Due delitti nello casa del generale accusato d'aver ucciso una donna? di Francesco Santini

Due delitti nello casa del generale accusato d'aver ucciso una donna? Un caso giudiziario fra i più intricati a Latina Due delitti nello casa del generale accusato d'aver ucciso una donna? E' l'ingegner Gelsomino D'Ambrosio, ispettore generale dei vigili del fuoco - Tre anni fa, insieme con la moglie e la figlia avrebbe ucciso una coinquilina - La donna li avrebbe minacciati di rivelare che la madre dell'alto ufficiale non era morta per collasso, ma per i colpi ricevuti -1 tre, arrestati e incriminati, respingono le accuse (Dal nostro inviato speciale) Latina, 27 aprile. L'uccisione di Andreina Calzati, 56 anni, massacrata con un ferro da stiro e sgozzata con un coltellaccio tre anni fa, il 26 aprile del '71 è divenuto, d'improvviso, la settimana scorsa, un caso giudiziario tra i più difficili e intricati. Per omicidio volontario il giudice istruttore Domenico Colaiuta ha incriminato e arrestato tre personaggi «al di sopra di ogni sospetto »: l'ispettore generale dei vigili del fuoco ingegner Gelsomino D'Ambrosio, 51 anni, sua moglie, Cecilia, 42 anni, e sua figlia, Loredana, 21 anni, che a Bari frequentava sino all'arresto l'ultimo anno di Magistero. Gli accusati, si dichiarano innocenti, oppongono un alibi, si dicono offesi. Gl'inquirenti, pur ammettendo un processo indiziario, affermano di essere sulla strada giusta che porterà a tre rinvii a giudizio in corte d'assise. La città, al contrario, appare indecisa, turbata. Tacciono i grandi notabili della politica e della piccola industria; innocentisti i ceti più facoltosi, decisamente colpevolisti gli altri. In tre anni, l'ombra dei sospetti ha sfiorato dapprima il marito della vittima, Walter Calzati, emiliano, funzionario d'una grande industria; quindi un operaio, Antonio Di Carlo, accusato dei crimine dall'amante visionaria trascurata, e forse tradita. Poi gli inquirenti hanno spinto lo sguardo nell'appartamento attiguo a quello della vittima, in casa dell'ingegner D'Ambrosio, dove adesso dicono sia stata uccisa Andreina Calzati, nella centralissima piazza Roma, a cento metri dalla questura. A trovare la madre, a terra, in un lago di sangue, dinanzi alla finestra della cucina, esattamente tre anni fa, alle 13,30, fu il figlio Paolo 22 anni, allievo ufficiale — oggi — all'Accademia Aeronautica di Pozzuoli. Sconvolto, il giovanotto, allora diciannovenne, si precipitò fuori dell'appartamento e proprio per le scale incontrò il generale D'Ambrosio che rincasava per il pranzo. L'alto ufficiale, secondo quanto Paolo Calzati ha raccontato al magistrato, gli apparve pallido, forse turbato, ma deciso a mantenere la calma. «Non preoccuparti — avrebbe detto — penso io a tutto e chiamo un'ambulanza». Il generale entrò in casa sua e per telefono ordinò al Corpo dei vigili del fuoco un'autolettiga e impose ai suoi uomini di rimuovere il cadavere. La polizia intervenne un'ora dopo, alle 14,30, ma del delitto non vi era traccia: Cecilia D'Ambrosio e la figlia Loredana avevano provveduto a cancellare ogni macchia di sangue. «Abbiamo provveduto a cancellare il sangue per generosità, per evitare un nuovo choc al ragazzo, al padre... ». Fu creduto; mancava del resto il movente, che oggi, secondo l'accusa, sarebbe svelato: la vittima, Andreina Calzati, custodiva un drammatico segreto della famiglia D'Ambrosio, la morte della madre del generale, Loreta Cerrone, 87 anni, la cui salma martedì prossimo sarà riesumata. Sulla morte di Loreta Cerrone, Andreina Calzati nutriva gravi sospetti che aveva confidato soltanto al marito e che il funzionario s'è deciso a raccontare al magistrato solamente dopo l'arresto del generale e di sua