Jack Begon non rivela il mistero della sua scomparsa: "Ho paura" di Guido Guidi

Jack Begon non rivela il mistero della sua scomparsa: "Ho paura" Il processo al giornalista americano a Roma Jack Begon non rivela il mistero della sua scomparsa: "Ho paura" (Nostro servizio particolare) Roma, 8 luglio. Jack Begon insiste: sostiene d'essere stato rapito da due killers della mafia italo-americana, d'essere stato costretto a seguirli negli Stati Uniti, d'essere stato interrogato a lungo sui risultati dell'inchiesta che, come giornalista, stava compiendo su un vasto e complicato traffico di valuta. Dovrebbe fornire maggiori dettagli per dare un crisma di attendibilità alla sua versione che va ripetendo dall'agosto scorso quando tornò a Roma dopo essere scomparso per 26 giorni: ma inutilmente il presidente del tribunale ha cercato di sapere. «Ho assunto un impegno di tacere — si è giustificato —. Ho paura di parlare: lei probabilmente non sa che cosa sia la mafia. Preferisco addirittura tornare in carcere)). Il processo, iniziato oggi, si concluderà soltanto ad ottobre: tra qualche giorno cominciano le ferie estive del tribunale. Jack Begon, 62 anni, americano, una moglie dalla quale è divorziato negli Stati Uniti ed una moglie a Roma con cui vive, si considera italiano o e e . n d'adozione: era uno dei corrispondenti dell'ufficio romano della «Abc News Corporation» di New York. La mattina del 22 luglio dello scorso anno uscì di casa annunciando che sarebbe andato ad intervistare Richard Burton ed Elizabeth Taylor, passò nel suo ufficio in via Abruzzi alle spalle di via Veneto, scomparve. Tutto, in ufficio, lasciava supporre che il giornalista fosse stp.to vittima di un'aggressione: da due piccole casseforti nell'interno della redazione mancava circa un milione e mezzo in lire italiano. Jack Begon tornò a farsi vivo con la moglie, Mary Acquaro, il 17 agosto preannunciando il suo ritorno dagli Stati Uniti: fu interrogato dal magistrato appena sbarcò a Roma e fu arrestato per simulazione di reato. Ottenuta la libertà provvisoria è stato rinviato a giudizio anche per appropriazione indebita: gli viene contestato anche di essersi appropriato del milione e 500 mila lire. Per l'accusa, il giornalista è un ladro che ha cercato di dare una giustificazione al suo furto simulando un rapimento. «Non è affatto vero — si è giustificato Jack Begon oggi in tribunale — io stavo compiendo un'inchiesta sul traffico di valuta tra gli Stati Uniti, l'Italia e la Svizzera ed ho urtato gli interessi di qualcuno. Verso il 17 luglio dello scorso anno mi telefonò un tizio da Palermo pregandomi di raggiungerlo perché mi avrebbe dovuto dare delle notizie interessanti. Prendemmo appuntamento per il giorno 20 luglio all'hotel Delle Palme e nella mia stanza ricevetti un tale che non conoscevo: sapevo soltanto che si sarebbe presentato come un certo Mauro. Costui 'mi offrì alcuni documenti importanti se gli avessi dato 5 mila dollari. Chiesi tempo per avvertire i dirigenti del mio giornale negli Stati Uniti, tornai a Roma e scrissi una lettera. Due giorni dopo fui rapito». Presidente (scettico) — Non comprendo perché non ha usato la telescrivente. Begon — Non sarebbe stato prudente, perché tutti avrebbero saputo di quale argomento mi stavo occupando. Presidente — Lei sa che il personale dell'albergo palermitano esclude che qualcuno quel giorno l'abbia cercata? Begon — Non è vero. Io appena arrivai avvertii subito il portiere che aspettavo un tale di nome Mauro. Sparì da Roma il 22 luglio dello scorso anno - Il suo ufficio venne trovato a soqquadro e dalla cassaforte mancava un milione e mezzo - Sostiene di essere stato rapito dalla mafia mentre stava compiendo una delicata inchiesta e di non poter dire di più - "Preferisco tornare ancora in carcere piuttosto di parlare" Presidente — Si ha la sensazione che lei cerchi di fare un po' di confusione fra il nome di De Mauro che è quello del giornalista scomparso e questo di Mauro che sarebbe quello del suo interlocutore, vero o presunto. Begon — No, no: le assicuro che non ci ho nemmeno pensato. Presidente — Lei ha sempre detto che stava svolgendo un'indagine molto delicata. Ma nel suo ufficio sono state trovate tracce un po' dappertutto di questo suo lavoro. Non le sembra una contraddizione? «Queste tracce sono state trovate — è intervenuto il difensore avvocato Gianni Le Pera — perché gli aggressori hanno messo a soqquadro l'ufficio. Altrimenti, tutte le carte erano conservate da Begon molto diligentemente nei cassetti». Jack Begon ha continuato il suo racconto: ma notevoli novità non ne ha fornite. Ha detto d'essere stato aggredito, d'essere stato costretto a seguire i suoi aggressori negli Stati Uniti e d'essere stato liberato soltanto quando i rapitori si resero conto che non aveva alcun documento importante. «Ma sono rimasto vincolato ad un impegno — ha aggiunto oggi — non dire nulla a nessuno». Presidente — Ma lei prima di tornare in Italia o di avvertire sua moglie che era vivo se n'è andato a Seattle dalla sua prima moglie. Non le sembra strano? Begon — No. Comunque ero in uno stato confusionale per lo choc subito. E poi ero sorvegliato a vista dai miei rapitori. Io ho paura... I testimoni non hanno fornito un maggiore aiuto ai giudici: i giornalisti dell'ufficio romano di « Abc » hanno confermato che Jack Begon andò (o disse che sarebbe andato) a Palermo per un incontro importante; i funzionari di ps hanno sottolineato tutte le perplessità che ebbero quando presero ad indagare sulla scomparsa dell'americano. Il processo è stato rinviato poi ad ottobre. Guido Guidi