L'Adriatico inquinato per i "fanghi bianchi"

L'Adriatico inquinato per i "fanghi bianchi" Provengono dalle industrie di Porto Marghera L'Adriatico inquinato per i "fanghi bianchi" Ogni anno un milione di tonnellate di residui vengono scaricati in mare a 15 miglia da Venezia - Vi sarebbero anche i "fanghi rossi" al titanio - In pericolo l'equilibrio biologico marino - La magistratura ha aperto un'istruttoria - Compiuti dei prelievi (Dai nostri inviati speciali) Venezia, 23 aprile. Di fronte a Venezia, a quindici miglia dalla costa, quotidianamente viene inabissato in mare un carico di residui di lavorazione industriale: 23 mila tonnellate al giorno di fanghi rossi e bianchi, un milione di tonnellate l'anno. E' come se ogni 365 giorni si portasse nell'Alto Adriatico, per affondarla, un'isola lunga 200 metri, larga 100, alta 25 metri. Non è una novità, anche se nessuno l'ha mai detta a voce alta, né scritta. L'ordinanza che permette lo scarico è della Capitaneria di porto, con il parere favorevole del Magistrato alle Acque, l'ente statale che dovrebbe tutelare la laguna di Venezia. Autorizza l'operazione partendo dal presupposto che il materiale di scarto sia inerte, non abbia cioè una carica inquinante (acida o basica) capace di alterare l'equilibrio biologico marino. La Montedison, l'Ammi (Azienda minerali metallici italiani) e altre industrie di Porto Marghera dalle quali provengono i fanghi garantiscono la loro innocuità. Ma la magistratura non è convinta. Ha aperto un'inchiesta. La conduce il sostituto procuratore della Repubblica, Ennio Fortuna, in questi giorni pubblico ministero al processo Marzolle L'indagine va in più direzioni. Oltre agli accertamenti sull'enorme scarico di fanghi in mare, il magistrato ne conduce altri, dai possibili clamorosi risvolti, su alcuni «inediti» aspetti degli inquinamenti industriali nella laguna veneziana. Ma la discarica di un milione di tonnellate l'anno di materiale solido a 15 miglia dalla costa assume notevole importanza per talune implicazioni internazionali. I direttori dei Centri di biologia marina di Rovigno e Portorose, professori Keckech e Stirn, hanno lanciato un allarme denunciando la diffusione di agenti inquinanti nell'Alto Adriatico. In un articolo sulla «Revue internationale océanographique medicale», Stirn ha mosso pesanti accuse al governo italiano per l'assoluta mancanza di controlli sugli scarichi industriali nella zona citata. Nonostante il riserbo che mantengono gli ambienti ministeriali, si dice che più proteste ufficiali di Belgrado siano giunte a Roma. Al di là delle note diplomatiche, quali possibilità ci sono che lo scarico a 15 miglia da Venezia faccia di Porto Marghera una seconda Scarlino? Nel processo Montedison che si sta celebrando a Livorno, tutti gli imputati sono accusa ti di aver danneggiato le risorse biologiche dell'Alto Tirreno immettendovi «sostanze atte ad uccidere gli organismi 'marini e a distruggere il plancton, alimento fondamentale della fauna ittica». Ci sarà analoga accusa per le acque dell'Alto Adriatico? La risposta potrà darla il magistrato. In questi giorni il dottor Fortuna ha ordinato vari prelievi per verificare la composizione del materiale di scarto gettato ogni giorno in mare da tre navi, «Ada», «Quovis» e «Luki». I risultati delle prime analisi l'avrebbero convinto che i suoi sospetti hanno qualche fondamento. L'indagine era partita da una relazione dell'Assessorato all'ecologia del Comune di Venezia: un documento riservato, che tra l'altro fa riferimento a un carteggio fra amministrazione municipale e Magistrato alle Acque. Vale la pena di riportarne i brani salienti, per chiarire da quali basi muove il lavoro del magistrato. Si legge nella relazione: «Lo stabilimento Dipe (la Montedison è organizzata in divisioni, questa sigla si riferisce al Petrolchimico) produce giornalmente circa mille tonnellate di fanghi bianchi provenienti dal reparto gessi (idrato e solfato di calcio). Lo stabilimento Dipa Nord (prodotti per l'agricoltura) produce giornalmente 1300 tonnellate di fanghi bianchi, provenienti dal reparto gessi della lavorazione della Fosforina e della Fluorite. Lo stabilimento Dipa Ovest produce giornalmente mille tonnellate di fanghi bianchi, come il precedente. Lo stabilimento Dimm-Allumina (minerali metallici) produce giornalmente circa 1200 tonnellate di fanghi rossi, provenienti dalla lavora zione della