Media don Minioni di Collegno: i ragazzi imparano sui banchi ad affrontare la vita

Media don Minioni di Collegno: i ragazzi imparano sui banchi ad affrontare la vita Ad una ad una le scuole dell'area metropolitana Media don Minioni di Collegno: i ragazzi imparano sui banchi ad affrontare la vita I professori: "Dopo il ciclo dell'obbligo, molti smetteranno gli studi. Bisogna prepararli a vincere gli ostacoli, i pregiudizi, i luoghi comuni" - Stretta collaborazione con i genitori - I giovani discutono di tutto, anche di temi scottanti La prima Impressione è stata di stupore. Come non meravigliarsi di fronte a ragazzi di 12 e 13 anni clic ti parlano con serictfi e precisione di temi come il lavoro minorile, l'aborto, le ragazze madri, 11 referendum? e che poi magari aggiungono con spontaneità: « Per noi venire a scuola è un divertimento: ci apriamo con 1 nostri insegnanti, riusciamo ad avere con loro un rapporto di vera amicizia ». Sono tornato come giornalista nella media Don Minzoni di Collegno dove quattro anni fa insegnai per un breve periodo. Mi è sem- I brato d'entrare in un altro mondo, j I propositi, le scelte che allora si i delineavano per consentire ad una scuola vecchia e affaticata di aderire a una realtà in continua evoluzione, sono oggi i solidi cardini d'un insegnamento nuovo. Principi che gli stessi alunni hanno assimilato e, in qualche maniera, modellato su se stessi per gestirli in prima persona. «Non è stato un lavoro facile e la strada è ancora lunga, seppure non più tanto buia» mi dicono 1 professori. L'idea di partenza, quella che ha infermato il lavoro di questi anni è stata: esiste una scuola dell'obbligo. «E dell'obbligo vuol dire che dopo i tre anni molti ragazzi potrebbero smettere gli studi. Bisogna che riescano, almeno, ad Inserirsi senza traumi nella vita d'ogni giorno, spesso difficile e dura. Che cosa importa, m fondo, sapere a memoria i sette re di Roma o trenta poesie, se poi ci si arena di fronte al primo scoglio, non si riesce a vincere i pregiudizi, ad evitare certi schiaffi morali?». In un tessuto sociale composito come quello di Collegno, dove i problemi dell'industrializzazione si fondono e si confondono ogni giorno con quelli dell'immigrazio- o e - i7 ora oe ici e a4, e rene, per un giovane sarebbe facile diventare un «emarginato». Finora in nessuna delle tre scuole medie e stato ancora instaurato il «tempo pieno»: «Il ragazzo torna a casa dopo le lezioni — commentano i i professori — e può anche non trovare nessuno: padre, madre fratelli maggiori, tutti al lavoro. Che cosa gli rimane? Il bar, le compagnie di perdigiorno, la noia». «Anche per questo — spiega il professor Peyretti, di matematica — il discorso sulla scuola diventa discorso sulla famiglia. Quanti genitori non possono star dietro al figlio che cresce? Alla base di ogni metodo valido dt insegnamento deve esistere la collaborazione fra professori e famiglia: la scuola non è più monopolio dell'insegnante. Ct vuole partecipazione, dialogo, una nuova gestione». Sono nati per questi motivi consigli di classe misti: insegnanti e genitori tesi in un uguale sforzo e nella stessa direzione. «Però la scuola deve conservare anche la sua scientificità — aggiunge il professor Scanavlno, di lettere — non perdersi In chiacchiere, in lassismo. Vorremmo il "tempo pieno" per realizzare una nuova metodologia d'Insegnamento basata sulla collaborazione dell'intera équipe di professori: piani di studio elaborati insieme, Interdiscipltnarità». A Collegno, a differenza che altrove abbondano i sussidi didattici, un laboratorio di scienze a livello di liceo, mezzi audiovisivi, macchine per ciclostile, una biblioteca fornita dal Comune indispensabile per ricerche e monografie: «Più importante dei libri di testo» dicono i professori. Parte integrante di questo «programma di studio», che per i ragazzi è progressiva acquisizione d'una coscienza critica, sono le proiezioni cinematografiche settimanali in una vasta sala messa a disposizione dal municipio. Film che alimentano la discussione, stimolano ad interessanti confronti con altri tipi di società e altri mondi. Nei giorni scorsi è stato proiettato «L'ospite» di Liliana Cavani: storia amara degli istituti psichiatrici lasciati