Le ipocrisie sul divorzio di Guido Piovene

Le ipocrisie sul divorzio Le ipocrisie sul divorzio Più si avvicina il referendum, più la tesi degli antidivorzisti si rivela non difendibile. Sempre più indifendibile, via via che gli argomenti sono buttati sul tappeto. Oltre alla ripugnanza di obbedire a un arbitrio, la respinge il buon senso delle persone in buona fede. Il lato più avvilente di questo referendum, non certo voluto da quelli che ragionano come me, è ch'esso è nato ipocrita e diventa più ipocrita ogni giorno che passa. E' stato promulgato sotto il segno della doppiezza. Dicevano all'inizio che si sarebbe svolto in modo pacifico, senza lasciare strascichi qualunque fosse stata la parte vincente. Chi mostrava di crederlo sapeva fin da allora di non dire la verità. Come avrebbe potuto svolgersi con serenità un referendum come quello inflitto al Paese, che coinvolge un numero tale di questioni vitali per tutti gli uomini e le donne, in tempi di oltranzismo, di intransigenza cronica, di estremismo generalizzato? L'istituzione stessa del referendum, proprio perché si basa su una scelta elementare, categorica, rozza, sembra essere fatta apposta per inasprire gli animi. No, non si poteva pensare ad un referendum tranquillo, ma solamente fingere di pensarlo con ipocrisia, come si vede già e si vedrà anche meglio. Un tossico di più è entrato nella vita pubblica, e sta visibilmente agendo; nel caso deplorevole che il divorzio perdesse, entrerebbe in maniera stabile, perché moltissimi italiani sentirebbero questa perdita come vera sconfìtta, trappola per riprendere un guadagno di civiltà legalmente acquisito dopo tanto ritardo, sopruso, umiliazione, oltraggio intellettuale. Sarebbero degli angeli se non cercassero rivincite, magari su altro terreno. Questo è ormai tanto evidente che gli antidivorzisti, imposto il referendum, hanno cambiato tono. Esortano alla tolleranza «civile», esorcizzano la «strategia della tensione», assicurano in mala fede che «nessuno vuole lo scontro». Ma allora, se davvero non volevate nuove ragioni di conflitto, d'angoscia e d'odio in aggiunta alle molte che hanno condotto il Paese nello stato in cui già si trova, perché buttargli questo referendum tra i piedi? Il mio non è un lamento superfluo. Per me ha un peso sul voto. Alle molte ragioni di votare per il divorzio un'altra se ne aggiunge: quella di dire « no » in faccia a chi ha servito così male il Paese. Gli argomenti religiosi degli antidivorzisti vanno perdendo peso, respinti dagli spiriti religiosi più veri, tanto che molti tendono ad abbandonarli o a metterli in margine; ma almeno, se non sono fanatici, non sono ridicoli come quelli « civili », secondo cui il divorzio fa « marcire » una società. Qui l'ipocrisia tocca il vertice. Sembra di tornare ai tempi in cui si decantava l'Italia « sana » (mentre era putrida) in contrasto con le democrazie, (la Francia, l'Inghilterra, gli Stati Uniti) stremate e devastate dai morbi morali, e con l'Unione Sovietica dissoluta. Come! In questo Paese il divorzio è di fresca data, non concesso per oltre un secolo dopo raggiunta l'unità, mentre esiste da tempo in quasi tutti gli altri Paesi del mondo. Quest'astinenza dal divorzio, lunga e controcorrente, se fosse come dite voi avrebbe dovuto portare nella società italiana una straordinaria salute, solidità, freschezza. E' così? C'è qualcuno che si senta di sostenere che un Paese mezzo disfatto come l'Italia, adagiato in mezzo agli scandali e alla mancanza di giustizia, che sconta come sta scontando l'educazione a non essere mai sinceri, il fingere di volere qualcosa nel volerne un'altra, il mascherare, ricoprire, avallare situazioni sporche per un secondo fine denominato «fin di bene», la contraddizione perpetua tra i principii e la pratica, il non etm(pmeismztpssldcfsmcspcpdct