"Valorizzato" l'oro delle nostre riserve di Francesco Forte

"Valorizzato" l'oro delle nostre riserve Dopo l'accordo dei ministri Cee "Valorizzato" l'oro delle nostre riserve L'oro è di scena, nel dibattito internazionale. Ne hanno discusso a lungo i Ministri del Tesoro e i Governatori delle Banche Centrali dei paesi della Comunità Europea, nel Castello di Zeist (vicino a Utrecht, in Olanda), ove erano convenuti per un vertice finanziario generale. Il problema in discussione, al di là delle mosse diplomatiche, che attenuano e sfumano le prospettive, era quello di un aumento del prezzo ufficiale dell'oro, fermo al prezzo di 42,22 dollari l'oncia (sino a due anni fa, 35 dollari l'oncia). Invece sul mercato libero l'oro aveva oramai superato i 150 dollari l'oncia oscillando attualmente attorno ai 170. Se l'oro delle riserve ufficiali fosse rivalutato, con un coefficiente di 4 (arrivando n 170 dollari l'oncia), le riserve valutarie di cui i paesi europei dispongono, automaticamente, si accrescerebbero dello stesso coefficiente. Così l'Italia che ha attualmente circa 2800 miliardi di lire di riserve auree o con garanzia aurea (calcolate a 42 dollari l'oncia e con il dollaro attorno a 640 lire) ne avrebbe automaticamente 11 mila. Ovvero, esprimendo gli stessi valori in dollari, anziché riserve auree per 4,3 miliardi di dollari, ne avrebbe per 17 miliardi di dollari. Ora che i ministri finanziari Cee hanno trovato un accordo sulla libera quotazione dell'oro, la nostra posizione valutaria risulta, in sostanza, incomparabilmente più forte di quel che oggi non appaia: e ciò ci permette di affrontare con molta maggior tranquillità il problema del disavanzo della bilancia dei pagamenti connesso al rincaro del prezzo del petrolio, che è desti nato a manifestarsi, sin quando non si accresca la capacità dei paesi venditori di petrolio di espandere le proprie importazioni, mettendo a frutto i maggiori proventi per un più alto investimento e migliori consumi e im pieghi sociali. Il discorso vale, ovviamente, non solo per l'Italia. Si applica in particolare anche alla Francia, che ha riserve di oro parti colarmente elevate e che, anche essa, ha un problema di bilancia dei pagamenti, in connessione al rincaro del petrolio. La Germania è anche essa dotata di imponenti riserve auree. E quindi, in teoria, è interessata alla rivalutazione del prezzo dell'oro. In pratica, ne ha meno bisogno perché si trova con una bilancia dei pagamenti in forte surplus, con cui è perfettamente in grado di pagare i maggiori oneri per il petrolio. La tendenza del marco a rivalutarsi, favorisce l'afflusso di capitali alla Germania (l'opposto di quel che accade per la lira, e per il connesso deflusso di capitali dall'Italia verso l'estero) sicché, anche per questo motivo, il maggior onere del petrolio non preoccupa i tedeschi. La rivalutazione del prezzo dell'oro, sotto un certo profilo, avvantaggia anche gli Usa perché essi ne hanno 11,600 miliardi di dollari (considerando solo l'oro in senso stretto e non anche i crediti e diritti dotati di garanzia aurea). Però la Cee ha, complessivamente, molto più oro che gli Usa: 17,6 miliardi di dollari. Quindi la rivalutazione dell'oro avvantaggia soprattutto la Cee. Ma anche per un altro motivo, essa non è gradita agli Usa: accrescendosi il valore della riserva aurea degli europei (e degli altri paesi dell'Occidente diversi dagli Usa), questi avranno meno bisogno di dollari, sicché ia funzione del dollaro si riduce rispetto a quella attuale. Ed essendo enorme la massa di dollari che vi è in giro per il mondo al di fuori degli Usa (nelle varie Banche Centrali ve ne sono oltre 55 miliardi), gli americani sono fortemente interessati a che il dollaro continui a esser mollo richiesto. La Germania non vuole scontentare gli Usa che danno un apporto rilevante alla sua forza militare, nell'equilibrio con l'Est europeo. La Gran Bretagna ha bisogno all'estremo dell'aiuto monetario Usa e, dall'altra parte, ha pochissimo oro. Restano gli altri paesi comunitari, divisi fra l'esigenza di riva-lutore l'oro e il bisogno di aiuto valutario dagli Usa, almeno sin che il prezzo dell'oro rimane dove è; e comunque legati agli Usa da molteplici rapporti. II gioco è dunque molto delicato. Si deve notare che, sin che l'oro era al prezzo ufficiale inferiore di un quarto a quello di mercato, nessuna Banca Centrale di un paese in difficoltà valutaria era disposta a venderne: perché lo avrebbe ceduto, appunto, a un quarto del suo valore. Così paradossalmente l'avere, come l'Italia ha, la maggio1- parte delle riserve in oro o con garanzia aurea (due terzi delle nostre riserve sono di tale natura) anziché una posizione di forza, finiva ad essere una posizione di debolezza. Gli Usa affermano che rivalutando l'oro si compirebbe un atto contraddittorio rispetto a un sistema monetario mondiale, fondato sulla moneta convenzionale gestita di comune accordo anziché sul barbaro metallo giallo. La tesi della superiorità di quest'altro sistema monetario mondiale è in linea di principio ineccepibile. Sennonché in pratica non si stanno più facendo passi avanti, in tale direzione. L'attuale sistema è ancora basato su monete nazionali, fra cui campeggia il dollaro, e sull'oro. E del secondo vi è bisogno, perché è l'unico strumento veramente internazionale (e non soggetto a svalutazione) che vi sia tutt'ora. Il passaggio graduale a un sistema con la moneta convenzionale dovrebbe potere avvenire attraverso la valorizzazione di questa, per sua forza propria (nuovo ruolo dei diritti speciali di prelievo) e mediante intese internazionali per una direzione unica dell'ordine monetario. Discriminare contro l'oro per favorire tale prospettiva è invece sommamente pericoloso: perché mentre essa stenta a emergere, l'anarchia predomina sui mercati finanziari internazionali, gravati del problema del finanziamento del petrolio. Dobbiamo renderci conto che la realtà degli Anni 70 è molto più scabrosa di quella precedente e non consente disegni troppo eleganti e arditi. Le aspettative che, nel passato decennio si avevano, circa lo sviluppo di un ordine finanziario e monetario internazionale, non si sono realizzate. Abbiamo invece una tremenda inflazione mondiale e il problema del petrolio. Tutti valorizzano le proprie materie prime. Non si vede perché noi non si debba potei-e valorizzare l'oro delle nostre riserve. Francesco Forte