Viaggio tra i 160 mila italiani che già aspettano a Stoccarda di Vittorio Messori

Viaggio tra i 160 mila italiani che già aspettano a Stoccarda I NOSTRI EMIGRANTI E IL CAMPIONATO DI CALCIO Viaggio tra i 160 mila italiani che già aspettano a Stoccarda La città non dorme più, lavori enormi - Con gli italiani, anche turchi, jugoslavi e spagnoli guardano ai Giochi di giugno - Ma dietro il tifo si esprimono timori e amarezze - Storia di un asilo vuoto e di una casa chiusa strapiena - I mestatori fascisti (Dal nostro inviato speciale) Stoccarda, aprile. Tra un mese e mezzo sì comincia. Per la seconda volta in due tinnì, il mondo sportivo guarda alla Germania. Le televisioni di 102 Paesi (275 milioni di marchi — circa 82 miliardi e 500 milioni — sono stati pagati per il diritto alle trasmissioni) già montano i collegamenti. Il 13 giugno, alle 18, Brasile-Jugoslavia, allo «Stadio della foresta» di Francoforte, metterà in moto la macchina dei Campionati mondiali di calcio. Macchina «kolossal», come vuole la tradizione di questo Paese. Tre milioni e mezzo di biglietti in gran parte già venduti, 250 milioni di marchi (75 miliardi) per l'ampliamento di otto dei nove campi di gara. Il nono, Z'Olympiastadion di Monaco, pare sia costato da solo 200 milioni di marchi (60 miliardi). In queste notti, nel centro delle città «mondiali» è impossibile il riposo. Dalle strade sventrate arriva agli ospiti degli alberghi il frastuono di instancabili martelli pneumatici, di bulldozer, di impastatrici di cemento. Dietro il rumore delle macchine, per tutta la notte, le voci di operai turchi, jugoslavi, spagnoli, greci, portoghesi, italiani. Qui, a Stoccarda, la Kdnigstrasse (la «via reale» dove l'affitto di un negozio è sui cinque milioni di lire al mese) è una immensa trincea. Per giugno, S-Bahn e TJBahn, ferrovia regionale e linea metropolitana, dovranno essere terminate. Qui giocheranno le squadre del quarto gruppo: dopo la partita di apertura a Monaco con il novizio e (a quanto si assicura) sprovveduto Haiti, l'Italia affronterà, a Stoccarda, Argentina e Polonia. Sempre a Stoccarda, nuova partita degli azzurri se avranno raggiunto il primo posto nel loro gruppo del turno eliminatorio. L'alloggio della nostra squadra all'albergo «Mon repos» di Ludwigsburg (un centro industriale della periferia) sarà a lungo il quartier generale dell'organizzazione azzurra. Si tornerà a Monaco, se tutto andrà per il meglio, soltanto per finale e finalissima. Sede opportuna, Stoccarda: è la capitale del Land Baden ■ Wilrttemberg, dove lavorano dai 160 ai 170 mila italiani. E' di gran lunga la comunità più numerosa di nostri connazionali in tutta la Germania Federale, circa un terzo del totale complessivo. In un raggio di 50 chilometri dalla città ci sono 110 operai per chilometro quadrato, il doppio che in Renania, la regione superindustriale. Lavorano nel Baden, secondo la pignola statistica mensile del governo, stranieri di ben 123 Paesi. Daimler Benz, Porsche, Bosch e gli altri colossi della meccanica che qui hanno officine e sedi centrali risucchiano disoccupati da tutto il mondo. Turchi e jugoslavi hanno superato ormai e di molto il gruppo italiano, che pure conta 60 mila persone nella sola città e cintura di Stoccarda. Agli uffici del lavoro del Land, 47 mila posti risultano disponibili, ma i disoccupati sono 44 mila: «Manovalanza generica che nessuno vuole più», mi spiegano. La Mercedes «tira» bene, crisi energetica o no. La Porsche ha messo i suoi ad orario ridotto sino a qualche tempo fa, ma ora ha ripreso in pieno il lavoro nelle sue fabbriche di Zuffenhausen. Però a Mannheim, un altro centro del Land, la Strebelwerke (metallurgia) non ha retto, è fallita. Tremila i disoccupati, 238 gli italiani. Inquietudine Le migliaia dì nostri tifosi che verranno qui al seguito della squadra difficilmente avvertiranno un senso di inquietudine che serpeggia sotto l'impressionante quadro di opulenza. La sensazione