bauxite. Tutti que sti fanghi devono intendersi mediamente contenenti il 50 per cento di solido base secco. Inoltre vengono scaricati saltuariamente i fanghi grigi, provenienti da escavi in laguna, contenenti argilla e materiali in putrefazione del fondale ». Qui bisogna aprire una parentesi e aggiungere i residui della lavorazione del solfuro di zinco o blenda dello stabilimento Ammi. L'Ammi concorre allo scarico in mare aperto con circa 35 mila tonnellate l'anno di rifiuti solidi, fanghi rossi anche questi. Quando nel documento dell'assessorato all'Ecologia si comincia a parlare della com¬ posizione dei fanghi, c'è uno spazio bianco e una postilla. Per riempire quello spazio, i tecnici dell'assessorato avrebbero dovuto avere la risposta del Magistrato alle Acque a una lettera del Comune del 10 dicembre 1973, con la quale si chiedeva di conoscere la composizione del materiale scaricato in mare. Fino a oggi, questa risposta non è giunta. Forse per sopperire alla mancata informazione, il documento descrive la composizione dei fanghi di Scarlino, quasi ad affermare che quelli di Marghera non sono dissimili. Il dottor Fortuna dice che l'ipotesi può reggere dopo le prime analisi fatte eseguire per chiarire il dilemma. Ma vediamo, seguendo la relazione dell'assessorato all'Ecologia, come i residui di lavorazione industriale vengono caricati sulle navi e come vengono inabissati. «I fanghi rossi provenienti dallo stabilimento Dimm contenenti acque basiche, vengono portati a PH neutro (cioè si neutralizza la loro carica inquinante) mediante miscelazione con i fanghi bianchi contenenti CaS04 (solfato di calcio) dallo stabilimento Dipa Nord, prima del caricamento in mare». Una precisazione importante quest'ultima, se non altro in linea di principio. Il magistrato oggi indaga proprio sul miscelamento dei fanghi, che dovrebbe impedire qualsiasi danno alle risorse biologiche dell'Alto Adriatico. Pochi giorni orsono, una perizia da lui fatta compiere a bordo di una delle navi che stavano uscendo in mare aperto sembra non abbia dato risultati tranquillizzanti. La relazione dice ancora: «I fanghi bianchi degli stabilimenti-Dipa Ovest e Dipe Petrolchimico vengono caricati insieme saltuariamente. Il caricamento sulle navi, che hanno un tonnellaggio lordo variabile da 1500 a 2600 tonnellate massimo, viene effettuato di pomeriggio». Si tratta di informazioni precise. Nella relazione non si sottolinea però che le vidimazioni per l'uscita in mare delle navi sono concesse dalla Capitaneria di porto con lunghi periodi di validità, a distanza di mesi una dall'altra; e che nelle vidimazioni stesse si indica so¬ lo il quantitativo medio dei fanghi da trasportare. A questo modo, nessuna autorità può conoscere quale sia la reale consistenza degli scarichi. La partenza delle navi avviene dal canale industriale alle 6 del mattino. Talvolta non bastano tre viaggi e ciascuna nave deve effettuarne di supplementari. «La rotta è a discrezione del comandante, si presume di 112° di fronte al canale Malamocco Marghera». Sulla carta appesa nell'ufficio tecnico della Capitaneria di porto è segnato il punto di scarico, ma è noto che le navi cercano di spargere il materiale in una zona il più possibile ampia, per evitare l'accumulo su un fondale di 25-32 metri. La profondità dell'Alto Adriatico ha questi miseri valori, non supera mai i 50 metri. Le esigenze della produzione a ciclo continuo delle industrie di Marghera e le prescrizioni della Capitaneria che limitano a 6 miglia la velocità di navigazione sino alla bocca di porto del Lido rendono difficile il rispetto dell'ordinanza, per il poco tempo a disposizione delle navi. «Stando alle dichiarazioni della Società Montedison — conclude la relazione ora in mano al magistrato — lo scarico avviene a circa 15 miglia dalla costa. Giunte sul posto a intervalli di tempo, le navi compiono un'ampia curva di un chilometro di lunghezza dopo aver scaricato i fanghi dai portelloni delle stive». Non è questo il solo documento di rilievo dell'istruttoria aperta dal dottor Fortuna. Altri, ritenuti di grande importanza negli ambienti di Palazzo di giustizia, hanno messo in moto nei giorni scorsi una serie di accertamenti a Porto Marghera. Franco Giliberto Claudio Cera suolo Venezia. Una delle tre navi i cui scarichi vengono controllati per ordine del magistrato

Persone citate: Ennio Fortuna, Fortuna, Franco Giliberto Claudio, Stirn