moglie, compiuto a Napoli, in un elegante appartamento del Vomero. Al giudice istruttore Walter Calzati ha detto che quattro anni fa all'alba del 20 giugno la signora D'Ambrosio corse a chiedere aiuto: «Presto, implorò, accorrete, mia suocera sta morendo ». Quando Andreina Calzati entrò nella stanza, la madre del generale era già spirata, ma commentò la donna col marito: una morte strana; la Cerrone aveva dei segni in faccia e una vasta ecchimosi sul torace: me ne sono accorta mentre aiutavo i D'Ambrosio a vestire la vecchia. Il dott. Latini che stilò il certificato di morte non ebbe invece alcun dubbio: sul documento scrisse: «Collasso cardiocircolatorio ». « Ecco il movente », dicono gli inquirenti. Ma molto sperano di ottenerne dalla perizia necroscopica: «Se ci fossero delle fratture, tutto sarebbe chiaro». Il giudice Colaiuta e il pubblico ministero Santangelo risfogliano stasera gli atti istruttori. La svolta che ha portato i due magistrati ad accusare del delitto la famiglia D'Ambrosio si è avuta la settimana scorsa, quando la signora Viccione, titolare di un bar pasticceria in piazza Roma, ha fatto alcune precisazioni. Il bar di Luisa Viccione è molto ampio e si i actanpl1tdAnunfptslvlDdsc articola in diverse sale che corrispondono sia all'appartamento dei D'Ambrosio che a quello dei Calzati. Alla polizia la titolare del negozio dichiarò a suo tempo di aver udito « tre tonfi », la mattina del delitto, tra le 10,35 e le 10,40. Gli inquirenti ritennero così di avere individuato l'ora del decesso: Andreina Calzati, infatti, sino alle 9,30 era stata vista ad una finestra, mentre, alle 11, non era uscita di casa, come faceva ogni giorno. Una perizia nel locale ha però accertato che, dal punto d'ascolto indicato dalla teste, i « tre tonfi » uditi dalla donna non potevano provenire dall'appartamento della vittima ma da quello dei D'Ambrosio. Di qui la ricostruzione del delitto e l'accusa agli « insospettabili»: secondo il giudice istruttore, Andreina Calzati sarebbe stata uccisa nell'appartamento dei D'Ambro¬ sio, dove si era recata per « regolare » una storia d'amore tra suo figlio Paolo e la giovane Loredana, restia ad accettarne le attenzioni. Nel litigio la Calzati avrebbe accusato Cecilia D'Ambrosio di aver ucciso la suocera e questa, per farla tacere, l'avrebbe stordita con l'aiuto della figlia, prima con un ferro da stiro e ferita poi, con un forchettone da cucina. Il corpo sarebbe stato quindi trasferito nella cucina dell'appartamento attiguo e qui il generale D'Ambrosio avrebbe finito la donna, sgozzandola con un grosso coltello. Stamane, secondo l'accusa, la tesi difensiva di Cecilia D'Ambrosio sarebbe stata smantellata. La domestica del generale, Maria Tosetto, ha precisato al giudice istruttore, di essersi assentata da casa D'Ambrosio tra le 10,15 e le 11,10, per circa un'ora, proprio nel momento in cui gli inquirenti collocano l'ora del delitto. Cecilia D'Ambrosio, quando fu interrogata, anticipò invece l'assenza della domestica, proprio di un'ora, tra le 9,15 e le 10,15, per indicare così la presenza della Tosetto in casa al momento del crimine. Altro teste a sfavore, il vigile del fuoco Mario Pattaro, che avrebbe portato, secondo il generale D'Ambrosio, l'auto di famiglia dalla caserma all'abitazione di piazza Roma. « Mia moglie — disse il generale — la mattina del delitto mancò di casa un'ora e mezzo, per un appuntamento dalla sarta. Ricordo, infatti, di averle mandato l'auto per mezzo di Pattaro». Il vigile, interrogato stamane, ha smentito il superiore, ed ha detto: « Quel giorno, e i registri della caserma lo confermano, non ero in servizio: avevo una giornata di riposo ». Francesco Santini

Luoghi citati: Bari, Latina, Napoli, Pozzuoli