del boom «che non può essere eterno», di una Germania gonfia di marchi e di stranieri che potrebbe avviarsi al culmine della scalata. E' una inquietudine che accomuna lavoratori siciliani o ciprioti ad economisti e statisti. Ha detto di recente J. Stingi, capo dell'Istituto Federale della manodopera, che il mercato tedesco del lavoro si avvia a un limite (quello dei cinque milioni di stranieri) «oltre il quale si profilano oscuri pericoli economici e sociali». Inconsciamente riecheggia queste preoccupazioni Salvatore Guerriero, il fruttivendolo di 26 anni, da nove in Germania, incontrato sotto le volte del mercato coperto di Stoccardo. Di Rossano Calabro, Guerriero, sabato e domenica, è arbitro ufficiale sui campi di serie minore del Baden-Wiirttemberg. Tutti, al mercato, lo indicano come il «supertifoso», eppure questi campionati del mondo con l'Italia a giocare due, tre volte a Stoccarda non gli piacciono. «Abbiamo faticato tanto a crearci buoni rapporti con i tedeschi, adesso arrivano i fanatici dall'Italia e se qualche discussione finisce in rissa chi ci rimette siamo noi che dobbiamo vivere qui». Ricorda Italia-Germania a Città del Messico, nel '70, quando (assicura) ci furono licenziamenti in tronco per scambi di pugni sui posti di lavoro. Del resto El Salvador e Honduras non si dichiararono guerra nel '69 prendendo a pretesto una partita di calcio? Scontenta anche la minoranza più politicizzata della nostra comunità (i partiti di sinistra hanno nel Land qualche migliaio di tessera¬ ti): «Un Paese che ci ha costretti all'emigrazione per la miseria, ora manda qui una folta comitiva di signorini milionari. E vorrebbero farci gridare "Forza Italia" sulle gradinate del Neckarstadion dove i giocatori raggiungono il prato con scale mobili ». Baracche Tesi di minoranza, certo, tra gli italiani di Stoccarda, che ha trovato l'appoggio dei gruppi della sinistra extraparlamentare tedesca. Rifacendosi alle tesi di un libro di straordinario successo («Il calcio come ideologia», autore Gerhard Vinnai, docente all'università di Hannover), si dice che i campionati del mondo «rischiano di attenuare la solidarietà di classe, dividendo i lavoratori stranieri in nome del nazionalismo incarnato nella loro squadra». Diverso il discorso del dottor Enrico Capobianco, console generale per il Baden Wurttemberg. Nella palazzina del consolato assediata da centinaia di connazionali che reclamano passaporti (molti verranno a votare per il referendum), Capobianco ci parla delle 80 squadre italiane che giocano un loro torneo nel Land e ci informa che le autorità locali stanno organizzando una grande «serata dell'Italia» dopo le partite del 19 e del 23 giugno. E' una trovata escogitata «per far passare una notte piacevole a quelli che fini¬ ranno per non trovare un letto in albergo». Da quella serata alcune migliaia di persone se ne andranno prima delle undici. Saranno gli ospiti dei Wohnheim, gli alloggi collettivi per uomini soli costruiti dalle fabbriche nella periferia. Alle 23 tutto deve essere tranquillo «perché il mattino dopo si lavora», come spiega il custode turco del nuovissimo Wohnheim della Mercedes a Sindelfingen, una dozzina di chilometri da Stoccarda. E' una serie di edifici isolati in un prato (la prima casa del paese è a quattro chilometri, c'è stata una protesta per la mancanza di un pullman), il letto in una stanza a quattro posti costa 60 marchi (18 mila lire). Ottenere un posto è una fortuna, la crisi di alloggi è tale che molti stranieri vivono su vecchi barconi ancorati sul Neckar, altri pagano 300 marchi (90 mila lire per una sistemazione di fortuna. Tra il verde della cintura cittadina (malgrado la concentrazione industriale, il 23% del territorio comunale è a foresta e il 31% a giirdino), si annidano ancora le baracche. «Solitudine e repressione affettiva sono tali che, proprio qui a Sindelfingen, sono stati denunciati casi di violenza sessuale tra uomini», dicono Remo