La critica sui muri

La critica sui muri Una nuova parola d'ordine in Cina La critica sui muri La guerra dei "ta tsé bao", manifesti di contestazione dei soprusi amministrativi, è l'applicazione di una direttiva del partito, che a sua volta traduce in norma la dottrina maoista del controllo delle masse sull'apparato burocratico - La sinistra interna consolida intanto il suo potere attorno alla figura "nuova" di Wang Hung-wen Da alcune settimane i cinesi rispondono con slancio crescente alle direttive lanciate dieci mesi fa dal partito comunista. 1 ta tsè bao, gli ormai noti manifesti della contestazione macie in China, tappezzano le strade di quasi tutte le città del Paese. Dal 13 giugno gli striscioni si allungano anche sui muri di Pechino: nella capitale giungono sempre più numerosi coloro che, scavalcando direzioni locali di partito « conservatrici », intendono presentare le loro critiche direttamente alle autorità centrali del pcc o allo stesso Mao Tse-tung. L'attuale campagna di ta tsè bao è, secondo fonti comuniste di Hong Kong, il risultato di una direttiva del Comitato Centrale del partito (che dà a qualsiasi persona il diritto di criticare senza limitazioni i dirigenti del pcc), emessa in maggio e autorevolmente rilanciata dal Quotidiano del Popolo il 1" luglio in occasione del 53° anniversario del pcc. Non si tratta di un?, novità: una disposizione identica era già stata approvata dal X Congresso del partito nell'agosto dello scorso anno. In quella sede, Wang Hung-wen, il giovane leader della sinistra di Shanghai, promosso al terzo posto nella gerarchia del potere, aveva detto nel suo rapporto che « la classe operaia, i contadini poveri e medio-poveri e la massa dei lavoratori... hanno il diritto di sottomettere ad un controllo rivoluzionario i quadri del nostro partito e del nostro Stato ai differenti livelli » e che bisognava « avere fiducia nelle masse, far leva su di esse ed utilizzare regolarmente l'arma della libera ed ampia discussione servendosi dei ta tsè bao e dei grandi dibattiti». Con l'esortazione ad « andare contro-corrente », inserita nel nuovo statuto del partito, il Congresso intendeva rilanciare il modello maoista di gestione « democratica » del potere in un sistema a partito unico. Secondo Mao Tse-tung, è indispensabile garantire (ed in cer ti periodi perfino sollecitare) il controllo delle masse sull'apparato burocratico — di partito e di governo —, per evitare che si formi, sull'esempio dell'Unione Sovietica, una nuova casta privilegiata di « mandarini socialisti », sempre più distaccati dalle esigenze reali della popolazione. La comparsa dei manifesti murali non costituisce però soltanto una sorta di « valvola di sfogo » per il sistema politico cinese. Essa sembra confermare i progressi che la corrente di sinistra del partito ha compiuto negli ultimi mesi. Già il X Congresso aveva segnato un punto di svolta nella politica interna cinese. I radicali erano riusciti ad acquistare una sufficiente forza per cercare di « rovesciare i verdetti » del corso moderato degli anni precedenti. Negli anni '69-70 l'esigenza di uscire dall'isolamento in campo internazionale e di ricostituire all'interno equilibri più moderati dopo i difficili momenti della Rivoluzione Culturale, aveva provocato una correzione verso il centro della politica di Pechino. Questa fase si era però accentuata dopo l'eliminazione di Lin Piao nel 71. All'exdelfino di Mao, il leader che aveva avuto una parte di assoluto rilievo nel lanciare e dirigere la Rivoluzione Culturale, era stata rivolta l'accusa non soltanto di aver complottato contro Mao, ma anche di essere un esponente dell'ultrasinistra. Ciò aveva causato notevole confusione nei quadri del partito. Molti si erano chiesti: se Lin Piao, che è stato il più vicino collaboratore di Mao durante la Rivoluzione Culturale, è un traditore e se è accusato di deviazione di sinistra, non bisogna allora considerare l'intero esperimento