Il regime dei fasci di Ferdinando Vegas

Il regime dei fasci Il regime dei fasci Ancora l'opera di uno studioso inglese sulla storia d'Italia Adrian Lyttelton: « La conquista del potere - Il fascismo dal 1919 al 1929 », Ed. Laterza, pag. VIII-803, lire 6500. Ancora una volta si deve a uno studioso inglese un'opera che degnamente si allinea accanto a quelle del Mack Smith, del Seton-Watson e del Deakin sulla storia dell'Italia moderna e contemporanea. Allievo del Deakin, professore a Oxford, dove dirige — al St. Antony's College — la sezione che si occupa appunto di questi periodi della nostra storia, il Lyttelton affronta nel suo lavoro, frutto di lunghi anni di ricerca svolta in Italia, il decennio che vi de il fascismo sorgere, andare al governo, trasformarsi 3 consolidarsi in regime: dalla fondazione dei fasci, nel marzo 1919, ai Patti Lateranensi ed alle elezioni plebiscitarie, nel febbraio e marzo 1929. La fase iniziale, sino alla « marcia su Roma » compresa, è trattata brevemente, nelle prime 150 pagine, come premessa a quello che è il vero argomento del libro: «Uno studio non delle origini del fascismo, ma della "conquista del potere"... non già della meccanica di un colpo dì Stato, ma dell'incidenza di un nuovo tipo di movimento politico sulle istituzioni e sulla società italiane ». Altra cosa, infatti, è impadronirsi del governo con un colpo di Stato (che tale fu la « marcia su Roma »), favorito o almeno tollerato dall'alto; ed altra cosa, assai diversa e ben più complessa, è la vera e propria « conquista del potere », se con questo termine s'intende, come si deve, la costruzione d'un regime che penetri nell'intimo del tessuto sociale, economico, culturale, oltre che politico, d'un Paese: un regime « totalitario », per usare il termine tipicamente fascista. Il Lyttelton ha dunque, anzitutto, il merito di aver dato questa impostazione alla sua ricerca, anche se non introduce una novità assoluta nella storiografia sul fascismo. A parte la nozione comune che il fascismo diventò propriamente regime non prima del 1925-26, già Renzo De Felice (che il Lyttelton conosce e cita ripetutamente) aveva dedicato il terzo volume della sua monumentale biografia di Mussolini, uscito nel 1968, a L'organizzazione dello Stato fascista ■ 1925-1929, studiando gli aspetti salienti che caratterizzano il passaggio dallo Stato liberale al regime fascista e la « prima strutturazione dello Stato fascista ». Il Lyttelton riprende dunque l'indagine su questo sviluppo del fascismo, facendone l'argomento stesso fondamentale della sua opera, con una trattazione che raggiunge organicità e completezza attraverso una disamina analitica ed approfondita, costantemente sorretta da una vastissima documentazione originale. La struttura portante dell'opera è essenzialmente storica, si articola cioè secondo le tappe cronologiche principali del decennio preso in esame, dalla « marcia su Roma » alla cosiddetta « normalizzazione », al delitto Matteotti, alla « sconfitta del partito» e così via sino alla piena instaurazione del regime nel 1929. Ma, quando una tappa ne offre lo spunto, sono interposti dei capitoli, per così dire orizzontali, i quali esaminano l'uno o l'altro aspetto del regime in costruzione. Sono questi, ovviamente, i capitoli più interessanti, che smontano nelle più minute componenti il meccanismo del regime fascista e ci fanno comprendere come, perché e sino a che punto avvenne la fascistizzazione della società italiana. Non che il fascismo sia stato così pienamente totalitario come proclamava: «il suo potere, anche nel momento culminante », ebbe « carattere limitato », « la presa di Mussolini sulla società italiana non fu così solida, né la sua influenza così capillare, come nel caso di un Hitler o di uno Stalin ». Insomma, « il fascismo lasciò zone enormi della vita italiana praticamente intatte ». E tuttavia, soggiunge immediatamente l'autore, « sarebbe a mio giudizio sbagliato pensare che il fascismo non abbia segnato una rottura netta nella storia d'Italia ». Il rapporto dialettico, mai definitivamente risolto, tra continuità e rottura, tra conservazione e sovversione, è quindi il principio intrinseco dell'evento storico, la « conquista del potere », e della ricostruzione storiografica che ne fa il Lyttelton. Non potendo qui seguire nella loro ricchezza le analisi che l'autore compie sui singoli settori (quali, per esempio, « padroni e sindacati », « l'economia fascista », « ideologia e cultura»), ci limiteremo ad accennare al settore capitale, « il partito e lo Stato », al quale sono dedicati due capitoli veramente illuminanti sull'ambigua natura del regime fascista. Infatti, come dice il Lyttelton, « il rapporto tra partito e Stato ebbe una importanza cruciale nel determinare la forma e la natu¬ ra conclusivamente assunte dal regime». Giunto al potere « sulle spalle di un movimento di massa » e «senza un programma preciso per la ricostruzione dello Stato», Mussolini si trovò necessariamente a dover armonizzare esigenze e spinte opposte, attraverso le quali si manifestava il conflitto tra la vecchia fonte dell'autorità, lo Stato, e la nuova che tentava di contrapporlesi, il partito. Fu proprio giocando abilmente su questo conflitto che il duce riuscì a stabilire la propria dittatura, sicché « nel 1929... aveva gettato le fondamenta del suo dominio personale sullo Stato italiano », mentre « le istituzioni che avevano aiutato Mussolini a conquistare il potere e a consolidarsi andavano rapidamente perdendo autonomia e vitalità », a cominciare dal partito, ormai burocratizzato e subordinato allo Stato. La tirannia di Mussolini, pertanto, fu l'esito al quale pervenne il regime fascista quando fu portata a termine la « conquista del potere », con le tragiche conseguenze che verranno a maturazione dopo altri dieci anni. Ferdinando Vegas

Luoghi citati: Italia, Oxford, Roma