Gli pende sul capo la minaccia di una condanna all'ergastolo

Gli pende sul capo la minaccia di una condanna all'ergastolo Gli pende sul capo la minaccia di una condanna all'ergastolo Giustetti dopo aver minacciato la strage gira armato e con due "gorilla,, di scorta Telefona al presidente della corte d'assise, ieri ha recapitato di persona al difensore due lettere, una per i giudici, una per La Stampa: "Sono innocente, mi accusano falsamente" - Il processo contro di lui e i complici si sta concludendo Il processo per l'uccisione del dentista Arrigo Venchi è giunto alla fase conclusiva. Le due udienze di ieri sono state dedicate al numerosi difensori: oggi avremo la sentenza, molto attesa, anche per le richieste del p.m. dott. Tribisonna, che prevedono tre ergastoli, una condanna a 28 anni ed una a 21 anni. Al dibattimento, com'è noto, non è presente Vincenzo Giustetti, 31 anni, che a suo tempo ottenne la libertà provvisoria per scadenza dei termini di deten. zione preventiva. Colpito da un nuovo mandato di cattura si è mantenuto latitante. Sulla testa del Giustetti pesa 11 rischio del carcere a vita e tale eventualità lo ha posto in un pericoloso stato di esasperazione. Dopo aver telefonato due volte al presidente della corte d'assise, ha fatto pervenire due lettere al magistrato, dott. Lacquanìtl, e a La Stampa. Uno dei suoi difensori, l'avv. Perla, ha informato la corte che le missive sono state recapitate a mano, dallo stesso Giustetti, nello studio del legale e consegnate ad un impiegato. Giustetti, agitatissimo, era armato e scor- j tato da due « gorilla ». Ha ripetuto la sua minaccia: « Se mi danno l'ergastolo faccio una strage » Nella lettera al presidente Lacquaniti, Giustetti si proclama in- inocente dell'omicidio e si sca- 'glia contro i coimputati, in par- |ticolare contro Russello, che lo iaccuserebbe ingiustamente. Tra jl'altro afferma: « Questo è un de. litto colposo. Chi uccise il dott. \ ! Venchi non voleva farlo». Lo | i scritto si chiude con una frase ! che potrebbe suonare sinistra: ! « So che lei, signor presidente. ■ è un uomo provato dalla vita e i di disgrazie ne ha qià avute ' tante ». | Nel manoscritto a La Stampa, i rivolgendosi al direttore, Giustet j ti ripete le accuse contro i colm putatl e contro la magistratura \ « che crede a un pazzo, più voi | te ricoverato in clinica» (il Rus mssso alcuni testimoni a difesa, Ma poi si rivolge anche al gior naie: « Smettete di fare quegli sello), mentre non avrebbe am- articoli con i quali mi pittutate i come volete voi e indagate un ■ po' sul mio passato. Vedrete che '. non sono un tipo così perìcolo- \ so, vedrete che non sono mai , stato condannato per reati vio- I lenti, ma solo per furto. Per ! uccìdere una persona bisogna cambiare tutta una mentalità, tut- ta una vita. Chi ha ucciso il dott Venchi lo sapete voi e lo sanno tutti, chi aveva interesse a fare il furto e a fare sparire carie compromettenti era Russello e anche in questo io non c'entro. Invece voi mi fate la mente dia bolica di tutta la vicenda ». In sostanza Giustetti pretende di dimostrare che nessuno, e tanto meno lui, ebbe mai l'idea di uccidere il dott. Venchi. Un la dro non è un assassino e quindi, caso mai, egli potrebbe essere incriminato per concorso in i I | I ji:'estorsione, cidio. La tesi non certo per orni- ! —.. Viù, dove abitava uno dei com plici: ti In questi casi le vittime è stata sviluppata dai difensori di Giustetti, gli avv. Forchino e Perla: « Se davvero il plano avesse previsto la morte del dott. Venchi, perché mai ci si sarebbe serviti di una voce sconosciuta, quella del Galvan, per tendere l'agguato telefonico e perché l'aggressione sarebbe slata affidata a due persone, Vir. dò e Chiodo, che il dentista non conosceva? ». Galvan era difeso dall'on. Magnani Noya e dall'avv. Delgrossu. Il giovane si è limitato a fare una telefonata, non ha partecipato all'aggressione, sapeva sol tanto che Giustetti intendeva « risarcirsi per un bidone» ricevuto dal dott. Venchi: « Com'è pos slblle giudicare Galvan complice dell'omicìdio e condannarlo a 28 anni per una telefonata? ». L'avv. Paroncilli, in difesa di Chiodo, un uomo evidentemente vigoroso, ha osservato che, se il piano avesse anche lontanamente previsto l'uccisione del dott. Venchi, l'appuntamento non sarebbe stato fissato in via ;!,;|!iiI!!i vengono portate in luoghi lon toni, isolati, addirittura in aper ta campagna ». Per RusseUo, seminfermo di mente, hanno preso la parola gli avv. De Marchi e Accatino: « 71 p. m. ha negato a tutti le iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiii i ninnimi attenuanti generiche, con decij sione indubbiamente generica. La concessione dì tale attenuante presuppone, infatti, tra l'altro, un attento esame delle singole personalità dei vari imputati. Russello non è normale, ha avuto un'infanzia e una giovinezza travagliate da pesanti tare materiali e morali. E' malato di mente e il perito afferma che "non può migliorare" ». Per ultimo, in difesa di Vlrdò, che avrebbe materialmente sparato al dott. Venchi, è intervenuto l'avv. Trebbi. In precedenza, pure per Virdò, aveva I parlato l'avv. Ferraiolo, di Sa' vona. Virdò, praticamente analfabeta, ha cominciato a lavorare a sei anni, come aiutante muratore. Aveva poco più di 18 anni quando rimase implicato nell'assassinio del dentista. Se le richieste del p. m. fossero accolte sarebbe il primo ergastolo inflitto a Torino a un diciottenne. L'aw. Trebbi, polemicamente, ha rilevato: « E' molto comodo nascondersi in macchina per non farsi riconoscere dal dott. Venchi e mandare all'assalto un ragazzo armato. E' vero che nessuno aveva previsto l'omicidio, ma l'uso dell'arma era Inevitabile perché non si poteva pensare di tenere a bada, sotto sequestro, un uomo di 48 anni, per almeno un'ora senza intimorirlo con una valida minaccia ». Il difensore ha concluso esprimendo il dubbio che Virdò sia stato lo sparatore: « Non dimentichiamo che egli stesso sollecitò, sia pure dopo qualche giorno, la prova del guanto di paraffina ». imi i immillili i j j I ' Le sorelle Domenica e Adalgisa Russello (in primo piano) davanti agli imputati

Luoghi citati: Torino, Viù