sprovveduti, questi banditi, da por. tare via al Berrino l'orologio •e il portafogli, che conteneva : quasi nulla. Sicché, se scoper! ti e arrestati, non saranno condannati soltanto per «sequestro a scopo di estorsione» ma anche per rapina, cioè un altro bel po' dì anni di car cere. Luciano Curino Paolo Borgna sua amica arrivano in questura

Luoghi citati: Alassio, Brancaleone