E' morto a 78 anni Carlo Ninchi attore realista, eclettico e vero

E' morto a 78 anni Carlo Ninchi attore realista, eclettico e vero Uno fra i più popolari personaggi del cinema italiano E' morto a 78 anni Carlo Ninchi attore realista, eclettico e vero Dopo l'esordio teatrale, era passato allo schermo, interpretando decine di film - Con la sua maschera asimmetrica creò un personaggio che, già negli Anni Trenta, faceva presagire il neorealismo - Lavorò fino agli ultimi mesi, quando era già malato, per la televisione a (Dal nostro corrispondente) Milano, 29 aprile. (g. m.) In una clinica milanese, dove era ricoverato da tempo, è morto sabato scorso l'attore Carlo Ninchi, uno fra i più popolari personaggi del cinema e del teatro italiano. Aveva 78 anni, essendo nato a Bologna il 31 maggio 1896. La moglie Eddanives Birarda e la figlia Carlotta ne hanno dato l'annuncio, per espressa volontà dello scomparso, solamente questa mattina, ad esequie avvenute, con un breve necrologio apparso su un quotidiano cittadino. Le spoglie di Carlo Ninchi sono state tumulate nella tomba di famiglia ad Ancona. Qui ad attendere il corteo funebre c'erano la sorella dello scomparso, Maria di 85 anni, che vive a Fano, e alcuni parenti che abitano ad Ancona e a Pesaro. La cugina Ave Ninchi e il nipote Arnaldo, anche questi attore, avevano invece reso omaggio alla salma a Milano, Carlo Ninchi aveva esordito in teatro subito dopo la prima guerra mondiale, nella compagnia del fratello Annibale, raggiungendo successivamente il successo anche nel cinema con il film Giàrabub, premiato nel 1942 al festival di Venezia. Aveva terminato l'ultima sua fatica pochi mesi fa, interpretando, sebbene già seriamente malato, la parte di « Zi Zuà » nello sceneggiato televisivo « L'edera » tratto dal romanzo di Grazia Deledda. Il suo attaccamento al lavoro era fortissimo. Quando morì la prima moglie, Derika Raffaldini, in seguito ad un male incurabile nell'aprile del 1961, volle portare a termine la recita in cui era impegnato, prima di andare a porgerle l'estremo saluto. Da anni praticamente si era ritirato a vita privata anche in conseguenza delle sue malferme condizioni di salute che lo costringevano all'immobilità e a lunghe permanenze in clinica. La notizia della morte ha suscitato rimpianto negli ambienti artistici e teatrali di Milano e di tutta Italia. Dopo il meno anziano Andrea Checchi, un altro attore della stessa generazione artistica venuta su nel « ventennio », e altrettanto benvoluto e popolare di lui, ci lascia per sempre: quel Carlo Ninchi che, figlio d'arte (come il fratello Annibale), ha per tanti anni onorato la professione d'attore con la sua attività nel teatro, nel cinema e poi alla radio e in televisione: una « presenza », la sua, che comprende le vicissitudini e le evoluzioni dell'arte dello spettacolo in Italia, dal lontano 1920 (allora che impersonò « Pilade » nell'Oreste di Alfieri, accanto al fratello capocomico) sino ai giorni nostri. Viva però la sua faccia, egli restò sempre fedele a se stesso, alla ruvida plasticità dell'attore istintivo, non meno versato nel drammatico che nel comico e anche così fotogenicamente fortunato da avere azzeccata (quando la cosa non era senza pericolo) la miscela tutta moderna del « brutto-simpatico ». L'ultima immagine che milioni d'Italiani serbano di Car¬ lo Ninchi sembra oggi una premonizione: fu quella del vecchio zio malato e poi agonizzante dello sceneggiato televisivo L'edera dal romanzo della Deledda. Allora si vide bene che l'uomo era alla fine; l'uomo, ma non l'attore, che di quella fatiscenza si giovò sotto i lenzuoli a rendere più desolato, affannoso e fischiante il ritratto dell'asmatico. Fedele sino all'ultimo a un mandato di resa veristica, Ninchi ebbe tuttavia, nella sua duttilità, momenti di trasparanza e d'humour, sia come partner di Macario e di Tota sullo schermo, sia come interprete di Sardou, Goldoni, Shaw e Shakespeare fMalvolio). Attore di teatro entrato a far parte delle più celebri compagnie del trentennio '20-'50, spaziò in un vasto repertorio che comprendeva, oltre ai citati, Pirandello, Tasso (fu un vigoroso « Satiro » ne/rAminta), Racine, i tragici greci, Giacosa, Rovetta, Niccodemi, Mérìmée, Musset, Hemingway, Mauriac e tanti altri, con saporosi intermezzi nello spettacolo leggero e nella rivista quasi rivelatori d'una sua nuova vena (Cantachiaro e Soffia so!, accanto alla Magnani). Specialmente gli voleva bene il pubblico del cinema, che se anche non ne ricordava l'esordio (che fu nel 1930, con Corte d'assise di Brignone), apprezzò sempre la discrezione con cui egli serviva, dìsservendole, sia le truculenze rettoriche fGiarabub) sia le sdolcinature del cinema del regime, il ruvido tocco con cui sapeva « parlare ai cuori » in fumettoni, nei loro limiti riuscitissimi, quali Catene invisibili e Stasera niente di nuovo. Così assiduo nell'esercizio dello spettacolo, « tutto ei provò »: il genere storico cui 10 portava l'aitante figura ("Marco Visconti;, il dramma, la commedia, la farsa. E passò senza danno di popolarità 11 crinale da « primo uomo » a caratterista. Se la sua interpretazione più significativa è forse Cavallina storna di G. Morelli, in quanto a mestiere non sfigurò mai in nessuna occasione, e sempre la sua maschera asimmetrica e rude, la sua dizione un po' impastata e però più attesa ed efficace, furono oggetto d'attenzione e d'affetto da parte del pubblico. E ciò anche perché, così sballottato fra i ruoli più diversi, partecipe di tutte le tendenze senza rappresentarne nessuna, e insomma dissoluto nella routine, pure albeggiava in lui, in certa sua geniale trasandatezza, l'attore scabro e nuovo quale poi sarebbe stato l'attore del neorealismo. Non solo della sua bravura d'eclettico e della sua probità di professionista, ma anche e soprattutto della sua intelligenza, divinatrice d'un cinema migliore, durerà a lungo il rimpianto. Leo Pestelli mmmm§ Milano. L'attore Carlo Ninchi (Telefoto Ansa)