della Rivoluzione Culturale un'avventura azzardata, da ridimensionare? La definizione di Lin Piao come un elemento di ultrasinistra, non indicava soltanto la prevalenza delle forze politiche moderate all'interno della leadership cinese, ma anche una mancanza di chiarezza teorica sul modo di criticare l'atteggiamento politico dell'ex-delfino di Mao da parte delle forze che si raccolgono intorno a Mao Tse-tung. Ci sono voluti due anni prima che la sinistra riuscisse a riguadagnare le posizioni di potere perdute e fosse in grado di lanciare una campagna politica di « riscatto », tale da essere facilmente comprensibile dalla popolazione. La svolta si è verificata appunto al X Congresso. Con una ripristinare la funzione dei comitati rivoluzionari (che dovrebbero garantire appunto il collegamento fra le masse e il partito), l'esigenza di reintegrare molti attivisti di sinistra epurati, le accuse rivolte a molti dirigenti « nelle alte sfere del partito » di aver dimenticato la Rivoluzione Culturale, riabilitato quadri « rinnegati » c rispolverato lo slogan della priorità assoluta alla produzione e all'efficienza. Fino ad ora i radicali sono riusciti a creare, attraverso i ta tsè bao uno strumento di pressione non indifferente, e tale da poter influenzare gli equilibri di potere non soltanto centrali ma anche a livello provinciale e locale. 11 fatto che gruppi di operai confluiscano a Pechino da varie parti della Cina per uno « scambio di esperienze », dimostra inoltre che la sinistra possiede già una notevole capacità organizzativa. Per il momento tuttavia nessuno dei leaders criticati (fra i quali un vice-presidente del partito, un membro del Politburo, il vicesindaco di Pechino e molti dirigenti del partito in varie province) è stato destituito. 11 partito cerca evidentemente di mantenere il controllo sul movimento, per evitare che esso degeneri in forme di contestazione anarchiche che potrebbero indebolire pericolosamente il Paese anche in campo internazionale. Giovanni Bressi interpretazione senz'altro più corretta. Lin Piao c stato definito in termini esattamente opposti, come un esponente cioè del revisionismo, delle forze reazionarie, di coloro che sono soltanto a parole dei veri marxisti. Perché la nuova interpretazione si inculcasse più nettamente ne' codice politico delle masse, nello scorso autunno la campagna di critica a Lin Piao è stata fatta precedere e poi associata ad un movimento di critica a Confucio, presentato come un personaggio reazionario anche per i suoi tempi. Una volta che la gente ha compreso a sufficienza il senso di questa critica culturale, la sinistra è passata a discutere gli stessi temi in chiave più direttamente politica. L'impresa non è stata facile. La sinistra deve aver incontrato notevole resistenza dà parte dei burocrati dell'economia e dell'apparato statale e soprattutto dei diligenti che sono stati riabilitali. Ciò si desume dagli episodi di violenza, dalle persecuzioni, dagli scontri (nella provincia del Kiangsi sarebbero state uccise di recente più di duecento persone), denunciati nei la tsè bao, dalla comparsa di manifesti di segno contrario, che accusano di violazione della disciplina di partito gli autori dei documenti di prò testa. In questi mesi la destra del partito ha cercato di mantenere la critica a Lin Piao sul piano accademico, perché, a differenza di Mao, intende il con¬ cetto di « culturale » paradossalmente quasi come Confucio, come cioè una attività distaccata dall'azione delle masse. 11 braccio di forza sembra per ora favorire i « radicali », i quali si identificano in vasti strati operai delle città industriali, nelle masse di contadini poveri e nei giovani che intendono migliorare le loro condizioni di vita ed esercitare un maggiore peso politico. Questo spiega talune delle rivendicazioni che si esprimono in questi giorni nei la tsè bao; la richiesta di

Luoghi citati: Cina, Hong Kong, Pechino, Shanghai, Unione Sovietica