Era prevedibile la valanga che uccise i sette alpini che aprivano una pista? di Giuliano Marchesini

Era prevedibile la valanga che uccise i sette alpini che aprivano una pista? Un capitano e un sottotenente processati a Bolzano Era prevedibile la valanga che uccise i sette alpini che aprivano una pista? La disgrazia nel marzo del 1970 in Val Pusteria ■ "Faceva caldo, la radio richiamava l'attenzione sul pericolo di slavine" ha testimoniato il capo dei vigili del fuoco di Braies (Dal nostro inviato speciale) Bolzano, 23 aprile. Soltanto fatalità, oppure anche imprudenza, negligenza e imperizia? A questa domanda devono rispondere-i giudici del Tribunale di Bolzano, | che rievocano la tragedia dei sette alpini travolti e uccisi I da una valanga il 7 marzo del j 1970, mentre aprivano piste per un poligono di tiro sotto la montagna a Ponticello di I Braies, in Val Pusteria. Sul banco degli imputati siedono il capitano Giandaniele For-1 giarini, di Codroipo (Udine) e l'ex sottotenente Adriano Zambon, nativo di Treviso e abitante a Torino, in via Tanaro: l'accusa è di omicidio colposo plurimo. L'interrogatorio Il primo ad essere interro gato è il capitano Forgiarini: comandava la 62J Compagnia del Battaglione Bassano, alla quale era stato impartito l'ordine di mandare trentanove alpini a battere la neve con le racchette lungo il pendio so vrastato dalla «Croda Scabra». Il presidente, Giorgio Pellegrini, gli domanda se prima di mettere in movimento quella fila di ragazzi avesse ascoltato i bollettini delle valanghe trasmessi dal Cai nei giorni precedenti. «No. rispende l'ufficiale, non li avevo sentiti: non potevo, perché venivano diramati in ore durante le quali io ero in servizio». Presidente — Non esisteva alcun altro avvertimento di questo genere, per i soldati che operano in montagna? Forgiarini — No, in quel periodo nessun'altra informazione. Soltanto nel 1972 cominciammo a ricevere i bollettini del Centro meteorolo gico dell'Aeronautica 'militare di Linate: erano indicazioni generiche sul pericolo di caduta di masse di neve. L'avvocato di parte civile, Loner, domanda se il capitano fosse al corrente del fatto che le informazioni del Cai vengono date anche per telefono. Forgiarini sapevo. Presidente — Lei predispose qualcosa per l'eventualità che si abbattesse una slavina? Forgiarini — Siccome in quel momento una valanga non era prevedibile, io non diedi ordini particolari. Ma, in ogni caso, non spettava a me: queste sono disposizioni che devono essere impartite a livello di comando di battaglione. Si vuole infine sapere dal capitano Forgiarini se quel gruppo di alpini disponeva, durante le operazioni sotto la «Croda Scabra», dei cosiddetti «cordini da valanga»: funi colorate legate alla cintola, che possono consentire di soccorrere con tempestività chi rimane sepolto da una slavina. «Non fanno parte — risponde l'ufficiale — della normale dotazione individuale, ma vengono distribuiti quando c'è il rischio della caduta di valanghe. E, ripeto, quella volta non era affatto previsto». "Avevo Muda" Dal canto suo, l'ex sottotenente Adriano Zambon sostiene di non aver avuto alcuna responsabilità nella tragica operazione: si limitò, ripete, ad eseguire gli ordini che gli erano stati impartiti. «Avevo piena fiducia nei capitano Forgiarini, il quale conosceva bene la montagna. Io non avevo molta esperienza: avevo partecipato soltanto ad una esercitazione estiva e ad una invernale». Presidente — Ma nessuno | aveva prospettato il pericolo Questo non lo \ o o della caduta di masse di neve? Zambon — No. nessuno. Presidente — E gli alpini, cosa dicevano? Parlavano di rischi? Zambon — Nossignore, non ho 'mai sentilo fare discorsi \ di questo genere. Poi, è la volta dei testimo¬ ni. C'è una fila di ex alpini della 62* Compagnia Bassano: qualcuno di essi si vide piombare addosso la valanga, restò sotto il cumulo, venne raggiunto dai soccorritori dopo sforzi estenuanti. Portano con sé il ricordo terribile di quei momenti: l'annaspare nella massa enorme di neve, sette compagni estratti da là sotto senza vita. Luciano Poletto. come gli altri, non si era reso conto che quel plotone stava andando incontro al rischio di una s'.avina. «Però — sostiene — si poteva prevedere, anche perché eravamo su un pendio piuttosto forte». Presidente — E nessuno, quel giorno, parlò di valanghe? Poletto — No, non mi risulta, signor presidente. Roberto Missiaggia, un altro degli ex alpini, dice che sulla «Croda Scabra» batteva il sole e faceva caldo. Una delle vittime, pochi minuti prima di morire, gli disse: «Per conto mio, qua vien giù tutto». Depone davanti ai giudici anche gente di Braies, il paese poco lontano da Ponticello. I pareri non sono concordi. Il guardacaccia di una riserva afferma di non aver mai visto cadere una slavina in quella zona, ma Joseph Trenker, un vecchio solido montanaro, sostiene che la località è pericolosa quando c'è «Tauwetter», tempo di disgelo. Johann Kammerer, capo dei Vigili del fuoco di Braies, partecipò alle operazioni di soccorso con venti pompieri. Presidente — Era caduta molta neve? Kammerer — Abbastanza. Presidente — E la temperatura, com'era? Kammerer — Non so con precisione, ma direi che era una giornata piuttosto calda. Ricordo che la radio austriaca continuava a trasmettere bollettini con cui si richiamava l'attenzione degli sciatori sul pericolo di valanghe. Il processo riprende domani. Giuliano Marchesini