e , e i n essere mai se stessi ma soltanto i propri interessi, o magari gli interessi d'altri, (gli educatori sono stati sempre gli stessi) stia moralmente meglio, sia più sano e più solido dei Paesi dove il divorzio ha messo radice? Si tratta solo di moralità sessuale? La mancanza del « cancro » del divorzio non ci ha resi più morali degli altri, a meno che non chiamate moralità la persistenza del delitto d'onore e istituzioni affini. Voi parlate però di moralità politica, di società « marcia » o sana nel suo complesso. Ma se l'Italia è al punto in cui la vediamo arrivata, secondo voi, come sarebbe, se il divorzio fosse stato concesso mezzo secolo fa? Non volere il divorzio per difendere l'integrità sociale, oltre a dare i bei risultati che vediamo in Italia, è una specie d'applicazione alla vita privata della « ragion di Stato » proprio in un momento in cui nessuno sa più cosa farsene. Ma io parlo come se il divorzio e Tantidivorzio fossero i veri termini della lotta, mentre, ancora una volta, vogliono essere maschere, falsi scopi, il punto a cui è rivolta la bocca del cannone ma per colpire altrove. Si combatte il divorzio per assestare un colpo a comunisti e affini. Dunque, voi grandi educatori e moralisti, avete portato il Paese in un gioco con carte false. La mala fede, la menzogna è voluta, propagandata, dichiarata un merito e un bene pubblico. Ma questo equiparare lotta contro il divorzio e lotta contro le sinistre non è ima tattica che voi usate per tutti. La doppia verità è più utile. Del divorzio, non del comunismo, si parla alle campagne, alle donne insicure annebbiate da paure ataviche, alla parte del popolo meno preparata e informata, a chi è gravato da residui d'obbedienza e d'inibizioni antiche, insomma a tutti quelli dei quali si crede possibile sfruttare l'ansietà, l'incapacità critica, la disinformazione e la sottomissione. Gli argomenti politici sono invece per i furbi ed i cinici. Si insegna, come sempre, agli italiani a giocare con un mazzo truccato; a sostenere, per paura o per calcolo, il contrario di ciò che pensano; ritenete il divorzio giusto? allora votategli contro. E' forse questo che s'intende dicendo, a titolo d'elogio, che « il referendum non distrae il Paese dai problemi veri »? Se si voleva prendere la lotta del divorzio e dell'antidivorzio come pretesto d'altro, cosa ipocrita in qualsiasi caso, non si poteva almeno scegliere una questione meno reale per se stessa, meno legata a vecchie tare e a vecchie servitù, meno intrisa di sofferenza storica, meno vicina alla pelle d'ognuno e all'affanno delle vite sbagliate? Vero che i laici e le sinistre, anch'essi, hanno dilatato il problema, ma almeno non volevano porlo; l'hanno voluto porre gli altri, gli antidivorzisti, in tutta la sua falsità. Alcuni approvando il divorzio voteranno perché sia abrogato, e lo stesso farà un buon numero di divorziati, anche da pochi giorni e in procinto di risposarsi. Se è un pretesto, essi pensano, non c'è ragione di fermarsi a metà, e se si mente, è meglio mentire fino in fondo. Ma attenzione: nel caso triste che l'antidivorzio vincesse, con ingiustizia e con menzogna, la vittoria potrebbe essere poco conveniente. Nei battuti entrerebbe un veleno, una rabbia, un incentivo, una rivendicazione di più, il senso d'essere defraudati e gabbati. Questo potrebbe avere effetti sgradevoli. Che conservatori stupidi sono i nostri conservatori! Lo dice chi non ha nessuna passione per le rivoluzioni e i cambiamenti bruschi. E come non guardano mai più in là del loro naso! A forza di malizie da quattro soldi, maneggi, difese spregiudicate, preparano regolarmente il peggio a se stessi e anche a noi; ne abbiamo fatto l'esperienza. Guido Piovene

Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Italia, Stati Uniti, Unione Sovietica