Anche Mina scopre Brecht

Anche Mina scopre Brecht LA CRONACA DELLA TELEVISIONE Anche Mina scopre Brecht Con la sesta puntata di Milleluci il regista Antonello Falqui ha messo insieme una evocazione abbastanza omogenea del cabaret, sempre sorvegliata nella stesura televisiva, e pungente in vari tratti, anche per merito dei bravi attori partecipanti. Si è cominciato col cabaret tedesco degli Anni Trenta, affidando a Gianfranco D'Angelo, noto ai frequentatori dei locali notturni di oggi, la figura un po' caricata d'un guerrafondaio, sfogatosi in un monologo al quale facevano da azzeccato sfondo scenografico le gigantografie di sarcastici disegni di Grosz, sfruttati anche nel successivo balletto. Al pubblico televisivo sarà forse piaciuta di più la successiva caratterizzazione di Paolo Villaggio, che ha condito con rinnovati umori satirici il personaggio del prestigiatore-dittatore Franz. Iersera lo ha gradualmente tramutato, con appropriati gesti e baffetti, in Adolfo Hitler. Nel clima della Germania prebellica, un po' mutuato da certi tratti espressionisti del film Cabaret di Bob Fos! se, si è inserita Mina canI tante brechtiana, trasformata dal caschetto biondo d'un parrucchino alla garconne ed I impegnatissima nell'interpre- tazione, nuova per lei, di Surabaya Johnny. In chiusura, la cantante cremonese ha poi dato aspra evidenza alla non meno famosa Ballata di Mecky Messer. Alla meno solenne (e meno « primadonna») Raffaella Carrà è stata affidata una canzone francese, canaille come la demoiselle de petite vertu che la esegue con l'indispensabile spigliatezza: Je cherche un millionnaire. La parte più spiritosa della puntata è stata la seconda con rosseggiante « entrata » di Paolo Poli nella sfarzosa toilette d'una sciantosa di quarantanni fa modellata su Anna Fougez e Lydia Johnson. Le eccezionali doti istrioniche dell'attore, che riesce come nessuno a camuffarsi da ondulante diva d'altri tempi, hanno reso incisiva, dal punto di vista della satira, la trasmissione (magistrale quel tocco finale di Poli che svela in primo piano il suo travestimento, butta all'aria posticci, aigrettes, ciglia fìnte e a testa bassa se la batte, ridiventato uomo, come un can bastonato). Graffiante infine, nella sua scaltra miscela di stravaganze assurdità melensaggini, l'intervento di Cochi e Renato, controllato dal regista con intuizione perfetta delle qualità del « duo » che, con l'esecuzione mimata in maniera splendida della Canzone intelligente, ha realizzato un pezzo da antologia. ★ ★ anche la canzone che tempo fa la Rai censurò, con la storia di un travestito: « Un uomo — canta Aznavour — o quello che si dico ». L'argomento è affrontato con gusto sicuro. Il piccolo chansonnier è all'altezza della grande tradizione musicale francese, dopo Brassens e Trenet, assieme a Bécaud, con Brel al seguito.

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