in balia di se stessi per scarsezza di mezzi e carenze organizzative. A commentare l'opera, con 1 ragazzi della Don Minzoni, sono stati invitati gli «ospiti» dell'ospedale di Collegno. «L'Incontro ha favorito l'instaurarsi di un utile dialogo. Ha insegnato a vincere i pregiudizi, le riserve mentali». Fin qui i professori, gli organizzatori di un metodo che rifugge dal nozionismo per cercare nel fondo d'ogni ragazzo l'uomo di domani. E loro, i diretti interessati, gli allievi? Entriamo in una terza media: 25 studenti, 50 occhi puntati. Ma non c'è imbarazzo, 11 dialogo è subito serrato. «Afi chiede se questo tipo di scuola mi dà abbastanza — mi risponde uno — e io le dico subito di sì. Esistono ancora pecche, tempi morti (proprio cosi dice: tempi morti) ma tutto sommato credo che vada bene». Un altro: «Abbiamo anche imparato a non studiare per il voto ma iiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiii per noi stessi. E trattiamo argomenti di fondo che danno sapore allo studio». Qualcuno salta su a parlare di divorzio ed un compagno lo zittisce: «Il matrimonio è indissolubile per sua stessa natura». Un coro di «no». Una ragazza rincara la dose: «Allora tu pensi che gli italiani non siano maturi. Perché, a questo punto, non ammettere una dittatura?». Il professore mi dice: «Normalmente lasciamo che siano i ragazzi a dirigere i loro dibattiti, noi restiamo al di fuori per non condizionare scelte ed opinioni». Ma, a volte, sono gli stessi allievi a far lezione: «Mi piace la biologia. Quello che trovo sui libri di testo non basta. Allora mi documento altrove e spiego tutto ai miei compagni». Libertà che non è divagazione: in terza media, ad esempio, si affrontano problemi di matematica che i programmi ministeriali considerano da liceo. Entro in una seconda media e d. nuovo mi stupisce, oltre al resto, la maturità del linguaggio: ore a a è uznun alzoi na, ar a. to o ei diad mi mi o. e reo: «Studiamo in maniera diversa dal nostri fratelli maggiori. Ci pare gtusto, perché l tempi sono cambiati: ora c'è il fenomeno dell'industrializzazione, degli immigrati. Noi starno dentro a questa realtà». E ancora: «A casa, oggi, nes| [ suno ci dice più: "Set un bambl" no, che cosa vuol saperne?"». Oppure: «Studio per ti piacere di studiare». Un solo esempio di contestazione, quando il professore di ginnastica voleva a tutti i costi nominare un caposquadra: «Non siamo forse tutti uguali?». Gli stessi ragazzi che ora mi parlano sono quelli che periodicamente fanno uscire, ciclostilato in 200 copie, un giornale intitolato «Problema». Tra gli altri argomenti, la droga, la prostituzione, io sfruttamento dei lavoro minorile. Un brano sull'ultimo argomento: «Il ragazzo che lavora porta II marchio della sua fatica giovanile per tutta la vita, non si core con ì coetanei, si sente isolato e inferiore La sua capacità intellettiva si limita perché nessuno lo invita a discutere e ad affrontare i problemi dei giovani. Noi denunciamo questa situazione che ci tocca da vicino e et fa sentire Ingiustamente del privilegiati». Nella terza media del prof. Scanavlno, 25 allievi di 13 anni seguono dall'inizio dell'anno un corso sul «pregiudizio». «E' importante in una società come la nostra, basata essenzialmente sul consumt, fiatare i luoghi comuni, imparare a vedere "oltre" le cose». La classe ha sceneggiato uno spettacolo con marionette appositamente costruite in cui si muovono il drogato, il tifoso, la «patita» dei fotoromanzi, l'uomo politico che parla e non dice nulla, gli «speakers» del Telegiornale. Domando: «E ti programma, quello fatto di libri, date, storta e geografia e letteratura?». Rispondono i ragazzi: «Tentiamo di renderlo attuale, dt calarlo nella vita d'oggi. Esempio: studiamo il Comune medievale, ma per metterlo a confronto con quello di oggi, magari con il nostro». Uno studente bruno, ciuffo sulla fronte, occhi svegli: «Mio padre mi dice sempre: "Quando in classe discutono, tu devi dire la tua opinione. Solo così da grande potrai avere una mentalità più aperta della mta"». Renato Rizzo li «IH» | " Non esiste monopolio dell'insegnante; molte volte fanno lezione gli allievi

Persone citate: Liliana Cavani, Minioni, Peyretti, Renato Rizzo

Luoghi citati: Collegno, Roma