Inflazionare l'inflazione? di Alberto Ronchey

Inflazionare l'inflazione? ULTIME NOTIZIE DAGLI STATI UNITI Inflazionare l'inflazione? Intervista con Paul Samuelson, voce autorevole nel gran dibattito sulla "doppia malattia" del ristagno e della crisi inflazionistica - Lucida diagnosi di cause e conseguenze d'un male che governi e scienza economica sembrano non riuscire a curare I ciliare la produzione con Ve (Dal nostro inviato speciale) Boston, luglio. In Harvard Square gli studenti suonano flauti e violini, come sempre, anche se a Boston piove, come sempre. Al dipartimento d'economia del Massachusetts Institute of Technology, Paul Samuelson è fra i suoi libri e una lunga lavagna, come sempre, mentre Friedman ha lasciato Chicago per i monti del Vermont, Galbraith viaggia per l'Europa e Heller sulle coste del Pacifico. L'altra volta che venni a proporre domande a Samuelson, nel 1966, non aveva ricevuto ancora il premio Nobel per l'economia, e non aveva pubblicato la nona edizione di Economics. Nel suo testo, milioni di copie, il più diffuso manuale contemporaneo, dalla prima edizione del '48 fino a ieri il tema centrale era la grande crisi degli Anni 30 e l'opera di Keynes. Ora i fatti dominanti sono la nuova inflazione, l'impossibilità del pieno impiego senza inflazione, la stagflation, stagnazione e inflazione insieme. Nella nuova prospettiva, l'inflazione è la malattia del neo-capitalismo, come la recessione fu la malattia del paleo-capitalismo. La stagflation è una doppia malattia. E numerosi fatti nuovi, aggiunge Samuelson, ora impongono di calcolare non solo il gross national product, il prodotto nazionale lordo, ma il net economie welfare, il benessere economico netto. Decidendo di lavorare meno ore la settimana, il prodotto nazionale lordo declina, ma il benessere può aumentare. Lo stesso accade se spendiamo per limitare l'inquinamento, per con¬ quilibrio ecologico e 2'environment e con l'uso meno impetuoso delle risorse. La contraddizione insorge quando la tendenza a lavorare meno e a inquinare meno si somma al consumare di più. La «belva» Domando a Samuelson se davvero sia giusta la tesi che la nuova era inflazionistica nasconda le sue radici strutturali, malgrado i vasti scenari di opulenza, in una sottoproduzione di beni e servizi su scala mondiale: immane sottrazione di risorse a causa di spese militari senza esempio nella storia, carestie agrarie permanenti nel terzo mondo e periodiche nel mondo comunista, esplosione demografica, scarsità relativa di materie prime, consumi e aspettative «crescenti» nelle società industriali. Samuelson accetta la teo- ria in parte. Il terzo mondo non è solo India, Pakistan, Bangladesh, è anche boom del Brasile e boom della Nigeria. Fra le cause d'inflazione, giudica prevalente la domanda occidentale, la «belva insaziabile delle giungle industriali». Ma non tutte le «aspettative crescenti» sono insostenibili, volerle sopprimere sarebbe come fermare la storia. Il mondo dell'eccesso di domanda non soffre dì un male paragonabile al sottoconsumo del 1932. Di fronte all'inflazione americana «a due cifre», Samuelson è allarmato per la condotta di Arthur Burns al Federai Reserve Board, del segretario al Tesoro William Simon, dei consiglieri presidenziali Herbert Stein e Kenneth Rush, tutti concordi sulle drastiche restrizioni monetarie, anche al prezzo d'una disoccupazione del 5,5 per cento non per mesi ma anni. Burns descrive l'inflazione come una sciagura biblica, una condanna che « minaccia le fondamenta stesse della società ». Ora i tassi d'interesse hanno raggiunto i più alti livelli della storia americana, mentre il direttore al Bilancio Roy Ash ha il compito di procedere a un taglio della spesa pubblica. L'industria è allarmata, non meno dei sindacati. Nel gran dibattito sull'inflazione 1974, anche Business Week obietta a Burns che la politica monetaria non dovrebbe limitare ma favorire l'investimento, per aumentare il prodotto dinanzi alla pressione della domanda, anche se non si sa quale razione possa mai placare la « belva ». Nel gran dibattito sono a confronto due ottiche par- ziali, ciascuno vede anzitutto quel che ha già in mente. Chi stima la recessione il peggiore dei mali non pensa a una « piccola recessione » come prezzo necessario per contenere l'inflazione, ha dinanzi lo spettro della grande crisi '29-'34. Chi teme invece l'inflazione, ha dinanzi un mostro peggiore dell'inflazione tradizionale; vede un processo inarrestabile, che genera insicurezza e tensioni a catena, conflittualità individuali e collettive sempre più acute, mentre ogni gruppo sociale è angosciato dal sospetto di « rimanere indietro »; dunque prevede la nevrosi e il collasso finale della società, stretta in un vortice di « anarchia capitalistica » del tutto nuovo, in cui ogni planning finanziario