Le lunghe mani della mafia preparano i vini "siciliani,,? di Guido Guidi

Le lunghe mani della mafia preparano i vini "siciliani,,? Lo scandalo delle sofisticazioni enologiche nell'isola Le lunghe mani della mafia preparano i vini "siciliani,,? Implicato nell'illecito commercio un nipote del "boss" Frank Coppola - Anche Luciano Liggio nel "giro"? - E' sufficiente investire 50 milioni per guadagnarne non meno di 400 (Dal nostro inviato speciale) Palermo, 12 luglio. Lo scandalo dei vini siciliani sofìstdeati potrebbe costituire un nuovo argomento di indagine per la commissione antimafia. Il suggerimento è del sottosegretario all'Agricoltura on. Elvio Salvatore, l'ipotesi è tutt'altro che eventuale. Ovviamente, il problema verrebbe esaminato dai parlamentari non per i suoi risvolti giudiziari, ma nel quadro del fenomeno mafioso. La circostanza che un nipote di Frank Coppola sia implicato in questo commercio con vino che non è vino legittima il sospetto che alle spalle possano muoversi personaggi molto più importanti. Il sottosegretario all'Agricoltura, durante un colloquio con alcuni giornalisti, ha avanzato il sospetto che addirittura si potrebbe arrivare anche a Luciano Liggio. « A togliermi ogni dubbio — ha detto l'on. Salvatore esprimendo così un proprio parere personale — circa la presenza della mafia nel traffico del vino sofisticato vi è l'episodio della nave cisterna Donatella Jevoli sequestrata nel porto di Anzio con 10 mila quintali di vino. Il prodotto è stato controllato a Roma ed è risultato sofisticato: dall'analisi di revisione compiuta a Palermo invece il prodotto è risultato genuino ». Da qui il sottosegretario deduce la presenza della mafia. E' piuttosto sintomatico, per esempio, che un mafioso di Bagheria, Tommaso Scaduto, fuggito dal soggiorno obbligato all'Asinara, sia coinvolto in questo affare destinato, sembra, ad assumere proporzioni gigantesche e che un nipote di Frank Coppola abbia venduto a Partinico una grossa partita di vino sul quale grava il sospetto legittimo della sofisticazione. Un'altra coincidenza, però, autorizza a supporre che la mafia abbia assunto da tempo il controllo della situazione: questa via del vino sofisticato è lastricata d'oro. Si pensi soltanto un dettaglio: è sufficiente investire 50 milioni per guadagnarne non meno di 400 nel giro di quindici giorni o al massimo di un mese. «Si calcola — ha ammesso il maggiore della Guardia di Finanza, Marcello Tani — che dalla provincia di Trapani soltanto, in otto mesi, siano usciti qualcosa come 3 milioni di ettolitri di vino che non è vino». In sostanza, cioè, secondo un calcolo approssimativo per difetto e non per eccesso, questo significa un guadagno netto per i falsificatori, fra settembre e maggio scorsi, non inferiore a 18 miliardi di lire. Ir. questo momento, però, tutto sembra fermo nella zona della Sicilia occidentale che si estende fra Partinico, Alcamo, Marsala, Mazara del Vallo, Trapani. Audaci, ma nient'affatto disposti a superare i limiti di sicurezza, gli «industriali» del vino sofisticato hanno preferito andarsene in vacanza. Gli interessati, in verità, escludono che possa accadere loro qualcosa e non fanno alcun mistero di questa loro grande sicurezza: «La chimica è dalla nostra parte — dicono — la legge ci permette di stare tranquilli. Questo pretore faccia tutte le indagini che vuole: ma può spiegarci come farà a trovare le prove? Avrebbe soltanto un sistema: coglierci nel momento in cui stiamo lavorando. Ma chi glielo va a raccontare?». Un modo come un altro per sostenere che fanno grande affidamento sulla chimica, sulla legge ma soprattutto — e da queste parti è abbastanza normale — sulla omertà. Per fabbricare il vino sofisticato sono necessari pochissimi ingredienti ed una attrezzatura abbastanza rudimentale: zucchero ed acqua innanzi tutto; un po' di vinaccia (e cioè il residuo solido che rimane dopo la spremitura dell'uva) che può essere sostituita anche da alcune cartine coloranti; un enzima tratto da malto dell'orzo: l'invertasi; un serbatoio e qualche ora (al massimo un giorno) a disposizione. La vinaccia serve a dare il colore e una parvenza di sapore a quello che dovrà sembrare vino; lo zucchero con l'aiuto dell'invertasi si trasforma prima in saccarosio, poi in glucosio ed infine in alcool. Scoprire lo zucchero significa avere la prova che il vino è sofisticato. Ma le analisi hanno dato sinora risultati positivi soltanto se le indagini vengono compiute subito ed il campione di vino sequestrato sia stato trattato con uno specifico reagente: altrimenti lo zucchero si trasforma in alcool e la prova principe scompare. «Se però — mi avverte un tecnico palermitano che sulle frodi alimentari ha compiuto