La "troika,, vara il Festival

La "troika,, vara il Festival DA GIOVEDÌ A SABATO (IN TV) SANREMO CANTA La "troika,, vara il Festival Incontro con i tre organizzatori della rassegna Come sono le 28 canzoni che ascolteremo quest'anno (Dal nostro inviato speciale) Sanremo, 3 marzo. Anche quest'anno il festival della canzone italiana, detto di Sanremo, è giunto in porto. I segni del destino che l'hanno accompagnato in questi ultimi anni si sono puntualmente ripetuti: la giunta comunale è stata messa in crisi; si è avuta almeno una denuncia di supposta corruzione da parte di un discografico escluso; ci sono state polemiche su tutte le scelte effettuate che non riguardano solo le diciotto canzoni che sabato prossimo saranno teletrasmesse anche via satellite, ma il colore dei garofani sul palcoscenico, il numero delle maschere che disciplineranno il traffico degli spettatori, quello degli organizzatori che sono tre. Alchimisti Essi si chiamano Giovanni Ravera, anni 52, da Chiaravalle di Ancona; Elio Gigante, anni 67, da Pozzuoli del Friuli; Vittorio Salvetti, anni 36, da Cremona. Tutti li nominano, ciascuno viene identificato dal pubblico con un'etichetta impropria, eppure con Ezio Radaelli — temporaneamente fuori dal giro — sono gli alchimisti che decidono di trasformare in oro quella che sembrava una ragazza capace solo di gridare più forte delle altre, oppure quel motivo che non sembrava in grado di entrare nelle orecchie di nessuno. Ogni membro di questa troika — così chiamano il trio a Sanremo — ha una sua caratteristica. Salvetti è l'uomo del domani, quasi sfrontato grazie allo strapotere che gli conferiscono i juke-box dai quali trae le classifiche del suo Festivalbar. Ravera è, per dirla in senso calcistico, l'allenatore perfetto, con ambizioni di talent-scout (vedi la gara per voci nuove di Castrocaro) e capacità da direttore tecnico come chiarisce la sua Mostra internazionale di musica leggera di Venezia. Gigante è il fossile che non si discute, il vecchio uomo di | I teatro ancora felicemente sul- ] la breccia, che quando dice j Federico intende Fellini. E lo ^ fa con la dignità di un condor | sceso dalle Ande per appol- ] laiarsi su rovine rivierasche. I Elio Gigante ha cominciato ; ti, lavorare in teatro nel 1936, j un anno prima che venisse al mondo Salvetti. Iniziò come I amministratore: «Non perì smodato desiderio di-stare su* un palcoscenico — sottolinea ; , . , i — ma perche non mi andava 1 di far niente di faticoso». Era ! con Totò che stava preparan-1 do la rivista 50 milioni, c'è da ! impazzire e subito disse al capocomico Tupini, fratello di quello che sarebbe stato un ministro della Repubblica: «Questa è la più brutta compagnia che abbia mai visto. ! La soubrette ha una faccia da marciapiede, le ballerine la seguono a ruota, gli altri sono i i loro degni gregari». Lo chia-1 mò subito il segretario del sindacato fascista dello spettacolo, certo Vecchini, che esplose in una di quelle frasi che hanno celebrato l'ottusità di molti altri gerarchi: «Voi non farete mai più del teatro». E Gigante rispose: «Non è un guaio grosso, posso sempre fare altro: è lei che, se cambiano i tempi, passa un guaio irrimediabile». Con Gigante, Totò che gli aveva dato ragione rifacendo la compagnia, passò dalla serie B alla serie A. Totò, con Anna Magnani, ricorre molto nei discorsi di Gigante. «Se fosse andato in America, sarebbe diventato come Charlot. Era un uomo straordinario, pieno di umanità. La sua compagnia era una famiglia, | ma una famiglia educata, dìI stinta, composta di 50 o 60 persone che riuscivano a non ] far chiasso, a non versare j neppure una goccia di vino ^ sulla tovaglia. Io dovevo esse | re implacabile con le multe, ] specie sui ritardi; lui chiama I va il colpevole in camerino, ; 9li faceva la predica e gli pa j gava la multa ». I MeZZd crisi ì , ricordi di Gi te sono * n robustQ (ìn ; f . ,-.