Crisi italiana e partiti di Nicola Adelfi

Crisi italiana e partiti GUARDANDO ALL'INTERESSE DEL PAESE Crisi italiana e partiti Il lavoro e il salario assicurati, la difesa del valore della lira, poter vivere in pace in una società per quanto possibile giusta e libera: sono queste le aspirazioni dei cittadini in genere ed è questo il programma del governo. Tuttavia le cose non vanno come si vorrebbe. Lo sappiamo tutti. Gran parte del tempo dei ministri e di coloro che hanno voce nei quattro partiti della coalizione governativa trascorre tra dissensi aperti o segreti, tra diffidenze reciproche, in un clima reso più aspro ora che si avvicina il giorno del referendum sul divorzio. In questo modo l'attività del governo viene a trovarsi sensibilmente ridotta, aumenta di conseguenza il malcontento popolare per i numerosi problemi che da anni aspettano di essere avviati a una soluzione ragionevole e che intanto si complicano in un groviglio sempre più arruffato. Inevitabilmente cresce la diffidenza dei cittadini verso lo Stato nel suo insieme, ogni giorno si allarga il distacco tra l'opinione pubblica e la classe dirìgente politica. Molti italiani, diciamo la grande maggioranza degli italiani, non sono inclini a seguire le sottili manovre, spesso imprevedibili e sotterranee, dei partiti e delle correnti che vivono nel seno di ciascun partito, non si rendono conto perché avvengono quelle manovre e dove mirano. Per la verità, è un gioco serrato e mobilissimo, e anche gli esperti più attenti, più acuti, non ci si raccapezzano. In tanta ambiguità, la fantapolitica tende a sostituirsi alla politica, e anche le ipotesi meno verosimili, persino quelle inventate di sana pianta, trovano spazio e credito. Il momento è senza dubbio molto delicato. Una domanda che udiamo rivolgerci spesso dai cittadini è questa: «Come possono gli uomini politici chiedere alla nazione concordia e fiducia, se sono proprio queste le cose che più fanno difetto nei rapporti tra loro?». E' un modo di ragionare semplice, immediato, ma appunto perché è così, appunto perché non trova mai una risposta pronta e convincente, si diffonde sempre più tra la gente, suscita amarezze e sconforto. E non stiamo a fargliene una colpa. Da anni i cittadini insistono per sapere quali cose il governo si propone di fare sul serio e se ritiene di avere le forze per farle. Se sì, che le faccia. Al morale di una nazione non c'è niente che nuoce di più dell'inerzia, specialmente quando — come adesso — si presenta avvolta dalla più oscura incertezza. Allora quella nazione viene a trovarsi come in una stanza buia, i più impressionabili fanno presto a immaginare chi sa quali sciagure, anche i più riflessivi finiscono col perdere l'orientamento. Queste cose vanno dette con estrema franchezza in un momento in cui meditatamente si comincia a temere per la sopravvivenza stessa delle istituzioni democratiche nel nostro Paese. Vanno dette anche per capire come mai dalla strisciante e subdola «strategia della tensione» si tenta proprio adesso di fare un passo in avanti, verso la strategia della esasperazione, serven- dosi di strumenti decisamente criminali e terroristici. Quale è il colore politico degli strateghi della esasperazione, interessa più la cronaca che la storia degli italiani. E siamo certi che l'altro ieri Giovanni Leone, parlando davanti al Consiglio superiore della magistratura, aveva in mente il nostro onorevole passato, le attuali tendenze-.di fondo nel nostro popolo e le prospettive future, quando ebbe a dire queste parole: «Esprimo la certezza che sapremo superare questo difficile momento nel quale riesplodono forme di delinquenza terroristica. Tale certezza nasce dalla sperimentata capacità del Paese di non farsi atterrire da atti diretti a scardinare l'ordinamento libero e democratico e di saper reagire con fermezza». Sono parole che ci trovano consapevolmente consenzienti. Se da una parte non ignoriamo minimamente quanto difficile sia la situazione generale del Paese, non solo economica e politica, ma anche o soprattutto morale, dall'altra non ci è possibile perdere di vista le primarie aspirazioni dei cittadini: il lavoro e il salario assicurati, la difesa del valore della lira, poter vivere in pace in una società per quanto possibile giusta e libera. Sono, questi, valori essenziali della democrazia e sono obiettivi raggiungibili. Per ciò ci augii riamo fervidamente, mai come adesso, che gli uomini politici che si dicono democratici, e spesso lo sono per davvero, si diano la concorde volontà di accantonare gli interessi particolari o addirittura personali e di dare una maggiore considerazione all'interesse generale del Paese. Tengano essi presente che in un sistema democratico le discussioni sono certamente utili, talora necessarie, ma che da sole non servono a niente se non sono poi seguite da decisioni precise e da fatti concreti. Diventano accademia o un modo capzioso per eludere la realtà, producono solo scontento e nervosismo. Nel contempo gli uomini politici, a cominciare dai più importanti, tengano presente che la grande maggioranza degli italiani erano e restano ancora oggi democratici per convinzione o per un primordiale istinto vitale, In definitiva, che cosa vuole quella glande maggioranza? Vuole un nuovo e più austero costume nella vita pubblica, e ha ragione; vuole una più equa ripartizione del reddito nazionale tra i ricchi e i poveri, e ha ragione; vuole un avvenire più tranquillo per le masse lavoratrici e la loro graduale elevazio¬ ne sociale, politica, culturale, e ha sempre ragione. Sono queste le vie maestre della democrazia, ed è là che gli uomini politici devono decidersi a incamminarsi. Il margine di tempo a loro disposizione non è molto. Ma lo riteniamo tuttora sufficiente; e perché risulti tale basterà alla classe dirigente per un verso fare sua in concreto, prontamente, la volontà della grande maggioranza degli italiani, e per l'altro verso scovare e punire con la più rigorosa severità gli altri, i nemici del popolo, sia gli ispiratori e finanziatori della strategia dell'esasperazione, sia la manovalanza criminale e terroristica di cui essi si servono. Nicola Adelfi

Persone citate: Giovanni Leone