Europa delle piccole patrie di Giorgio Fattori

Europa delle piccole patrie A TRIESTE LA CONFERENZA MONDIALE SULLE MINORANZE Europa delle piccole patrie Molti gruppi etnici continuano a essere discriminati: i loro problemi sono sociali e culturali, ma soprattutto politici (Dal nostro inviato speciale) Trieste, 9 luglio. Nelle articolate ma compatte società industriali, nel « villaggio globale » della cultura di massa che descrisse McLuhan, nell'organizzazione sociale degli Stati moderni, sino a che punto è permesso essere diversi? I 150 temi di altrettante relazioni preparate da studiosi europei e americani, i dibattiti, le tavole rotonde, le analisi statistiche e sociologiche della Conferenza internazionale sulle minoranze, potrebbero essere riassunti da questa domanda. La conferenza si aprirà domani e si concluderà il 14 luglio. Patrocinata dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e organizzata dalla Provincia, si svolgerà a Trieste. Vi parteciperanno più di duecento storici, giuristi, linguisti, sociologi, politici di ogni bandiera ideologica, tutti specializzati o impegnati sul problema delle minoranze europee. Le minoranze degli altri Paesi sono state giustamente lasciate da parte, per delimitare un tema sin troppo vasto negli obiettivi attuali. Del resto non è mistero la generica ignoranza, che ha lontane radici razziste ex coloniali, della cuitura occidentale sulla miriade di minoranze etniche dei Paesi del Terzo Mondo. Si pensi solo alle tribù dimenticate dell'India e del Sud-Est asiatico. Alle 110 lingue parlate in Birmania. Alle enclaves razziali nelle montagne di Thailandia, Vietnam, Laos, Guerre e guerriglie dell'Asia, come in Africa, sono state spesso valutate e affrontate in modo sbagliato dagli occidentali anche per l'impreparazione culturale sulla geografia segreta delle minoranze. Restando in Europa, il tema delle minoranze nazionali pone problemi di società e di cultura che si traducono quasi sempre in problemi politici. In questa eccezionale partecipazione di esperti alla Conferenza di Trieste, notiamo l'assenza del delegati di quasi tutti i ?aesi dell'Est, e segnatamente dei sovietici. Non dappertutto si ha voglia di un pubblico bilancio. Vale appena accennile al dramma sta arrivano ogni anno alla Commissione dell'Orni che tutela i diritti dell'eguaglianza razziale. I provvedimenti riparatori sono quasi sempre platonici. Un'inchiesta dell'Orni su casi di discriminazioni e persecuzioni di minoranze, può essere portata avanti soltanto con il consenso e la collaborazione dello Stato interessato. Il che si traduce in deplorazioni formali dei fatti e tacito non luogo a procedere. Per l'impossibilità più volte constatata di intervenire in sede internazionale a difesa delle minoranze, occorre che di questo problema prendano responsabile consapevolezza le società dominanti (come gruppo etnico) stabilendo con le minoranze nel proprio Paese un rapporto di reale democrazia. Con quali garanzie giuridiche sia possibile stabilire questa pacifica convivenza, è uno dei temi spinosi della Conferenza di Trieste. Gli altri aspetti fondamentali trattati nel convegno saranno quelli culturali e socioeconomici. Tutti problemi interdipendenti che i congressisti si accingono a discutere in una visione globale, per evitare l'esercitazione accademica su un argomento che si presta pericolosamente a scontate affermazioni di principio. Il punto-chiave da mettere a fuoco è il concetto stesso di minoranza. Vi sono minoranze etniche come gli albanesi di Jugoslavia, minoranze linguistiche come i catalani di Spagna, minoranze religiose come i cattolici in Irlanda del Nord. Vi sono minoranze di precisa consistenza geopolitica come gli sloveni in Italia e gli italiani in Jugoslavia, e vi sono minoranze microscopiche quasi dimenticate e senza protezione culturale, come gli oriundi greci del nostro Meridione. Vi sono minoranze etnico-linguistiche abbastanza compatte che si battono per il riconoscimento della loro identità, come i ladini del Veneto e del Friuli, e minoranze polverizzate in vari Stati, come gli zingari. Salvare la loro individualità storica senza farne dei ghetti etni¬ delle minoranze etniche in Urss negli anni staliniani, e alle lacerazioni storico-politiche provocate sino al dopoguerra dai conflitti multinazionali nelle regioni di confine polacche, ungheresi, romene. Fuori dalla puntuale retorica delle affermazioni paternalistiche e democratiche sul rispetto delle minoranze, è giusto ricordare quanti massacri locali e crisi mondiali sono stati scatenati dai nazionalismi europei contro i popoli minoritari e diversi. Garanzie giuridiche Tranne il caso dei baschi e degli irlandesi, oggi il problema delle minoranze si pone in termini meno drammatici nell'Europa occidentale, ivi compresa la Jugoslavia largamente rappresentata alla Conferenza di Trieste. Dal concetto, tante volte smentito dai fatti, della tolleranza, si