Sentiti due dirigenti Enel sul miliardo dei petrolieri di Fabrizio Carbone

Sentiti due dirigenti Enel sul miliardo dei petrolieri Commissione parlamentare d'inchiesta Sentiti due dirigenti Enel sul miliardo dei petrolieri Secondo l'accusa, Pente di Stato prese i soldi e li distribuì ai partiti di governo - Lo scopo, sempre secondo l'accusa, era di promuovere lo sviluppo delle centrali elettriche a nafta, invece di quelle nucleari (Nostro servizio particolare) Roma, 23 aprile. Penultima riunione della Commissione parlamentare inquirente, prima della pausa elettorale del referendum: sul tappeto il capitolo riguardante l'Enel, e la « campagna promozionale» pagata, secondo l'accusa, dai petrolieri per favorire la costruzione di centrali termoelettriche e impedire quelle nucleari. Per quest'operazione i petrolieri sono indiziati di corruzione: avrebbero dato un miliardo ad alti funzionari dell'Enel, i quali, a loro volta, avrebbero passato la somma pattuita ai segretari amministrativi dei quattro partiti di centrosinistra. Oggi sono stati ascoltati Luigi Benedetti e Luigi Grassini, rispettivamente segretario del Consiglio d'amministrazione e vicepresidente dell'Enel. E' stata sentita anche la signora Boros, moglie di Grassini. L'affare Enel fu scoperto dalla magistratura in seguito ad un lavoro di riscontri bancari da parte della Guardia di finanza: furono trovati 100 assegni da dieci milioni (totale un miliardo) suddivisi in quattro parti uguali e intestati a quattro nomi falsi (Ivo Conti, Aldo Gianni, Ada Fera e Carlo Carini). Gli assegni furono emessi nell'aprile del '72 e riscossi da varie persone: molti furono girati dai segretari amministrativi dei partiti di centrosinistra con il timbro del partito di appartenenza. Altri furono ritirati personalmente da funzionari dell'Enel e da politici. Altri ancora furono trasformati in assegni da 5 milioni e da un milione. La magistratura aveva ricostruito quasi tutto l'iter del milardo, che sarebbe stato così ripartito: 400 milioni alla de, 120 al psi, 80 al psdi e 110 al pri. Dei rimanenti 290 milioni non si ha traccia. Ed è per questo motivo che la Commissione inquirente ha voluto ascoltare Benedetti, Grassini e sua moglie. Luigi Benedetti, arrestato dai magistrati romani e rimesso in libertà provvisoria, è stato il primo ad essere ascoltato: dalle indagini risulterebbe aver ritirato personalmente 71 milioni. Benedetti si è difeso dicendo che questi soldi li restituì a Vito Antonio Di Cagno, presidente dell'Enel, e che fu Di Cagno a predisporre le quote che dovevano essere date ai partiti. Lui ebbe contatti con i segretari amministrativi della de e del psi per versare i milioni; ai giudici parlamentari avrebbe detto di non sapere attraverso quali vie i soldi sarebbero confluiti ai socialdemocratici e ai repubblicani. Luigi Grassini ha negato di conoscere i termini della «campagna promozionale» dei petrolieri, di cui probabilmente era a conoscenza il solo Di Cagno. Il vicepresidente dell'Enel ha affermato di aver preso personalmente 50 milioni da devolvere ad una corrente del psi. Alla domanda dei commissari se questi milioni fossero stati versati, Grassini avrebbe risposto negativamente, ammettendo che sarebbero ancora sul suo conto personale. Elisabetta Boros, moglie del Grassini, avrebbe detto di non sapere nulla di tutta questa storia e di aver ritirato i 5 assegni da 10 milioni l'uno, firmando sotto al nome del marito. Terminato questo giro di orizzonte sull'acare Enel (i commissari avevano intenzione di ascoltare anche Di Cagno, che è malato e non si è presentato) la riunione è proseguita con l'interrogatorio di Luigi Tomassone, direttore generale delle dogane al ministero delle Finanze. Tomassone è ritenuto responsabile di aver tenuto i contatti coi petrolieri, a proposito dei decreti di defiscalizzazione, quando era ministro delle Finanze il democristiano Athos Valsecchi. (Valsecchi è stato, insieme al socialdemocratico Mauro Ferri, indiziato di reato dalla Commissione parlamentare d'inchiesta). Tomassone ha, prima di tutto, negato di aver fatto da tramite fra le compagnie petrolifere e il ministro. Sempre a proposito dei decreti di defiscalizzazione il funzionario avrebbe detto che, in alcuni casi, gli uffici tecnici si sarebbero espressi contro gli stessi decreti, rimettendo ogni decisione alla discrezionalità dei ministri. E, in questi casi — sempre secondo quanto avrebbe detto Tomassone — i ministri avrebbero deciso in difformità con gli uffici. La riunione odierna è du- j rata in tutto tre ore ed è j stata aggiornata a domani per l'interrogatorio di Gre Igorio Arcidiacono, ammini- stratore della società petrolifera di Garrone. « Abbiamo passato il giro di boa dell'inchiesta — ha detto uscendo dall'aula uno dei commissari — e stiamo a buon punto. In teorìa l'indagine sullo scandalo del petrolio potrà esaurirsi in breve tempo ». «Con che conclusioni?», abbiamo chiesto. « La Commissione ha tutti i poteri di un magistrato e anche di più perché noi siamo gli unici a poter indagare sui segreti militari. Sulle conclusioni non ho nulla da dire ». Fabrizio Carbone

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