** „„„ «___;« j,- f„ff„ i famiglia sono giganti di fatto, , , , .7 1 compresi ì nipoti che sono sopra il metro e 90) puntato in segno di accusa contro i divi di oggi. Gigante non nomina mai Mina, di cui è stato il ! 1 ! ! i 1 mentore fino a poco tempo fa, ma dice piuttosto della Magnani. Crede nella gioia dell'amicizia oltre ogni rapporto. E' felice se Fellini lo imbroglia sul set del Satyricon fingendo di fargli solo provare la parte del padrone di casa di tolleranza e intanto gira davvero la scena. Vince la timidezza per aiutare Tognazzi che gira con i soldi suoi II fischio al naso e accetta la parte di un frate confessore. Qui a Sanremo Gigante è infelice: forse rimpiange di non aver lasciato a Radaelli il compito di rimestare questa | zuppa. «Tutto lo spettacolo è in crisi — dice — mancano i personaggi. Io stavo preparando il rientro dì Anna Magnani e sono convinto che con lei la cirsi sarebbe passata. Il resto è qui». Fa un gesto di sospensione, come di inutilità cosmica, come per cedere la parola sul festival agli altri due. Gianni Ravera si schermisce. Lui è stato a Sanremo anche come cantante molti anni fa, il festival gli sembra ancora un mostro sacro da adottare. Si trova subito un qualcosa da fare e resta Vittorio Salvetti, l'uomo di domani, che esordisce da chirurgo senza tatto che ha appena diagnosticato cancro: «/ miei noleggiatori di juke-box non prenderanno un solo disco da questo festival. Mi hanno detto: Vediamo dopo se magari c'è qualche giovane interessante. In quel momento ho capito che anche quest'anno abbiamo sbagliato tutto». Domani cominciano le prove e c'è già dunque l'epitaffio del XXIV Sanremo. Tirare le somme è facile. L'uomo del juke-box è come il solitario cacciatore di Jack London che non può permettersi di sbagliare l'esca che piazzerà nelle trappole. Niente pelliccia a fine stagione vuol dire niente viveri per iniziare la prossima, niente pallottole per difendersi dagli indiani ostili. Un juke-box costa un milione e 250 mila lire e rende in media 2500 lire al giorno. In Italia ce ne sono 35 mila e dentro a ciascuno funziona un «contatore di popolarità». Quando il cacciatore solitario va a vuotare la cassetta delle monetine, scopre quale esca ha funzionato e cioè quale disco è stato gettonato e quale no. Stando alle previsioni, nessuna delle canzoni che sono in gara quest'anno a Sanremo è una buona esca. «Qui a Sanremo sono ancora convinti che per interessare la gente sia assolutamente necessario fare scorrere il sangue. Se non c'è la gara, se i cantanti non si sbranano, non sono contenti — spiega Salvetti —. Eppure sono anni, cinque o sei, che non si imbrocca più una canzone. Jesahel e Montagne verdi sono casi eccezionali. Qui credono che i big della canzone siano Orietta Berti o Mino Reitano. Tu gli dici che va bene, ma che si potrebbe invitare Ringo Starr e loro si guardano, credono che sia un attore che fa la pubblicità per un brodo e storcono il naso. Giuro che è vero, così come quando ho proposto Ike e Tina Turner, mi sono sentito rispondere che forse Lana Turner era un po' troppo vecchia per questa manifestazione. Stando così le cose, voglio pieni poteri, come Valcareggi. Quest'anno mi hanno rimpinzato di calciatori mediocri, ma quest'altro anno voglio sceglierli io, altrimenti questa nazionale non gioca neppure in serie C» Emio Donaggio e i l a m^^m^^^^^ Sanremo. L'organizzatore Gianni Ravera dà il via alle prove del Festival