Pena ridotta a Martinengo? (fece da scudo agli ostaggi)

Pena ridotta a Martinengo? (fece da scudo agli ostaggi) Durante la rivolta nel carcere di Alessandria Pena ridotta a Martinengo? (fece da scudo agli ostaggi) La domanda è stata inviata dagli avvocati al presidente Leone (Dal nostro corrispondente) Milano, 11 luglio. Gli avvocati milanesi Ernesto Trivoli e Rodolfo De Marsico, legali del conte Tebaldo Martinengo Cesaresco condannato all'ergastolo per l'omicidio del filatelico bresciano Battista Zani, hanno inviato al Presidente della Repubblica un appello perché conceda al loro cliente una riduzione della pena. L'entità del provvedimento di clemenza è lasciata al presidente Leone. Gli avvocati hanno avanzato la richiesta motivandola con il comportamento esemplare tenuto dal Martinengo il 9 e 10 maggio scorso durante la sommossa del carcere di Alessandria. A sostegno del provvedimento di clemenza si sono schierati le guardie e i sottufficiali del corpo degli agenti di custodia presi in ostaggio con il Martinengo dai banditi che cercavano di evadere. In particolare, il brigadiere Pasquale Barbaro ha inviato al direttore del carcere di Alessandria una testimonianza di quelle terribili ore. «Il motivo specifico di questa mia segnalazione — scrive — è determinato da alcuni episodi di cui fui testimone oculare e che ritengo tocchino l'eroismo. Nel pomeriggio del giorno 9 durante il conflitto a fuoco tra i banditi e le forze di polizia il Martinengo con pronta lucidità e fermezza bloccava l'assistente sociale signora Giarola, mentre questa, presa dal panico, inconsciamente si portava nella linea di tiro del Di Bona, che appena prima aveva colpito il professor Campì con lucida determinazione. Inoltre durante tutta la notte bloccati in un locale piuttosto angusto per venti persone. Martinengo costantemente si è di proposito mantenuto in una posizione che era di scudo e protezione nei confronti di diversi ostaggi sotto la costante minaccia delle pistole del Di Bona e del Concu che gli stavano di fronte a non più di due metri». Ma la testimonianza più allucinante di quello che avvenne in quei giorni tragici è quella scritta di pugno dallo stesso Tebaldo Cesaresco. Dopo aver ricordato le fasi della sua cattura da parte dei tre malviventi, l'ergastolano scrive: «Il terzetto dei banditi continuava ad insultare le persone sequestrate osannando le proprie armi e la volontà nel voler essere liberati al costo delle nostre vite». «Poco più tardi — aggiunge Martinengo — si udì lo sparo di un candelotto lacrimogeno che proveniva dall'esterno ed accanto a me c'era la signora Giarola che trattenni pur avendo i polsi legati per non metterla sotto il tiro della pistola del Di Bona che aveva più volte fatto fuoco». L'ergastolano rievoca quindi l'uccisione a sangue freddo del professor Campi. «Feci da scudo all'assistente sociale perché consideravo la sua vita più della 'mia essendo io un morto-vivente, che alla società non arrecava alcun danno ». I legali di Martinengo hanno ritenuto che il loro assistito abbia dimostrato di essere una persona diversa da quella condannata all'ergastolo quattro anni fa e hanno trasmesso tutti questi documenti alla commissione parlamentare d'inchiesta, g. m.

Luoghi citati: Alessandria, Martinengo, Milano