Boccia e Luigi Montesardo, direttore e redattore de «Il giornale italiano», settimanale per i nostri connazionali nel Baden. Una situazione psicologica che trova l'espressione più impressionante nello StadtBordell, la casa chiusa municipale di Stoccarda. Una visita agghiacciante che dice più di un trattato dì sociologia. Italiani, turchi, spagnoli, slavi salgono e scendono instancabili le scale, percorrono con occhi infiammati i corridoi su cui si aprono le camere che il Comune affitta alle donne. Nelle stanze che ciascuna si arreda secondo il suo gusto (quadretti con visioni delle Alpi Bavaresi, cuscini ricamati, fiori di plastica) anziane professioniste attendono una visita da 50-70 marchi (15-21.000 lire). Il costo di un mese di affitto al Wohnheim. Difficile chiedere qui, o a Sindelfingen, a Zufenhausen, a Ludwigsburg, che pensino questi uomini dei campionati mondiali di calcio. Le risposte poche volte sono aggressive, chi contesta è una minoranza. Quasi sempre c'è indifferenza che sorprenderebbe chi, in Italia, già pregusta le trasmissioni in diretta o fa i conti per un charter sin qui. Nei giornalisti non hanno fiducia, «ne sono venuti tanti a prendere appunti», dicono molti andandosene senza rispondere. Chi accetta di parlare indirizza il discorso sui due casi del giorno per la comunità. Il primo episodio ha per protagonista un prete italiano, Niccolò Gueci, denunciato da un assessore democristiano di Sindelfingen all'organismo federale per la difesa della Costituzione. Motivo: «attività sovversive». In un incontro in cui si denunciavano certe carenze dell'amministrazione comunale, il Gueci si sarebbe comportato da «comunista». Secondo caso, quello dei 30 maestri elementari italiani che hanno manifestato clamorosamente davanti al Consolato perché da qualche mese non prendono lo stipendio. «Con i tedeschi abbiamo fatto la figura di ottimi predicatori ma di pessimi razzolatori — dice Remo Boccia —. Se una ditta tedesca lasciasse senza stipendio un dipendente, il Consolato italiano farebbe indignate proteste. Intanto, lo stesso Consolato è accusato di insolvenza per le strade dai suoi stessi dipendenti». La denuncia Sulle carenze della tutela consolare fa leva un'attiva propaganda di destra. Proprio a Stoccarda si sono riuniti a convegno i dirigenti dei Comitati tricolori italiani nel mondo (l'organizzazione del msi per gli emigrati) che hanno votato un documento in cui «si dà pieno appoggio alla battaglia della destra nazionale per la salvezza d'Italia». Su carta intestata del Comitato consolare di assistenza presso il viceconsolato d'Italia a Norimberga si faceva propaganda ad Antonio Prando, il candidato missino alle elezioni del consiglio degli stranieri. Alla propaganda di destra servono anche episodi come quello, in apparenza sconcertante, di Zuffenhausen. Qui, con una spesa di mezzo milione di marchi (150 milioni di lire)'"è stato costruito un asilo modello per i figli dei lavoratori italiani alla Porsche. Ci sono 60 posti ma, ad alcuni mesi dalla inaugurazione, i nostri bambini sono soltanto cinque. Le altre centinaia sono tenuti a casa, sorvegliati dai fratelli più grandi che evadono così l'obbligo dell'istruzione. Il qualunquismo fascista non esita a dirsi «vergognato del nostro assenteismo di fronte alla generosa iniziativa degli amici tedeschi». Si indignano anche gli esponenti della vecchia immigrazione, quelli che sono integrati nella società del posto. L'episodio, spiegarlo delegati sindacali di Zuffenhausen, si inquadra in una emigrazione che arriva da regioni vissrite in un secolare sottosviluppo. Comunque, per i «Comitati tricolori» un'occasione di riscatto è prossima. Già si preparano le bandiere da sventolare in giugno al Neckarstadion «per mostrare al mondo che crediamo nei valori eterni della Patria», dice un volantino distribuito nel Baden-Wiirttemberg. Vittorio Messori I Stoccarda. Ragazze a passeggio in una via della città, che ospita il