San Marino della libertà di Stefano Reggiani

San Marino della libertà NELLE "PICCOLE CAPITALI San Marino della libertà (Dal nostro inviato speciale) San Marino, luglio. Non si legge senza emozione la scritta che sventola al confine di San Marino: « Benvenuti nell'antica terra delle libertà ». Noi veniamo da uno Stato recente, dove le libertà sono tanto fresche che qualche volta si spezzano o si sgonfiano come un bignè. Abbiamo tenuto per ultimo, nel giro delle piccole capitali, questo baluardo ancora vigile, sperando di cogliervi un insegnamento, una lezione storica uscita dai secoli. Le altre città di questo viaggio ci hanno dato il ritratto di una gloria passata e di un imbarazzo presente: San Marino è l'unico esempio di indipendenza mantenuta. Il fatto ha bene la sua importanza. E' passato da poco il confine con il chiuso edificio della dogana che noi già ci guardiamo intorno fiduciosi: altre volte abbiamo visitato la Repubblica solo da turisti, ora siamo in cerca della libertà. Nell'indagine ci aiuta un popolo cautamente felice dei propri privilegi, diciannovemila abitanti che non conoscono il fisco italiano e la coscrizione obbligatoria, lo smog e le acque inquinate. Gli uomini politici hanno dimestichezza con i con-1 sessi internazionali; nel palaz- ! y.o del governo, nobile falso architettonico, si respira il clima dell'Onu e dell'Unesco, si intuiscono i segreti delle ambasciate e gli arabeschi della diplomazia. I capi dello Stato sono due, durano in carica sei mesi: quasi tutti i cittadini in vista hanno già ricoperto varie volte il ruolo di reggenti. Alla conferenza sulla sicurezza europea il voto di San Marino vale come quello della Francia e della Germania. Non è affascinante tutto questo? Allora prendiamo in mano il taccuino delle libertà, pronti a ogni scoperta, anche alla disillusione. Un gruppo di autorevoli sammarinesi ci fornisce, volta per volta, i dati, a cominciare dall'ottimo segretario agli Affari Esteri, avvocato Gian Luigi Berti, uomo facondo e internazionale. Non possiamo dimenticare, tra gli altri, una giovanissima responsabile del turismo, la dottoressa Tamagnini, la quale non solo possiede un viso delizioso, ma professa, a regolari intervalli, una intensa fede nella libertà di stampa. Ci pare un buon inizio, un aiuto liberale, per avviare l'indagine. Libertà politica. Poiché giudica dall'alto del Monte Titano il panorama della nostra penisola, San Marino poteva volgersi forse ad imitare le istituzioni di altri Paesi: ad esempio, l'Inghilterra. Invece è stata sedotta proprio dalla vista della politica italiana. Nella piccola Repubblica ci sono otto partiti, uno ogni duemila abitanti; e ciascuno ripete le lacerazioni dei confratelli italiani. Fino agli Anni Cinquanta ha governato una giunta di comunisti e socialisti, ora domina la democrazia cristiana con i socialisti. Durante una storica seduta il psi s'è diviso, dando origine al psdi. Dalla de è uscito un professionista conservatore, fondando il partito democratico popolare. E' giunto da Milano un avvocato d'origini sammarinesi e ha lanciato un partito di estrema destra, vincolato all'ordine e all'autoritarismo. Tutto in regola, dunque; sono lontani i tempi in cui la Repubblica dava ricetto al fuggiasco Garibaldi guadagnandosi la riprovazione dei reazionari italiani. Da un anno i partiti sono finanziati dallo Stato. « Per esempio il psdi — ci L.xe il dr. Alvaro Casali, che è stato cinque volte capitano reggente — riceve sei milioni l'anno ». Rileva che non sono molti: solo il periodico del partito, Riscossa socialista, costa trecentomila lire il numero. Libertà economica. Lo Stato ha un bilancio di una dozzina di miliardi. Deve garantire il pieno impiego e allargare secondo i bisogni i quadri della burocrazia. Gli apporti maggiori all'economia vengono dal turismo (due milioni e mezzo di presenze l'anno scorso), ma ci sono piccole industrie, resiste l'agricoltura, almeno per