centinaia di controlli — chi compie ì prelievi sbaglia la dose di reagente, e spesso sbaglia o perché è incapace o perché vuole sbagliare, il chimico si trova di fronte a qualcosa che non è più acqua con zucchero, ma soltanto alcool. Ammettiamo, comunque, che l'analista sia fortunato e trovi 10 zucchero: il produttore disonesto ha diritto ad un controllo della prima analisi e presenta ricorso. Perché questa seconda indagine chimica possa essere compiuta trascorreranno sei giorni almeno: nella più ottimistica delle ipotesi. Bene: nel frattempo, 11 processo di fermentazione si sarà completato e il chimico n. 2 sì troverà di fronte soltanto ad alcool e sarà costretto a smentire il collega dal quale è stato preceduto. Di conseguenza, il produttore tornerà in possesso del suo vino che pur essendo sofisticato avrà acquistato la patente ufficiale di essere genuino che non meritava davvero». La legge: il suo meccanismo sembra perfetto per tutelare il consumatore da qualsiasi eventuale truffa. Ma si tratta di una perfezione alla quale i produttori (diciamo anche: i mafiosi) hanno opposto un marchingegno che seppure con qualche sforzo ha dato sinora «ottimi» risultati. Ogni produttore è obbligato, infatti, a denunciare la quantità del suo vino e se vuole venderlo deve esibire talune bollette d'accompagno. Nella zona del Trapanese, soprattutto, si è scoperto che vino e bollette possono essere venduti in due momenti diversi a due acquirenti diversi con la conseguenza di avere un duplice guadagno. Chi acquista le bollette (ma non il prodotto) può vendere il suo vino sofisticato senza che nessuno possa contestargli qualcosa: può dimostrare di avere ceduto del vino autentico acquistato realmente da un produttore. Che fare in queste condizioni? Bisognerebbe esercitare un controllo diretto, costante, dettagliato della zona: a Partinico si dice che non vi sia un'abitazione che non abbia uno scantinato adattabile a distilleria; ad Alcamo ogni ca¬ solare viene trasformato per l'industria del vino sofisticato: e così a Campobello, a Mazara del Vallo, a Marsala. Ma chi può esercitare questo controllo se l'ufficio repressioni frodi alimentari di Palermo dispone di 10 funzionari per quattro province (Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta) e il nucleo antisofisticazioni di appena quattro o cinque marescialli dei carabinieri? E' da almeno tre o quattro anni che si parla di scandalo: i produttori onesti sono tre o quattro anni che protestano. Ma nessuno è mai intervenuto. «Forse perché qualcuno he interesse a mantenere in piedi questa situazione — commenta maliziosamente il senatore Lodovico Corrao, comunista, di Alcamo — E' possibile, infatti, che nessuno di quelli preposti ai controlli abbia assunto una qualsiasi iniziativa? Si parla tanto di mafia: è possibile. Ma se la mafia è un fenomeno di attività illecite collegate al potere politico, giudiziario ed amministrativo come mai sinora non è stato punito un ufficiale della guardia di finanza, un ufficiale dei carabinieri, un funzionario dello Stato o della Regione siciliana, un giudice o addirittura un deputato? Nel dicembre scorso una nave carica di vino è partita da Castellammare del Golfo: a Tolone il carico è stato rifiutato perché il vino non era genuino e la nave è tornata al porto d'origine. Come mai nessuno è intervenuto per controllare il motivo per cui la Francia non ha voluto il vino siciliano? Ho presentato un'interrogazione al Senato: il ministro dell'Agricoltura non mi ha mai onorato di una sua risposta». Che qualcosa, infatti, in questa zona della Sicilia non abbia funzionato perfettamente negli uffici che avrebbero dovuto procedere ai controlli è fuori di dubbio. E' possibile, infatti, che a nessu¬ no sia mai venuto il sospetto per quale motivo nella Sicilia occidentale si sia consumato tanto zucchero come in nessun'altra zona? Lo zucchero è l'ingrediente determinante per sofisticare il vino. Ebbene: nel Trapanese, durante il 1973, sono arrivati 21 milioni di chili di zucchero per cui, salvo errore, ogni abitante ne avrebbe consumati 53 kg invece dei normali 15 kg. A Partinico, addirittura, secondo un controllo del prodotto acquistato nella zona, ogni abitante avrebbe consumato ben 15 chili di zucchero al giorno. Come mai a nessuno è sorta l'idea di fare un controllo? In fondo Partinico non è> Parigi. A Marsala, poi, per colpa dello zucchero o quasi è morto un uomo: si chiamava Gaspare Alagna, aveva 31 anni ed è stato ucciso con un colpo di pistola mentre in auto era in compagnia di un suo amico, Carlo Saladino. A sparare fu un certo Gaspare D'Amico che, per una singolare coincidenza, anche lui come gli altri è un commerciante di zucchero. Guido Guidi