maggior numero di emigrati italiani (Team) Viaggio tra i 160 mila italiani che già aspettano a Stoccarda I NOSTRI EMIGRANTI E IL CAMPIONATO DI CALCIO Viaggio tra i 160 mila italiani che già aspettano a Stoccarda La città non dorme più, lavori enormi - Con gli italiani, anche turchi, jugoslavi e spagnoli guardano ai Giochi di giugno - Ma dietro il tifo si esprimono timori e amarezze - Storia di un asilo vuoto e di una casa chiusa strapiena - I mestatori fascisti (Dal nostro inviato speciale) Stoccarda, aprile. Tra un mese e mezzo sì comincia. Per la seconda volta in due tinnì, il mondo sportivo guarda alla Germania. Le televisioni di 102 Paesi (275 milioni di marchi — circa 82 miliardi e 500 milioni — sono stati pagati per il diritto alle trasmissioni) già montano i collegamenti. Il 13 giugno, alle 18, Brasile-Jugoslavia, allo «Stadio della foresta» di Francoforte, metterà in moto la macchina dei Campionati mondiali di calcio. Macchina «kolossal», come vuole la tradizione di questo Paese. Tre milioni e mezzo di biglietti in gran parte già venduti, 250 milioni di marchi (75 miliardi) per l'ampliamento di otto dei nove campi di gara. Il nono, Z'Olympiastadion di Monaco, pare sia costato da solo 200 milioni di marchi (60 miliardi). In queste notti, nel centro delle città «mondiali» è impossibile il riposo. Dalle strade sventrate arriva agli ospiti degli alberghi il frastuono di instancabili martelli pneumatici, di bulldozer, di impastatrici di cemento. Dietro il rumore delle macchine, per tutta la notte, le voci di operai turchi, jugoslavi, spagnoli, greci, portoghesi, italiani. Qui, a Stoccarda, la Kdnigstrasse (la «via reale» dove l'affitto di un negozio è sui cinque milioni di lire al mese) è una immensa trincea. Per giugno, S-Bahn e TJBahn, ferrovia regionale e linea metropolitana, dovranno essere terminate. Qui giocheranno le squadre del quarto gruppo: dopo la partita di apertura a Monaco con il novizio e (a quanto si assicura) sprovveduto Haiti, l'Italia affronterà, a Stoccarda, Argentina e Polonia. Sempre a Stoccarda, nuova partita degli azzurri se avranno raggiunto il primo posto nel loro gruppo del turno eliminatorio. L'alloggio della nostra squadra all'albergo «Mon repos» di Ludwigsburg (un centro industriale della periferia) sarà a lungo il quartier generale dell'organizzazione azzurra. Si tornerà a Monaco, se tutto andrà per il meglio, soltanto per finale e finalissima. Sede opportuna, Stoccarda: è la capitale del Land Baden ■ Wilrttemberg, dove lavorano dai 160 ai 170 mila italiani. E' di gran lunga la comunità più numerosa di nostri connazionali in tutta la Germania Federale, circa un terzo del totale complessivo. In un raggio di 50 chilometri dalla città ci sono 110 operai per chilometro quadrato, il doppio che in Renania, la regione superindustriale. Lavorano nel Baden, secondo la pignola statistica mensile del governo, stranieri di ben 123 Paesi. Daimler Benz, Porsche, Bosch e gli altri colossi della meccanica che qui hanno officine e sedi centrali risucchiano disoccupati da tutto il mondo. Turchi e jugoslavi hanno superato ormai e di molto il gruppo italiano, che pure conta 60 mila persone nella sola città e cintura di Stoccarda. Agli uffici del lavoro del Land, 47 mila posti risultano disponibili, ma i disoccupati sono 44 mila: «Manovalanza generica che nessuno vuole più», mi spiegano. La Mercedes «tira» bene, crisi energetica o no. La Porsche ha messo i suoi ad orario ridotto sino a qualche tempo fa, ma ora ha ripreso in pieno il lavoro nelle sue fabbriche di Zuffenhausen. Però a Mannheim, un altro centro del Land, la Strebelwerke (metallurgia) non ha retto, è fallita. Tremila i disoccupati, 238 gli italiani. Inquietudine Le migliaia dì nostri tifosi che verranno qui al seguito della squadra difficilmente avvertiranno un senso di inquietudine che serpeggia sotto l'impressionante quadro di opulenza. La sensazione del boom «che non può essere eterno», di