Il rapporto alla stampa del presidente dell'Iri di Giulio Mazzocchi

Il rapporto alla stampa del presidente dell'Iri Il rapporto alla stampa del presidente dell'Iri Petrilli: 2000 miliardi nell'accordo con l'Iran L'Istituto per la ricostruzione industriale formerà due società con il Paese dello Scià: . la prima per la costruzione, la seconda per la gestione d'un complesso siderurgico (Nostro servizio particolare) Roma, 10 luglio. Ammonta a ben 2 mila miliardi di lire l'accordo da poco raggiunto dall'Iri con l'Iran: si tratta d'un affare eccezionale (le cui convenzioni sono già quasi tutte firmate) se si considera che la Francia ha da poco concluso con lo Scià di Persia un affare per tremila miliardi di lire, però a livello d'accordo tra i due governi. L'Iri, in base al suo accordo, formerà due società con l'Iran: una per la costruzione e una seconda per la gestione d'un complesso siderurgico integrato, che produrrà 2,5 milioni di tonnellate annue di laminati piani utilizzando ferro e gas estratti in Iran (l'impianto darà cioè all'Iran di colpo un decimo dell'acciaio che l'Italia produce dopo 100 anni di attività nel settore). Attorno allo stabilimento Tiri costruirà una città satellite in grado d'ospitare ben 80 mila persone, e che sarà collegata alla capitale con una nuova linea ferroviaria lunga 300 chilometri. L'Iri ri tiene che queste infrastrutture avranno un costo di 900 miliardi e saranno interamente eseguite dalla Italimpianti del gruppo Iri. Il nostro istituto ritiene che ben due terzi del lavoro di duemila miliardi potrà essere eseguito in proprio e per l'altro terzo potrà esservi beneficio per altre imprese italiane. Nelle società Iri-Iran, il Paese dello Scià possederà il controllo di maggioranza. Il pagamento dei lavori sarà interamente fatto dall'Iran e tutto per contanti. Entro dicembre saranno realizzati i «programmi di fattibilità » e si conoscerà il termine di tempo per l'esecuzione dei lavori. Un altro rilevante accordo l'Iri, dopo un recente viaggio del suo presidente Petrilli, autore anche della stipula dell'accordo con l'Iran, sta per concluderlo con la Romania. Insieme formeranno società per investire sia in Romania sia in altri Paesi, nei settori nei quali i due partecipanti sono complemf~l,:ari. Tali accordi esteri va.uiO confrontati col bilancio Iri del '"3: 6028 miliardi di fatturato con un aumento del 28,6 per cento. Lo scorso anno il personale impiegato dall'Iri è cresciuto di quasi 22 mila persone, raggiungendone 451.300 (-1-4,9 per cento). La quota di occupazione industriale supera, quindi, la sua quota di fatturato, che è pari al 6 per cento del totale industriale italiano dell'anno scorso. Per quest'anno l'Iri ha una previsione d'investimenti per duemila miliardi in confronto ai 1333 dello scorso anno. Ma il presidente Petrilli ha dovuto lanciare un drammatico avvertimento: la stretta creditizia pone tutto in pericolo. Essa è particolarmente acuta per l'Istituto in quanto l'Iri, al momento, è creditore dello Stato di ben 500 miliardi di lire, tra aumenti non rcevuti del fondo di dotazione e trasferimenti, rimborsi, opere eseguite per conto dello Stato. Inoltre l'Iri è creditore dalla Cassa per il Mezzogiorno di ben 300 miliardi per mutui. Petrilli ha detto che è drammaticamente urgente ricevere tali somme: non ha potuto fornire la certezza che la nuova politica del credito definita dal governo gli faccia percepire più del 50 per cento di tali crediti. Anche Petrilli, oggi, ha parlato di « nuovo modello di sviluppo », invocando precise decisioni del governo. Un'indicazione, per esempio, è nella fine dello spreco insito nelle linee di navigazione. Ma Petrilli è sembrato invocare rapide e più precise indicazioni per la siderurgia: mentre l'Iri importa tutto il ferro e il coke necessari a produrre acciaio, la sua esportazione di prodotti siderurgici finiti è tanto ampia e pregiata da porre in attivo per circa 700 miliardi i conti con l'estero dell'Iri. Ecco, dunque, un settore da sviluppare anche mediante un « patto sociale non scritto ». Che significa? Ha detto Petrilli (gli impianti Iri hanno accusato nel '72 una perdita di 130 miliardi per la sottoutilizzazione degli impianti) che tutta l'industria deve verificare i punti di convergenza con i sindacati (« Ci sono interessi comuni tra le due controparti»), deve con essi stabilire gli obiettivi prioritari da raggiungere, le due parti infine dovranno agire autonomamente per il raggiungimento dei punti di accordo. Che cosa rende avvertiti che ci sono interessi comuni tra im- j prese e lavoratori? Il fatto per esempio — ha detto Petrilli — che l'utilizzo delle automobili sta cambiando. Per l'Alfa Nord, ha annunciato Petrilli, nel primo se¬ mvepenocechautrnebadesfSuncipMnbzibmlaacè cudzpGrDGcspppnsmtbteqgsvIlpqvdlusdtscmppstdEt mestre c'è stato un calo di vendita del 40 per cento e per l'Alfa Sud (vetture di minore cilindrata) del 25 per cento. L'Iri ha pertanto anche bloccato i progetti di autostrade non appaltate entro il dicembre scorso. Ritiene, anche, che si debba combattere l'ingresso in Italia delle multinazionali (che sfuggono al controllo dello Stato, fin quando non vi sia una normativa del Mec), perciò l'Iri ha acquistato il gruppo alimentare Alimont dalla Montedison. Ma Petrilli ritiene pure che, a breve, si debba andare verso concentrazioni tra le imprese automobilistiche e, a più lungo termine, se ne debba spostare la produzione verso i Paesi acquirenti, dove ancora l'auto è poco presente. Dalle prospettive sociali a quelle industriali, dal tipo di dialogo tra le industrie e delle industrie col governo e con il sindacato, Petrilli ha, quindi, pienamente condiviso i principi annunciati dai rappresentanti sociali che in questi mesi hanno già parlato al Paese. Egli ha persino trovato modo di dire che Visentini (il principale candidato per la prossima successione ad Agnelli nella presidenza della Confindustria) con la sua nuova attività confindustriale « potrà svolgere un ruolo fondamentale a beneficio di tutte le imprese del Paese ». E' un pegno d'accordo pubblicamente lanciato per coordinare i fronti imprenditoriali in vista d'un necessario « patto sociale ». Giulio Mazzocchi