Valpreda: "Non parlerò più"

Valpreda: "Non parlerò più" Clamori in aula alla notizia dell'unificazione Valpreda: "Non parlerò più" Dura dichiarazione della difesa: "Si vuole resuscitare il fantasma degli opposti estremismi' (Dal nostro inviato speciale) Catanzaro, 18 aprile. Questa è la cronaca dell'agonia di un processo. Un'ora e mezzo di parole, di eccitazioni, di gesti, di clamori in un'aula che sembrava ormai fuori del mondo, in una atmosfera irreale, dove tutti recitavano, angosciosamente, una parie che si sapeva inutile, un dramma che, ancora una volta, sarebbe rimasto senza epilogo. Anche se negli ultimi giorni (senza un motivo preciso, se non forse quello dell'abitudine a salire ogni mattina fin quassù e sentire il presidente Zeuli dire ogni volta la frase: «L'udienza è aperta»,) s'era andata diffondendo l'idea che il processo potesse continuare sino a raggiungere il regolare epilogo di una sentenza, non si può dire certo che la decisione della Corte suprema di unificare il processo contro gli anarchici al processo contro i fascisti fosse inattesa. Eppure, essa è arrivata in aula proprio come una sorpresa, come un evento al quale si potesse ancora porre rimedio. L'« agonia » Vale la pena di raccontare come la notizia è arrivata strisciando su questo processo, infilandosi per più di un'ora nel dibattimento, sino a strangolarlo. Erano le 13,40. La nona udienza del processo Valpreda durava da quattro ore, protagonista un testimonio fra i più importanti: il vice questore Bonaventura Provenza, all'epoca dei fatti capo dell'ufficio politico della questura di Roma. Un funzionario di grande mestiere, un uomo ben portante, solido nel passo, sicuro di sé. La difesa lo considera il grande orchestratore dell'inchiesta contro gli anarchici del circolo «22 Marzo», il responsabile dell'indirizzo a senso unico delle indagini. Quali elementi giustificavano il fermo di Valpreda?; perché le indagini si concentrarono sul gruppetto del «22 Marzo»?; quale era la posizione di Merlino?; a chi faceva le sue relazioni il poliziotto, finto studente, infiltrato nel «22 Marzo»?; perché Valpreda fu fatto precipitosamente partire per Roma? Le domande si fanno via via più pesanti, le risposte più urlate e polemiche. Il primo che si alza è il p.m.: «Qui si fanno critiche fuori luogo; qui si critica l'operato del dottor Provenza e tutto il sistema del suo ufficio...». Poco più tardi, interviene la parte civile, con l'avvocato Azzariti Beva: «La parte civile finora non ha detto niente. Ma a questo punto deve levare rispettosa protesta per la maniera con cui i verbalizzanti vengono trattati dalla difesa...». / clamori dell'aula coprono le | parole, ancorché urlate. Sì sente ì ancora: «Questi servitori dello Stato vengono attaccati per i servizi che hanno ritenuto di rendere al Paese e alla società...». // presidente lo interrompe: «Avvocato può accomodarsi, le tolgo la parola. Avvocato, si accomodi». Poi si rivolge alVoti. Malagugini: «Questa domanda non gliela ammetto. Ho già detto che il teste non è un imputato». L'eccitazione monta, come non era mai accaduto in questo processo. E' a questo punto (sono le 13,40) che un usciere si avvicina al presidente e gli mormora qualcosa all'orecchio. Il dottor Zeuli si aggiusta gli occhiali, gira intorno lo sguardo, poi dice agli avvocati che si agitano: «Avvocato, lasci stare. Hanno unificato i processi». L'on. Malagugini replica: «E' una notizia vergognosa». Nel clamore, non tutti hanno sentito. Mentre nell'auto torna il silenzio, alcuni giornalisti corrono a telefonare a Roma e apprendono che la Cassazione è ancora riunita. Si è appreso, poi, che la notizia è arrivata direttamente alla Corte, con l'annuncio telefonico della spedizione di un fonogramma da parte del cancelliere capo della Cassazione. Comunque, l'udienza continua, finché, dopo una ventina di minuti, il cancelliere lamenta di non farcela più. Il presidente propone di rinviare a domani, l'avvocato Tarsitano, della difesa, si oppone: «Noi stiamo celebrando un processo serio...», dice. «Tutti i processi si celebrano seriamente, non