della canzone La "troika,, vara il Festival DA GIOVEDÌ A SABATO (IN TV) SANREMO CANTA La "troika,, vara il Festival Incontro con i tre organizzatori della rassegna Come sono le 28 canzoni che ascolteremo quest'anno (Dal nostro inviato speciale) Sanremo, 3 marzo. Anche quest'anno il festival della canzone italiana, detto di Sanremo, è giunto in porto. I segni del destino che l'hanno accompagnato in questi ultimi anni si sono puntualmente ripetuti: la giunta comunale è stata messa in crisi; si è avuta almeno una denuncia di supposta corruzione da parte di un discografico escluso; ci sono state polemiche su tutte le scelte effettuate che non riguardano solo le diciotto canzoni che sabato prossimo saranno teletrasmesse anche via satellite, ma il colore dei garofani sul palcoscenico, il numero delle maschere che disciplineranno il traffico degli spettatori, quello degli organizzatori che sono tre. Alchimisti Essi si chiamano Giovanni Ravera, anni 52, da Chiaravalle di Ancona; Elio Gigante, anni 67, da Pozzuoli del Friuli; Vittorio Salvetti, anni 36, da Cremona. Tutti li nominano, ciascuno viene identificato dal pubblico con un'etichetta impropria, eppure con Ezio Radaelli — temporaneamente fuori dal giro — sono gli alchimisti che decidono di trasformare in oro quella che sembrava una ragazza capace solo di gridare più forte delle altre, oppure quel motivo che non sembrava in grado di entrare nelle orecchie di nessuno. Ogni membro di questa troika — così chiamano il trio a Sanremo — ha una sua caratteristica. Salvetti è l'uomo del domani, quasi sfrontato grazie allo strapotere che gli conferiscono i juke-box dai quali trae le classifiche del suo Festivalbar. Ravera è, per dirla in senso calcistico, l'allenatore perfetto, con ambizioni di talent-scout (vedi la gara per voci nuove di Castrocaro) e capacità da direttore tecnico come chiarisce la sua Mostra internazionale di musica leggera di Venezia. Gigante è il fossile che non si discute, il vecchio uomo di | I teatro ancora felicemente sul- ] la breccia, che quando dice j Federico intende Fellini. E lo ^ fa con la dignità di un condor | sceso dalle Ande per appol- ] laiarsi su rovine rivierasche. I Elio Gigante ha cominciato ; ti, lavorare in teatro nel 1936, j un anno prima che venisse al mondo Salvetti. Iniziò come I amministratore: «Non perì smodato desiderio di-stare su* un palcoscenico — sottolinea ; , . , i — ma perche non mi andava 1 di far niente di faticoso». Era ! con Totò che stava preparan-1 do la rivista 50 milioni, c'è da ! impazzire e subito disse al capocomico Tupini, fratello di quello che sarebbe stato un ministro della Repubblica: «Questa è la più brutta compagnia che abbia mai visto. ! La soubrette ha una faccia da marciapiede, le ballerine la seguono a ruota, gli altri sono i i loro degni gregari». Lo chia-1 mò subito il segretario del sindacato fascista dello spettacolo, certo Vecchini, che esplose in una di quelle frasi che hanno celebrato l'ottusità di molti altri gerarchi: «Voi non farete mai più del teatro». E Gigante rispose: «Non è un guaio grosso, posso sempre fare altro: è lei che, se cambiano i tempi, passa un guaio irrimediabile». Con Gigante, Totò che gli aveva dato ragione rifacendo la compagnia, passò dalla serie B alla serie A. Totò, con Anna Magnani, ricorre molto nei discorsi di Gigante. «Se fosse andato in America, sarebbe diventato come Charlot. Era un uomo straordinario, pieno di umanità. La sua compagnia era una famiglia, | ma una famiglia educata, dìI stinta, composta di 50 o 60 persone che riuscivano a non ] far chiasso, a non versare j neppure una goccia di vino ^ sulla tovaglia. Io dovevo esse | re implacabile con le multe, ] specie sui ritardi; lui chiama I va il colpevole in camerino, ; 9li faceva la predica e gli pa j gava la multa ». I MeZZd crisi ì , ricordi di Gi te sono * n robustQ (ìn ; f . ,-.