I fornitori batton cassa agli ospedali del Pavese

I fornitori batton cassa agli ospedali del Pavese La grave crisi porterà alla paralisi? I fornitori batton cassa agli ospedali del Pavese I materiali (sia sanitari che di consumo) devono essere pagati alla consegna - Minacce di azioni legali - Le mutue intanto continuano ad accumulare debiti e le banche rifiutano anticipi (Dal nostro inviato speciale) Pavia, 1 luglio. Gli ospedali della Lomellina e del Pavese vivono giorni critici; se la situazione non muterà — e le speranze sono scarse — rischiano la paralisi per mancanza di denaro. «Ogni giorno è un'avventura — ci dice il segretario dell'ospedale "Gazzaniga" di Stradella, ragionier Agnoletti — metà del nostro tempo, che dovrebbe essere dedicato ai problèmi degli assistiti, si spende in una corsa frenetica per cercare di tappare una falla, di chiudere un buco. Con luglio, poi, la situazione diverrà ancora più drammatica». Il motivo è sempre lo stesso, quello lamentato dagli amministratori degli ospedali di Alessandria, Asti, Vercelli, Novara. LTnam paga poco e quel poco che paga è fermo alle vecchie rette del 1969 (6600 lire al giorno, mentre oggi si aggira sulle 20 mila lire); la Coldiretti non paga più una lira da anni, la stessa situazione si ripete per gli altri istituti previdenziali. I principali ospedali della zona — Pavia, Voghera, Vigevano, Stradella, Mortara, Mede e Broni — vantano crediti dalle mutue per almeno 15 miliardi. Intanto, crescono le anticipazioni di cassa, che sfiorano complessivamente i 7-8 miliardi, con conseguente pagamento di decine di milioni di interessi. «Le nostre anticipazioni di cassa — spiega il segretario dell'ospedale di Mede — raggiungono i 600 'milioni, che ci costano 60 milioni di interessi passivi all'anno». Le banche comunque hanno già fatto sapere che non potranno più concedere anticipazioni a causa della stretta creditizia. Per molti ospedali diventerà un problema insuperabile anche il solo pagamento degli stipendi ai medici e ai dipendenti. «Ora, poi — spiega il segretario di Stradella — il problema si è aggravato. Le restrizioni creditizie hanno ovviamente colpito anche i nostri fornitori, che di conseguenza non possono più farci credito. Abbiamo già ricevuto più di una minaccia: se entro l'8 luglio non pagheremo le fatture almeno sino al giugno 1973, consegneranno materiale soltanto con pagamento contrassegno». Ma dove possono trovare i soldi le amministrazioni ospedaliere? «In questo momento — dice allarmata la segretaria dell'ospedale di Broni — non abbiamo in cassa neppure una lira. Siamo entrati in agonia». I fornitori, intanto, stringono i tempi, i tavoli degli amministratori ospedalieri si coprono di lettere e telegrammi con cui ditte intimano il pagamento delle fatture scadute da mesi se non da anni. «I fornitori che attendono da mesi stanno muovendosi — ricorda amareggiato il ragionier Colli dell'ospedale "S. Ambrogio" di Mortara —. Proprio in questi giorni ho dovuto cercare qualche soldo per far fronte alla minaccia di azione legale che veniva da ditte di pellicole radiografiche e salumi. Uno dei problemi più urgenti e gravi è il rifornimento dei filtri e delle membrane per la dialisi renale. Al policlinico "San Matteo" di Pavia, il più grosso ospedale della provincia, il centro dialisi vive praticamente alla giornata. La situazione è identica al centro dialisi dell'ospedale di Voghera. «Bisogna pagare alla consegna — dice il direttore amministrativo dottor Romanelli — per avere il materiale indispensabile, ma i soldi sono pochi. Il "centro" è ad un passo dalla chiusura». Se, mancando i contanti, le ditte fornitrici sospendessero i rifornimenti di filtri e membrane, per alcuni ammalati di reni sarebbe la fine. Per evitare una tale evenienza è stata avanzata l'ipotesi di ricorrere all'autorità giudiziaria per ottenere la consegna coatta. Così, per ricordare un caso, l'ospedale di Vigevano è stato costretto a ridurre l'attività del laboratorio analisi e del reparto radiologico ai soli ricoverati sospendendo il servizio per gli esterni. «Il materiale per il laboratorio e la radiologia — fa notare il direttore amministrativo dell'ospedale vigevanese — comincia a scarseggiare, abbiamo dovuto rallentare l'attività. D'altra parte, è impossibile far fronte alle richieste dei fornitori che attendono in alcuni casi il pagamento di fatture che risalgono almeno al 1970-71. Cerchiamo di dare qualcosa a quelli che minacciano arnioni legali, ma ogni mese la situazione si fa più critica». Le mutue non pagano, o pagano poco e in modo irregolare; le banche chiudono i finanziamenti, i fornitori mi¬ nacciano di non inviare viveri e materiale. Per gli ospedali della Lomellina e del Pavese si avvicina il collasso. L'ospedale di Vigevano (700 posti letto) vanta crediti per 3 miliardi dalle mutue, le anticipazioni di cassa superano gli ottocento milioni, i debiti sono dell'ordine di miliardi, Non certo migliore la situazione al policlinico «San Matteo» di Pavia (2000 posti letto, circa altrettanti dipendenti) dove i crediti oscillano tra i 3 e i 4 miliardi. Quattro miliardi 600 milioni devono le mutue all'ospedale di Voghera (800 posti letto, oltre 500 dipendenti), le anticipazioni di cassa superano due miliardi e sono ormai congelate. Il «Sant'Ambrogio» di Mortara (277 posti letto, 150 dipendenti) paga decine di milioni di interesse per un'anticipazione di cassa di 830 milioni, mentre i crediti con le mutue sono di circa 1,5 miliardi. Mille 200 milioni, di cui 900 soltanto dell'Inani, attende l'ospedale di Mede (175 posti, 135 dipendenti), 600 i milioni di anticipazioni di cassa e, dice il segretario, tale cifra dovrebbe essere portata ad almeno 800-900 milioni. Gli ospedali di Stradella (297 po sti e 160 dipendenti) e di Broni (211 posti, 135 dipendenti) vantano crediti rispettivamente per 1300 e 1400 milioni, mentre complessivamente il loro anticipo di cassa sfiora il miliardo. Franco Marchialo

Persone citate: Agnoletti, Franco Marchialo, Mortara, Romanelli, Stradella