soltanto questo», lo interrompe il presidente. L'avvocato Tarsitano continua: «Sono trascorsi quasi cinque anni e ora dovremmo sospendere per la decisione della Corte suprema. Ma non è possibile in questo momento. Abbiamo davanti a noi il dottor Provenza, responsabile della conduzione di tutte le indagini che hanno condotto a questo procedimento. Dobbiamo esaurire la sua testimonianza». « Mi offende » li presidente decide allora una breve sospensione per poi riprendere nel pomeriggio. Il dottor Provenza si alza dalla sedia, questa volta visibilmente affaticato. Alle 14,20 si riprende. Le domande al dottor Provenza ora sono rivolte dall'avvocato Armentano, della difesa di Merlino: «E' vero che durante un suo colloquio informale con Merlino, il 14 dicembre, gli offrì dei soldi? E' esatto dire che in quella occasione lo consigliò di inventare delle dichiarazioni?». Nuovo clamore. Mentre il presi- dente dichiara inammissibile la domanda dicendo: «Non travali- i - chiamo il rispetto umano, è la prima cosa», il dottor Provenza grida nel microfono: «Signor presidente, qui mi si offende. In trent'anni di carriera non ho mai detto a nessuno di inventare le risposte!». £' in questo momento che l'usciere sale di nuovo dietro gli scanni dei giudici, con un foglio in mano, che consegna al giudice a latere, dottor Antonini. Questi lo legge e poi lo fa portare al p.m. No a Merlino Intanto, l'avvocato Armeniano annuncia che Merlino vuol fare una dichiarazione. Il giovane, pallidissimo, si mette alla sinistra dei dottor Provenza, la mano sottile appoggiata sul banco della Corte. Il momento è drammatico, anche se tutti hanno intuito che il foglio portato dall'usciere è la decisione della Cassazione, che praticamente uccide questo processo. Il presidente, con voce secca e nervosa dice all'imputato: «Merlino, allora lei conferma i suoi verbali precedenti?». Merlino: «No, io voglio soltanto fare una dichiarazione». Presidente: «Allora no, diventa una farsa, si accomodi pure». Avv. Armentano (gridando): «Lei non può togliere la parola all'imputato» Presidente: «Non tollero che l'imputato, che non ha mai voluto parlare, intervenga a questo punto. L'ho detto, diventa una farsa». Le proteste sono alte, il presidente appare innervosito, il dottor Provenza volge il viso, scuro, verso l'aula. Poco più tardi, ha uno scatto anche Valpreda. Poi, improvvisamente (sono le 15,09 minuti) il dott. Zeuli licenzia il testimone e dice: «L'udienza a domattina, alla solita ora». La sorpresa è vivissima, un lungo mormorio la sottolinea. Ma come, non c'è l'ordinanza della Cassazione? I giudici tornano a sedersi. E finalmente dopo qualche esitazione ancora, proprio come davanti a un annuncio di morte che si cerca fino all'ultimo di ritardare, il giudice a latere legge l'ordinanza. L'agonia del processo è finita. Il presidente conclude: «In questo momento siamo tutti troppo stanchi. Ne parleremo domani». Nell'aula non c'è giù più quasi nessuno. Davanti al banco degli imputati Valpreda dice: «Io non parlerò più. Parlavo al mio processo. A quello Freda-Ventura non parlerò più». Anche i difensori hanno preparato una dichiarazione. (La più torbida e allucinante vicenda giudiziaria di questo dopoguerra va avanti a furia di di¬ cptqcumdssresdlppbzpdspggp chiarazioni). Eccola, nei suoi punti di rilievo: «E' un atto politico di inaudita gravità. Con questo gesto di imperio si conclude una manovra diretta, da un lato, a impedire l'accertamento giudiziario dell'innocenza degli anarchici e, dall'altro, a resuscitare il fantasma degli opposti estremismi. E' facile prevedere che i due processi riuniti, se e quando verranno iniziati, rischiano di svolgersi in un clima di violenza e di turbamento dell'ordine democratico che la teppaglia fascista sembra invitata a provocare. Con questo intollerabile atto di ingiustizia la Cassazione infligge un durissimo colpo alla credibilità democratica di tutta la magistratura e ribadisce la volontà politica di non portare a termine un'indagine giudiziaria su fatti che coinvolgono pesanti responsabilità di pubblici poteri». Franco Nasi