I generali malcontenti di Sandro Viola

I generali malcontenti IN GRECIA DOPO LA CADUTA DI PAPADOPULOS I generali malcontenti I nemici più temibili per la giunta si trovano nell'esercito, tra le guarnigioni del Nord (Dal nostro inviato speciale 1 Atene, aprile. Per la prima volta dopo s°.tte anni di dittatura, i giornalisti stranieri non vanno più a visitare Giorgio Mavros nel suo studio di via Pindaro. Era un'abitudine che durava da sempre, da quando nell'aprile freddo e ventoso del '67 i colonnelli avevano spazzato via la democrazia greca. Ma ora Mavros, ex ministro, ex governatore della Banca di Grecia, leader dell'Unione di centro (il partito di Giorgio Papandreu contro cui fu montata la cospirazione monarchicomilitare da cui doveva uscire il putsch di Papadopulos), è al confino nell'isola di Yaros. Era stato arrestato a metà marzo, e da allora il suo studio d'avvocato ha smesso d'essere uno dei centri della protesta democratica greca, una tappa obbligatoria per chi cercava Qualche notizia seria, una opinione intelligente, sul quadro economico del Paese o sulla struttura del potere militare. L'arresto di Mavros (che tranne qualche giorno di arresti domiciliari nell'aprile di sette anni fa non era mai stato fermato dalle polizie del regime) avrebbe avuto, secondo le fonti ufficiali di Atene, una motivazione precisa. Il 19 marzo doveva giungere al Pireo una squadra navale inglese in visita di cortesia, programma impostato parecchie settimane prima, quando a Londra c'era ancora un governo conservatore. Ma col subentrare del gabinetto Wilson, la visita era stata cancellata col chiaro intento di dimostrare che il governo laborista si pone rispetto ai militari di Atene in posizione diversa, meno conciliante, di quella dei conservatori. Così, il giorno in cui gli inglesi annunciarono d'aver annullato la visita, Mavros rilasciò una dichiarazione con la quale plaudiva all'iniziativa laborista: una dichiarazione anti-regime, certo, ma non più severa o aggressiva delle tante che i due leaders della cosiddetta « opposizione legale » (Mavros, appunto, e Cannellopulos, il capo della vecchia destra) avevano fatto in questi anni di dittatura. La mattina dopo, inaspettatamente, la polizia militare di Demetrio Ioannidis si presentò al domicilio di Mavros dichiarandolo in arresto; e qualche giorno più tardi l'anziano uomo politico veniva tradotto a Yaros, la piccola isola dell'Egeo che una lunghissima tradizione (romana, ottomana, caramanlista, papadopulista) ha destinato a luogo di pena, e che la Croce Rossa Internazionale ha denunciato come insalubre, sprovvista delle necessarie attrezzature mediche, quindi pericolosa per chi vi viene confinato. Una tesi di buona fonte esclude, tuttavia, che la vera ragione dell'arresto di Mavros stesse nella dichiarazione di plauso per la marina britannica. Era quanto il potente Ioannidis, attraverso il solito colonnello Spanos (l'uomo che reca i suoi ordini ai giornali), aveva fatto sapere in via semiufficiale: che la dichiarazione del leader democratico era antipatriottica, e nociva ai rapporti con una nazio¬ ne amica. Il motivo dell'arresto sarebbe invece un altro. Mavros, dicono ad Atene persone generalmente molto bene informate, « era in contatto coi generali del Nord », e Ioannidis, che lo sapeva, ha colto il pretesto della dichiarazione sulla visita della squadra inglese per inviarlo al confino. Ad Atene si parla molto, in queste settimane, dei « generali del Nord ». Succede ogni volta che il discorso tocca la compattezza del « nuovo » regime militare, o meglio la sua non compattezza. Se ad Atene, si sente ripetere, è indubbio che comandi Ioannidis (ormai a capo di tutti i servizi di polizia e di informazione, mentre un suo uomo, il generale Iannakas, comanda le truppe speciali stazionate attorno alla capitale/, non è affatto certo che il potere del « duro » Ioannidis si estenda a tutto il resto delle forze armate, e soprattutto alle grosse unità del Nord: il terzo corpo d'armata (che sta a Salonicco) comandato dal generale Davos, il secondo (a Kozani) alla cui testa c'è il generale Rapynonikos, e il primo (a Verria) del