una Germania gonfia di marchi e di stranieri che potrebbe avviarsi al culmine della scalata. E' una inquietudine che accomuna lavoratori siciliani o ciprioti ad economisti e statisti. Ha detto di recente J. Stingi, capo dell'Istituto Federale della manodopera, che il mercato tedesco del lavoro si avvia a un limite (quello dei cinque milioni di stranieri) «oltre il quale si profilano oscuri pericoli economici e sociali». Inconsciamente riecheggia queste preoccupazioni Salvatore Guerriero, il fruttivendolo di 26 anni, da nove in Germania, incontrato sotto le volte del mercato coperto di Stoccardo. Di Rossano Calabro, Guerriero, sabato e domenica, è arbitro ufficiale sui campi di serie minore del Baden-Wiirttemberg. Tutti, al mercato, lo indicano come il «supertifoso», eppure questi campionati del mondo con l'Italia a giocare due, tre volte a Stoccarda non gli piacciono. «Abbiamo faticato tanto a crearci buoni rapporti con i tedeschi, adesso arrivano i fanatici dall'Italia e se qualche discussione finisce in rissa chi ci rimette siamo noi che dobbiamo vivere qui». Ricorda Italia-Germania a Città del Messico, nel '70, quando (assicura) ci furono licenziamenti in tronco per scambi di pugni sui posti di lavoro. Del resto El Salvador e Honduras non si dichiararono guerra nel '69 prendendo a pretesto una partita di calcio? Scontenta anche la minoranza più politicizzata della nostra comunità (i partiti di sinistra hanno nel Land qualche migliaio di tessera¬ ti): «Un Paese che ci ha costretti all'emigrazione per la miseria, ora manda qui una folta comitiva di signorini milionari. E vorrebbero farci gridare "Forza Italia" sulle gradinate del Neckarstadion dove i giocatori raggiungono il prato con scale mobili ». Baracche Tesi di minoranza, certo, tra gli italiani di Stoccarda, che ha trovato l'appoggio dei gruppi della sinistra extraparlamentare tedesca. Rifacendosi alle tesi di un libro di straordinario successo («Il calcio come ideologia», autore Gerhard Vinnai, docente all'università di Hannover), si dice che i campionati del mondo «rischiano di attenuare la solidarietà di classe, dividendo i lavoratori stranieri in nome del nazionalismo incarnato nella loro squadra». Diverso il discorso del dottor Enrico Capobianco, console generale per il Baden Wurttemberg. Nella palazzina del consolato assediata da centinaia di connazionali che reclamano passaporti (molti verranno a votare per il referendum), Capobianco ci parla delle 80 squadre italiane che giocano un loro torneo nel Land e ci informa che le autorità locali stanno organizzando una grande «serata dell'Italia» dopo le partite del 19 e del 23 giugno. E' una trovata escogitata «per far passare una notte piacevole a quelli che fini¬ ranno per non trovare un letto in albergo». Da quella serata alcune migliaia di persone se ne andranno prima delle undici. Saranno gli ospiti dei Wohnheim, gli alloggi collettivi per uomini soli costruiti dalle fabbriche nella periferia. Alle 23 tutto deve essere tranquillo «perché il mattino dopo si lavora», come spiega il custode turco del nuovissimo Wohnheim della Mercedes a Sindelfingen, una dozzina di chilometri da Stoccarda. E' una serie di edifici isolati in un prato (la prima casa del paese è a quattro chilometri, c'è stata una protesta per la mancanza di un pullman), il letto in una stanza a quattro posti costa 60 marchi (18 mila lire). Ottenere un posto è una fortuna, la crisi di alloggi è tale che molti stranieri vivono su vecchi barconi ancorati sul Neckar, altri pagano 300 marchi (90 mila lire per una sistemazione di fortuna. Tra il verde della cintura cittadina (malgrado la concentrazione industriale, il 23% del territorio comunale è a foresta e il 31% a giirdino), si annidano ancora le baracche. «Solitudine e repressione affettiva sono tali che, proprio qui a Sindelfingen, sono stati denunciati casi di violenza sessuale tra uomini», dicono Remo Boccia e Luigi Montesardo, direttore e