far credere ai tedeschi che una parte del vino moscato venduto sulla riviera è prodotto nella Repubblica. Gli studiosi locali pensano ai guadagni dello Stato, se ci fosse il Casinò: meditazioni inutili. Una convenzione con l'Italia vieta di impiantare case da giuoco; se San Marino ci provasse il governo italiano manderebbe i carabinieri al confine e chiuderebbe i transiti, isolando il Paese. Per risarcire il Titano della dura rinunc;a l'Italia versa al tesoro sammarinese due miliar- di di lire. Non bastano, evi- dentemente. Nell'imminenza delle elezioni, che si terranno in settembre, la de ha rinforzato i buoni rapporti con la consorella italiana. Lo Stato ha ottenuto un importante accordo sulla benzina: le tasse, che prima andavano all'estero, rimarranno in patria, il fisco straniero ha ceduto la mano a quello indigeno. L'accordo è giusto in linea di principio, ed è giunto, provvidenzialmente, in clima elettorale. Non solo: l'Italia consentirà a San Marino di coniare monete d'oro, perché la risorsa dei francobolli sembra ormai in declino. Pazienza. La prospettiva più eccitante tocca la libertà di pensiero. Che grande centro libertario e rivoluzionario potrebbe essere San Marino. Potrebbe impiantare stazioni radiotelevisive assolutamente indipendenti, potrebbe servire da specchio all'Italia e richiamare nello Stato gli ingegni migliori, potrebbe dare rifugio agli esuli e incoraggiare le opposizioni ideologiche. Invece c'è la terribile Convenzione del 1939. «Ci siamo impegnali a non installare stazioni trasmittenti — spiega l'avvocato Berti — e non verremo meno a questo patto. Non desideriamo immischiarci nelle faccende interne degli altri Stali ». Intanto a San Marino gli utenti televisivi hanno almeno la soddisfazione di non pagare il canone d'abbonamento alla Rai. Tutto è silenzio anche dalla parte editoriale: s'era parlato di un giornale di punta, libero da condizionamenti politici, ma la proposta non è mai arrivata alle tipografie statali. Negli echi retorici delle poesie di Pascoli (« L'azzurra vision ») e dei discorsi di Carducci, non si salva neppure la libertà di costume e di bellezza. Perduta l'occasione storica del mecenatismo (Io Stato era troppo povero, patria di scalpellini e di agricoltori) non c'è più posto per l'arte e l'armonia. Molte costruzioni sono falsamente antiche, solo le rocche tengono il segno della primitiva severità. Il boom economico (che, pur pericolante, continua) ha spinto i cittadini a farsi le ville in pianura ai lati dell'autostrada, occupando un verde pubblico che il piano regolatore avrebbe dovuto tutelare. « Del resto — dicono alcuni — la nostra bellezza è teatrale, sta nei costumi delle guardie, e nella scenografia da opera lirica, come si vede al museo delle cere ». Quanto alle tradizioni, «siamo un villaggio italiano », dice lo storico nazionale Giuseppe Rossi, professore al liceo. « I nostri ricordi sono romagnoli, come il carattere e il dialetto ». Sono soltanto romagnoli di monte, più guardinghi e chiusi dei fratelli di pianura. « Fino a ieri — dice Rossi — eravamo addirittura un prolettorato dell'Italia. Da poco è stata cancellata nella Convenzione la formula che l'Italia si impegna a proteggere San Marino ». Dalle rocche, mentre il jukebox spande corrivi valzer di Romagna, si può guardare il mare, e sentire la grande ondata di calore abbacinante come un riflesso insopportabile di vizi italiani. Di tutte le libertà, secondo San Marino, rimane solo quella d'esistere all'ombra dei forti. Costretta dalla prepotenza italiana e dai propri agi, la Repubblica s'è fatta accomodante e conciliante, ha allacciato simbolici rapporti con il Terzo Mondo per sfuggire i suoi peccati storici. Con cinismo e saggezza ci insegna che il modo migliore di conservare la libertà è quello di venderla come ricordo turistico. Stefano Reggiani

Persone citate: Alvaro Casali, Carducci, Gian Luigi Berti, Giuseppe Rossi, Riscossa, Tamagnini