II professore - crociato di Giorgio Fattori

II professore - crociato PROTAGONISTI DEL REFERENDUM II professore - crociato Gabrio Lombardi incominciò la lotta contro il divorzio lo stesso giorno in cui divenne legge delloStato-Lacoin^^ certezze (Dal nostro inviato speciale) Roma, aprile. « 1° dicembre '70 ore 5,40: storico voto alla Camera». « 319 sì 286 no: approvato il divorzio». «Dopo 110 Paesi a 110 anni dall'Unità divorzio anche in Italia ». Questi furono alcuni titoli a tutta pagina dei giornali, tre anni e mezzo fa, quando il Parlamento approvò la legge sul divorzio. Quella stessa mattina, dando la notizia, il giornale radio la fece immediatamente seguire da una dichiarazione di 25 personalità antidivorziste che con un « messaggio agli italiani » lanciavano il referendum. La tredicesima firma era di un professore universitario, sconosciuto al grande pubblico e al mondo politico, che nel giro di pochi mesi doveva diventare famoso: Gabrio Lombardi. « Avevamo deciso — mi spiega — di lanciare il referendum lo stesso giorno in cui la legge del divorzio sarebbe stata approvata per non avere una caduta psicologica nell'opinione pubblica e mobilitarla subito. Non per una sfida, ma per una verifica ». Nell'ufficio romano del Comitato antidivorzio di cui è presidente, il professor Lombardi rievoca con una luce di trionfo il giorno cruciale dell'offensiva. Dappertutto pacchi di opuscoli antidivorzisti, ritagli di giornali, manifesti. Uno ar-monisce: « Il divorzio è ima bomba a scoppio ritardato ». Il tono catastrofico, perentorio, di intrepide certezze nel decidere il bene e il male delle famiglie, riflette l'impegno quietamente fanatico di queste pattuglie dell'antidivorzio che si sono battute sino in fondo per il referendum. Fino in fondo Dopo Loris Fortuna, padrino numero uno della legge sul divorzio, ascoltiamo oggi Gabrio Lombardi, leader dell'azione antidivorzista che ha portato al referendum. Tutti e due hanno combattuto fuori dagli schieramenti ufficiali dei partiti, affermando le loro idee con la spinta determinante di masse laiche e cattoliche, riuscendo a ottenere, per vie differenti e per traguardi opposti, una partecipazione popolare all'appoggio e alla contestazione di una legge sui diritti civili. Forse non è esatto parlare di protagonisti; ma per l'opinione pubblica sono i personaggi simbolo di uno scontro che è anche una scelta di sviluppo della società. Ed è un fatto che senza la tenacia del socialista Fortuna nel portare avanti la legge e l'inflessibilità del cattolico Lombardi nel contrastarla, la tormentata storia del divorzio in Italia sarebbe stata diversa. « Eravamo un gruppo dì amici — dice Lombardi — indignati per l'obbrobriosa passività del governo nel dibattito della legge sul divorzio. Sin dal '68, quando per il complesso d'inferiorità dei comunisti avevamo visto coagularsi una maggioranza equivoca sul progetto Fortuna, ci eravamo resi conto che stavolta il divorzio poteva passare. Decidemmo di organizzarci senza chiasso non appena nella primavera del '70 venne varata la legge del referendum. Non ci finanziò nessuno. Mettemmo un po' dei nostri soldi per le spese, confidando nelle offerte popolari che infatti sono venute ». Questi amici che la sera prendevano insieme il caffè preoccupati per il futuro della famiglia italiana rappresentano, a giudizio di un politico democristiano, « quel mondo cattolico di destra, soprattutto lombardo, legato al Vaticano ed emarginato dal potere sin dagli anni di De Gasperi, che nel referendum ha visto l'occasione storica di una rivincita ». Il professor Lombardi respinge tuttavia l'ipotesi che lo scontro del referendum possa essere il seme di un secondo partito cattolico di tipo oltranzista. Per quanto lo riguarda, dice, si ritirerà dalla scena per tornare alle sue passioni di studioso, scrivendo un libro sulla persecuzione dei cristiani nella Roma antica. Come mai questo gruppo di amici decise che l'Italia dovesse essere il solo Paese moderno senza divorzio? « Perché in nessun Paese del mondo è così sacro il valore del- la famiglia» ribatte il professor Lombardi, convinto che il divorzio sia il veleno di tanti disordini sociali. Per raccogliere le firme del referendum, i soci fondatori si appoggiarono alle