è passati a quello del pieno riconoscimento dei diritti dei gruppi etnici negli Stati multinazionali. Un'evoluzione rispecchiata dai supremi organismi di controllo. Dopo la prima guerra mondiale, la Società delle Nazioni si pose il fine, più umanitario che giuridico, di assicurare la protezione delle minoranze attraverso trattati bilaterali fra Stati, basati sulla reciprocità, Oggi la Carta dell'Orni, pur non citando in alcuna clausola il problema delle minoranze, garantisce con l'articolo 55 « il rispetto universale e effettivo dei diritti dell'uomo e le libertà fondamentali per tutti, senza distinzione dì razza, lingua o religione ». Per impegno comune non possono dunque verificarsi disparità di trattamento verso uomini e popoli tutti eguali davanti ai loro diritti. Di fatto le minoranze, in molte parti d'Europa e del mondo, hanno continuato ad essere emarginate, discriminate, in qualche caso apertamente perseguitate. Il centralismo amministrativo e la più complessa organizzazione della società portano anzi a un livellamento che schiaccia silenziosamente le minoranze, Migliaia di lettere di prote¬ ci, è uno dei problemi più difficili e non sempre risolti. In un'Europa che tende — almeno in teoria — a divenire una comunità sovrannazionale, le rivendicazioni particolaristiche di qualunque gruppuscolo etnico sopravvissuto al melting pot della storia, rischiano l'anacronismo. Non è sempre nemmeno vera l'equazione maggioranzaminoranza: oppressori-vittime. Vi sono esempi, anche recenti, di minoranze turbolente e aggressive che hanno messo in difficoltà le maggioranze. Un dibattito sui problemi dei piccoli popoli inseriti in Stati multinazionali deve tener conto di queste realtà per non cadere in retoriche di tipo « terzo-mondista ». E' innegabile tuttavia che quasi dovunque le minoranze sono in condizioni d'inferiorità per scuole, possibilità d'accedere alle cariche dello Stato, autonomie locali, a volte per libertà di trasferirsi all'estero. Come i pellerossa Dal momento che i diritti sanciti dall'Onu sono inviolabili sino a un certo punto, occorre che ogni Stato, secondo il suo sistema sociale, cerchi di assimilare le minoranze senza soffocarle nell'abbraccio e protegga con saggezza la loro diversità razziale, religiosa, linguistica, considerandola una ricchezza culturale della nazione. I «parchi» etnici tipo pellerossa negli Stati Uniti e aborigeni in Australia, si sa a che cosa portano. Ma anche gli sradicamenti pianificati di interi popoli per accelerare il processo d'integrazione, sono un delitto culturale e civile. Nella società che cambia si affievolisce la voce di qualche gruppo minoritario dalle tradizioni più fragili e logorate dai secoli, ma nascono nuove minoranze. L'Europa industriale, osserva una relazione introduttiva al Convegno di Trieste, ha ormai nel suo cuore nuove minoranze di cui tener conto: turchi, jugoslavi, italiani che lavorano in Germania stanno costituendo gruppi compatti e isolati, così come trent'anni prima i nordafricani a Parigi. Sono ovviamente problemi diversi da quelli dei gruppi di lontano insediamento storico, ma non meno importanti. La tecnica d'emigrazione in massa è cambiata dai tempi in cui interi popoli si muovevano alla ricerca di nuovi pascoli e di terre più fertili. Ma nella società industriale i risultati si assomigliano, riproponendo conflitti culturali, difficoltà di convivenza inclinazione allo sfruttamento da parte dei gruppi etnici dominanti. In un quadro così complesso di situazioni, è facile contraddirsi appena si superino le dichiarazioni di principio sulla reciproca tolleranza. Soluzioni polivalenti non esistono. Evidentemente non sono comparabili i problemi dei baschi nazionalisti e dinamitardi di Spagna con quelli dei frisoni in Germania. In alcuni casi le minoranze rappresentano ancora oggi un'occasione di acuta crisi politica; in altri, solo una ghiotta esperienza culturale per etnologi e linguisti. Nella misura in cui la Conferenza metterà a fuoco i casi di piccoli popoli frustrati, esclusi o involontariamente schiacciati dalla società dominante, permetterà di meglio intravedere quali siano le soluzioni più accettabili, e quali da rifiutare. Crocevia storico di culture e di popoli, Trieste è al confine di due nazioni che non hanno ancora completamente sistemato il problema delle reciproche minoranze. Anche per questo la città è un appuntamento geografico ideale per un dibattito, al quale parteciperanno fra gli altri notissime personalità slovene e specialisti italiani di alto prestigio, come il professor Francesco Capotorti responsabile all'Onu della Sottocommissione delle minoranze. Non sarà una conferenza a risolvere i problemi dei piccoli popoli dimenticati o emarginati: ma sarà importante se il Convegno di Trieste comincerà a impostare in modo nuovo, e sulla base delle esperienze più democratiche, il diritto di essere diversi. Giorgio Fattori

Persone citate: Mcluhan