generale Tsavelas. Mavros era davvero in contatto con questo « potere del Nord »? E quale senso bisogna dare al rapporto (segreto, in pratica di cospirazione) che s'era stabilito, secondo i bene informati, tra un esponente della vecchia classe politica e una parte dei generali che quattro mesi fa rovesciarono la. « papadocrazia »? In questi interrogativi c'è tutta la prospettiva politica greca. I sei anni del « regno » di Papadopulos hanno dimostrato, come d'altronde suggerivano situazioni simili in altre parti del mondo, che un regime militare è difficilmente messo in pericolo da quel che resta della struttura politica che esso ha smantellato prendendo il potere, e che i suoi rischi maggiori provengono dal suo interno, dalla dissidenza d'uno o più settori delle forze armate. Di ciò Giorgio Mavros era assolutamente convinto, e infatti, nelle ore successive al colpo di Stato del 25 novembre scorso, aveva stupito i suoi interlocutori dimostrandosi molto ottimista: « Primo », diceva, « si è ormai messo in moto il meccanismo dei putsch intestini. Secondo, tra i generali che hanno preso il potere ci sono varie persone oneste e responsabili, le quali si rendono conto che il solo modo di far uscire il Paese dal baratro è un ritorno alla democrazia ». E' con queste persone « oneste e responsabili» che l'anziano leader era entrato in contatto, sondandone la disponibilità a una « normalizzazione », sia pure controllata dai militari, della vita politica greca? La fonte da cui proviene tale tesi è, come abbiamo detto, attendibile. Quel che è certo, comunque, è che un settore delle forze armate (ufficiali generali soprattutto) non condivide la visione attribuita a Ioannidis e agli ufficiali più giovani, e che può essere riassunta nell'intenzione di restare al potere definitivamente; quel gruppo di generali stima invece che il re¬ gime militare rischia di bruciarsi (e di bruciare il residuo prestigio dell'esercito) dinanzi alle difficoltà della situazione greca (sociali, di politica internazionale), e alla massa dei gravi problemi economici. Si tratterebbe quindi di trovare una via d'uscita: su questo punto il gruppo si divide però in sottogruppi, le vere intenzioni dei generali si confondono con le ipotesi, e tutta la prospettiva si fa estremamente incerta. Ma è possibile che una corrente del « potere del Nord » pensi ad alcuni esponenti della vecchia classe politica, i più capaci e meno compromessi, i più sicuramente anticomunisti (e Giorgio Mavros impersona tali caratteristiche), per avviare con loro un ritorno a una « qualche forma di vita democratica », l'espressione con cui l'Amministrazione Usa ha sempre consigliato ai militari greci, in questi anni, di ripristinare quanto meno una facciata di legalità. La prima sensazione che si ha tornando ad Atene, dopo il golpe di novembre, è che un'atmosfera di suspense gravi sulla situazione greca e sul suo futuro prossimo. Non è questione delle patetiche speranze che sem¬ pre, ovunque, le opposizioni nutrono sulla fragilità delle dittature: oltre che dai discorsi dei democratici greci, infatti, i giudizi sulla instabilità del regime militare cominciano ad emergere, sempre più netti e univoci, dalle analisi degli osservatori di professione. La situazione non sarà — come si sente dire — quella del 1917, quando la Grecia era spaccata in due, coi repubblicani di Venizelos che controllavano Salonicco e i monarchici Atene. Ma che il regime sia diviso, è evidente: le sue « tendenze » si fronteggiano l'una l'altra neutralizzandosi, il vuoto di potere centrale amplia pericolosamente l'autonomia degli alti comandi regionali, e intanto una serie di improvvise, e sinora mai conosciute, difficoltà internazionali (tensione con Ankara, freddezza americana, moniti sovietici, crisi dell'« entente » balcanica tessuta abilmente da Papadopulos negli anni scorsi) sottopone i generali di Atene a una pressione continua. Un quadro come questo non può restare per troppo tempo identico: qualcosa interverrà, quasi sicuramente, a modificarlo. Sandro Viola

Persone citate: Demetrio Ioannidis, Giorgio Mavros, Giorgio Papandreu, Papadopulos, Verria