organizzazioni cattoliche « Fronte della famiglia », « Popolo e famiglia » e altre ancora, dice genericamente Lombardi, « che ci colpirono per la generosa dedizione del loro spirito associativo ». « Nelle prime settimane eravamo incerti sul risultato, poi restammo sbalorditi. Ricordo un giorno che arrivarono due camioncini: uno con 120 mila firme dalla Lombardia, l'altro con 80 mila firme dalla Sicilia. Feci personalmente il disegno di trecento scatole di cartone cannellato che dovevano contenere le schede per la richiesta del referendum. Raccogliemmo ufficialmente 1 milione 370 mila firme, ma in realtà un po' di più. Ne tenni 130 mila di scorta, in caso di contestazioni ». La rapidità silenziosa nel raccogliere questa montagna di carta, bollata e autenticata dai notai, disorientò tutti i gruppi politici. In realtà non fu un risultato eccezionale. Nel 1902, per sbarrare il passo al progetto di divorzio presentato dal ministro Cocco Ortu, le organizzazioni capillari cattoliche raccolsero tre milioni e mezzo di firme, e nel 1882 (progetto divorzista del ministro Villa) ne avevano raccolte due milioni. Il paladino del matrimonio indissolubile d'allora era un certo signor Persichetti. La mitizzazione del traguardo senza precedenti delle firme rastrellate davanti alle chiose dai volontari del professor Lombardi fece il gioco degli antidivorzisti creando una generale psicosi da referendum. Gli inganni Nella « commedia degli inganni », come definisce l'affannosa ricerca di compromessi per evitare lo scontro del 12 maggio, il professor Lombardi trovò l'aiuto insperato di ineccepibili ragioni formali a sostegno di tesi di fondo discutibili. « Il referendum — dice sarcastico — non l'ho inventato io; l'ho solo utilizzato. Semmai sono da considerare uno scocciatore a monte, prima che si mettesse in moto la macchina elettorale. La verità è che i politici hanno una repugnanza esistenziale per l'istituto del referendum, lo accettano so¬ lo a parole. Sostanzialmente non sono democratici ». Naturalmente Lombardi non si sente coinvolto nelle responsabilità di una frattura verticale causata dal referendum. Ha un solo pensiero: cancellare il divorzio per salvare la società che ritiene insidiata da 60 mila sentenze. Su questo punto non transige, con la sicurezza un po' autoritaria del professore vecchio stile che alterna lezioni di diritto a prediche moraleggianti. « Politicizzare il referendum — osserva — è uno sbaglio gravissimo, ma io non c'entro: a me interessa che i cittadini possano esprimersi con il voto su due visioni della vita: quella del piacere contro quella del dovere ». L'avventura di questi tre anni, afferma, è stata « entusiasmante sul piano umano ». Non ha cambiato gran che la sua vita privata tutta studio e famiglia (il professore non va al cinema, non ama il calcio, non segue la televisione). L'ha solo sovraccaricata di qualche impegno in più per seguire da vicino la battaglia del referendum alla testa del Comitato antidivorzio. Riceve molte lettere, soprattutto di donne. « Lei non ha idea per quante poverette sia una ferita cambiare nome riprendendo quello da nubile ». « Per il resto ho fatto questa esperienza senza nessun gusto particolare. Non ho contatti con il mondo politico e non ho ricevuto alcuna pressione. Del resto a che sarebbero servite? Anche se per ipotesi avessi cambiato idea, non avrei potuto fermare il referendum ». E' diffìcile definire la personalità del professor Lombardi, che per alcuni è il gelido Don Chisciotte di una causa sbagliata, per altri un arrogante oltranzista, per altri ancora un uomo probo che ha avuto il coraggio di esporsi a difesa di una sua idea dell'ordine e della moralità. Nel referendum del '46 votò per la monarchia e le sue idee politiche preferisce riproporle come principi assoluti: « Sono per un'Italia che sappia equilibrare il progresso con il giusto, per una società illuminata dai valori della famiglia, per una generosa e leale partecipazione di tutti alla vita pubblica ». D'accordo, ma in quale gruppo politico si identifica il professor Lombardi? Il personaggio si chiude e il tono solenne diviene di colpo duro e ironico: « Voto nel segreto dell'urna, come mi pare ». Giorgio Fattori

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