redattore de «Il giornale italiano», settimanale per i nostri connazionali nel Baden. Una situazione psicologica che trova l'espressione più impressionante nello StadtBordell, la casa chiusa municipale di Stoccarda. Una visita agghiacciante che dice più di un trattato dì sociologia. Italiani, turchi, spagnoli, slavi salgono e scendono instancabili le scale, percorrono con occhi infiammati i corridoi su cui si aprono le camere che il Comune affitta alle donne. Nelle stanze che ciascuna si arreda secondo il suo gusto (quadretti con visioni delle Alpi Bavaresi, cuscini ricamati, fiori di plastica) anziane professioniste attendono una visita da 50-70 marchi (15-21.000 lire). Il costo di un mese di affitto al Wohnheim. Difficile chiedere qui, o a Sindelfingen, a Zufenhausen, a Ludwigsburg, che pensino questi uomini dei campionati mondiali di calcio. Le risposte poche volte sono aggressive, chi contesta è una minoranza. Quasi sempre c'è indifferenza che sorprenderebbe chi, in Italia, già pregusta le trasmissioni in diretta o fa i conti per un charter sin qui. Nei giornalisti non hanno fiducia, «ne sono venuti tanti a prendere appunti», dicono molti andandosene senza rispondere. Chi accetta di parlare indirizza il discorso sui due casi del giorno per la comunità. Il primo episodio ha per protagonista un prete italiano, Niccolò Gueci, denunciato da un assessore democristiano di Sindelfingen all'organismo federale per la difesa della Costituzione. Motivo: «attività sovversive». In un incontro in cui si denunciavano certe carenze dell'amministrazione comunale, il Gueci si sarebbe comportato da «comunista». Secondo caso, quello dei 30 maestri elementari italiani che hanno manifestato clamorosamente davanti al Consolato perché da qualche mese non prendono lo stipendio. «Con i tedeschi abbiamo fatto la figura di ottimi predicatori ma di pessimi razzolatori — dice Remo Boccia —. Se una ditta tedesca lasciasse senza stipendio un dipendente, il Consolato italiano farebbe indignate proteste. Intanto, lo stesso Consolato è accusato di insolvenza per le strade dai suoi stessi dipendenti». La denuncia Sulle carenze della tutela consolare fa leva un'attiva propaganda di destra. Proprio a Stoccarda si sono riuniti a convegno i dirigenti dei Comitati tricolori italiani nel mondo (l'organizzazione del msi per gli emigrati) che hanno votato un documento in cui «si dà pieno appoggio alla battaglia della destra nazionale per la salvezza d'Italia». Su carta intestata del Comitato consolare di assistenza presso il viceconsolato d'Italia a Norimberga si faceva propaganda ad Antonio Prando, il candidato missino alle elezioni del consiglio degli stranieri. Alla propaganda di destra servono anche episodi come quello, in apparenza sconcertante, di Zuffenhausen. Qui, con una spesa di mezzo milione di marchi (150 milioni di lire)'"è stato costruito un asilo modello per i figli dei lavoratori italiani alla Porsche. Ci sono 60 posti ma, ad alcuni mesi dalla inaugurazione, i nostri bambini sono soltanto cinque. Le altre centinaia sono tenuti a casa, sorvegliati dai fratelli più grandi che evadono così l'obbligo dell'istruzione. Il qualunquismo fascista non esita a dirsi «vergognato del nostro assenteismo di fronte alla generosa iniziativa degli amici tedeschi». Si indignano anche gli esponenti della vecchia immigrazione, quelli che sono integrati nella società del posto. L'episodio, spiegarlo delegati sindacali di Zuffenhausen, si inquadra in una emigrazione che arriva da regioni vissrite in un secolare sottosviluppo. Comunque, per i «Comitati tricolori» un'occasione di riscatto è prossima. Già si preparano le bandiere da sventolare in giugno al Neckarstadion «per mostrare al mondo che crediamo nei valori eterni della Patria», dice un volantino distribuito nel Baden-Wiirttemberg. Vittorio Messori I Stoccarda. Ragazze a passeggio in una via della città, che ospita il maggior numero di emigrati italiani (Team)