** „„„ «___;« j,- f„ff„ i famiglia sono giganti di fatto, , , , .7 1 compresi ì nipoti che sono sopra il metro e 90) puntato in segno di accusa contro i divi di oggi. Gigante non nomina mai Mina, di cui è stato il ! 1 ! ! i 1 mentore fino a poco tempo fa, ma dice piuttosto della Magnani. Crede nella gioia dell'amicizia oltre ogni rapporto. E' felice se Fellini lo imbroglia sul set del Satyricon fingendo di fargli solo provare la parte del padrone di casa di tolleranza e intanto gira davvero la scena. Vince la timidezza per aiutare Tognazzi che gira con i soldi suoi II fischio al naso e accetta la parte di un frate confessore. Qui a Sanremo Gigante è infelice: forse rimpiange di non aver lasciato a Radaelli il compito di rimestare questa | zuppa. «Tutto lo spettacolo è in crisi — dice — mancano i personaggi. Io stavo preparando il rientro dì Anna Magnani e sono convinto che con lei la cirsi sarebbe passata. Il resto è qui». Fa un gesto di sospensione, come di inutilità cosmica, come per cedere la parola sul festival agli altri due. Gianni Ravera si schermisce. Lui è stato a Sanremo anche come cantante molti anni fa, il festival gli sembra ancora un mostro sacro da adottare. Si trova subito un qualcosa da fare e resta Vittorio Salvetti, l'uomo di domani, che esordisce da chirurgo senza tatto che ha appena diagnosticato cancro: «/ miei noleggiatori di juke-box non prenderanno un solo disco da questo festival. Mi hanno detto: Vediamo dopo se magari c'è qualche giovane interessante. In quel momento ho capito che anche quest'anno abbiamo sbagliato tutto». Domani cominciano le prove e c'è già dunque l'epitaffio del XXIV Sanremo. Tirare le somme è facile. L'uomo del juke-box è come il solitario cacciatore di Jack London che non può permettersi di sbagliare l'esca che piazzerà nelle trappole. Niente pelliccia a fine stagione vuol dire niente viveri per iniziare la prossima, niente pallottole per difendersi dagli indiani ostili. Un juke-box costa un milione e 250 mila lire e rende in media 2500 lire al giorno. In Italia ce ne sono 35 mila e dentro a ciascuno funziona un «contatore di popolarità». Quando il cacciatore solitario va a vuotare la cassetta delle monetine, scopre quale esca ha funzionato e cioè quale disco è stato gettonato e quale no. Stando alle previsioni, nessuna delle canzoni che sono in gara quest'anno a Sanremo è una buona esca. «Qui a Sanremo sono ancora convinti che per interessare la gente sia assolutamente necessario fare scorrere il sangue. Se non c'è la gara, se i cantanti non si sbranano, non sono contenti — spiega Salvetti —. Eppure sono anni, cinque o sei, che non si imbrocca più una canzone. Jesahel e Montagne verdi sono casi eccezionali. Qui credono che i big della canzone siano Orietta Berti o Mino Reitano. Tu gli dici che va bene, ma che si potrebbe invitare Ringo Starr e loro si guardano, credono che sia un attore che fa la pubblicità per un brodo e storcono il naso. Giuro che è vero, così come quando ho proposto Ike e Tina Turner, mi sono sentito rispondere che forse Lana Turner era un po' troppo vecchia per questa manifestazione. Stando così le cose, voglio pieni poteri, come Valcareggi. Quest'anno mi hanno rimpinzato di calciatori mediocri, ma quest'altro anno voglio sceglierli io, altrimenti questa nazionale non gioca neppure in serie C» Emio Donaggio e i l a m^^m^^^^^ Sanremo. L'organizzatore Gianni Ravera dà il via alle prove del Festival della canzone