e industriale e impossibile. Il fatto è che ambedue gli scenari sono verosimili, e non necessariamente alternativi. Rimane vero che se la restrizione monetaria è rude e indiscriminata, e può essere catastrofica, la manovra fiscale non è quasi mai tempestiva e la politica «dei redditi » non ha avuto ancora successo. Dunque non esistono strumenti contro l'inflazione? Quando niente si fa con altri mezzi, allora tutto cade fra le mani dei « guardiani delle monete », i governatori delle banche centrali, che usano l'ottica e i mezzi di cui dispongono, assumendo persino responsabilità politiche, insieme con la funzione di capri espiatori per la classe politica, l'industria, i sindacati, gli stessi economisti. Non è così? « No — risponde Samuelson — i capri espiatori siamo sempre noi, gli economisti che hanno voluto il pieno impiego o quasi, la grande spesa pubblica, l'economia mista. Anche se pensiamo che l'inflazione, oggi non sopprimibile, sia controllabile con l'esperienza ». L'ccindexing» Può essere una soluzione in America l'espediente deiZ'indexing. suggerito da Friedman? A gennaio, di ritorno da un viaggio in Brasile, Milton Friedman dell'Università di Chicago scrisse su Newsweek che una specie di scala mobile non solo dei salari, ma dei depositi banca! ri, dei prestiti, dei mutui , ipotecarit delle assicurazio. | nU delle' obmgazìonì, delle delle detrazioni fiscali, di tutto, era giunta a contenere l'inflazione a Rio e San Paolo malgrado il boom. In Brasile il sistema si chiama « correzione monetaria », Friedman lo definisce « clausola escalatoria » del potere d'acquisto rispetto ai prezzi, o indexing, e ricorda che la prima ipotesi d'un simile espediente venne formulata dal grande economista inglese Alfred Marshall nel 1887. Per un verso il sistema può apparire l'analogo del floating monetario internazionale, in versione domestica. Per altri aspetti ì fautori della proposta sembrano voler dire che quando tutto è in ascesa nulla è in ascesa, e molti possono capire che la corsa non serve a nulla. Samuelson osserva che il Brasile è retto da una ditta¬ tura militare, là ì sindacati contano poco. Anche senza Z'indexing, qualsiasi formula può servire in simili condizioni contro l'inflazione interna. Quando poi l'inflazione viene dall'esterno, con la crisi del petrolio, anche in Brasile i prezzi aumentano. Già l'espediente è apparso vano in Finlandia e in Israele. Sarebbe poi difficile applicarlo a una grande economia, che si esprime con mia valuta di riserva. Fra gli economisti, pochi sono favorevoli, come Stefan Robock dell'Università di Columbia. Altri, come Albert Sommers c William Fellner, osservano che Z'indexing può solo accentuare la febbre inflazionistica, che ogni gruppo 0 sindacato vorrebbe spingersi più avanti degli altri nel gioco escalatorio: «Non si può fermare l'inflazione con un trucco». Se l'inflazione indica un eccesso della domanda sul prodotto, 4uali che siano le cause del divario, qualcuno alla fine dovrà perdere qualcosa. Non si può annullare il divario con un gioco di numeri, esorcizzare il fatto con riti e cabale. Ma poiché l'inflazione è un fenomeno psicologico, una nebulosa di suggestioni soggettive oltre che un oggettivo fatto economico, non può essere utile anche l'espediente? Davvero, professor Samuelson, non si può «inflazionare l'inflazione»? L'illusione Samuelson risponde che Z'indexing sarebbe utile a contenere l'inflazione solo se 1 sindacati, negoziando i contratti collettivi, fossero persuasi a non includere più nelle rivendicazioni il previsto o temuto saggio d'aumento dei prezzi. Ma l'aumento annuale del salario dovrebbe tornare sul due o tre per cento. Chi è disposto a pensare oggi che il valore dell'opera sua è aumentato solo del due o tre per cento in un anno? L'inflazione esprime non solo una tendenza a consumare più beni e servizi di quelli prodotti, ma un bisogno di consumo psicologico. Anche se ognuno sa che i prezzi aumentano al tasso del 10 per cento, il 13 per cento in un anno viene attribuito interamente a se stessi e all'eccellenza del proprio merito. L'analisi dell'inflazione può essere affidata a ricerche interdisciplinari di psicologi, sociologi, politologi, economisti, anziché solo a questi ultimi. Il fenomeno è una fuga in massa dalle cose verso simboli deformanti, dove il valore delle cifre è furiosamente manipolato, e non in misura eguale. L'inflazione è illusionismo applicato ai numeri quando i conti non tornano, così come la retorica e la demagogia manipolano aggettivi, maiuscole, droghe verbali quando il discorso razionale non risolve una questione. Nessuna meraviglia che ì governi, e la scienza economica, non ne vengano a. capo in nessun modo. Alberto Ronchey Boston. Paul Samuelson, nel 1970, il giorno in cui seppe che gli era assegnato il premio Nobel (Tel. Upi)