Processo per la strage tensione e polemiche di Piero Cerati

Processo per la strage tensione e polemiche A Trieste per i fatti di Peteano Processo per la strage tensione e polemiche Deciso un sopralluogo nelle carceri di Gorizia dove sarebbe avvenuto un colloquio compromettente tra un'imputata e il super testimone - Sembra che uno degli accusati si qualificasse come giornalista (Dal nostro inviato speciale) Trieste, 17 aprile. E' ripreso stamane in corte di assise a Trieste il processo per la strage di Peteano, dove la sera del 31 maggio 1972 un'auto carica di esplosivo uccise tre carabinieri. Imputati: Romano Resen, Gianni e Maria Mezzorana, Enzo Badin, Giorgio Budicin, Furio tarocca (detenuti) e Anna Maria Scopazzi (a piede libero). Sono tutti di Gorizia e conosciuti per le loro «notti brave»; secondo l'accusa avrebbero agito per vendetta contro i carabinieri (le loro case sarebbero state più volte perquisite), ma dalle prime udienze è emersa la sproporzione tra il movente e l'attentato. L'auto-bomba Questa mattina la corte ha ordinato la citazione dei periti balistici d'ufficio, tenente colonnello Luigi Arvali, di Mestre; dottor Alessandro Del Prete, di Spinea (Venezia); maresciallo Fortunato Gerlain, di Mestre; professor Rosario Grasso, di Genova, Inoltre sono stati decisi so pralluoghi a Peteano, nella baracca dove sarebbe stata nascosta l'auto-bomba, e nelle carceri di Gorizia per ascoltare alcuni testimoni e osservare l'esatta ubicazione del par latorio dove sarebbero avvenuti colloqui compromettenti tra la Mezzorana e il superteste Di Biaggio, alla presenza degli agenti di custodia, i quali non avrebbero udito nulla. La corte ha anche stabilito di sentire il titolare dell'azienda Cigolotto, dove lavorava come camionista il Resen quando si sarebbe recato in Svizzera ad acquistare l'esplosivo T-4 per l'attentato su un autocarro Fiat, durante un viaggio da Genova a Novi Ligure, con sosta a Cremona e partenza per Pedrinate, oltre frontiera: un episodio poco chiaro, senza prove dirette. Verrà anche interrogata una redattrice del Gazzettino di Gorizia, Laura Alessi, per sapere se l'imputato Badin cercava notizie per conto del giornale sulla vicenda di Peteano (particolare che spiegherebbe le sue frequenti visite nella caserma dei carabinieri, interpretate invece da¬ gli inquirenti come un indizio di colpevolezza: Badin avrebbe cioè dovuto sapere se era stato scoperto qualcosa contro di lui o a carico dei presunti complici). E' tornato in aula il colonnello Dino Mingarelli, che diresse le indagini sulla strage. Ha parlato dei ritrovamenti di esplosivi e degli attentati prima e dopo la strage di Peteano, nel Friuli-Venezia Giulia. Ad Aurisina, presso Trieste, oltre a cariche di dinamite, detonatori, matite esplosive, furono scoperti 23 pacchi di plastico. «Agli atti non risulta che fosse T-4, esplosivo plasticizzato, usato a Peteano» ha detto Mingarelli. Sulla questione saranno però sentiti gli esperti. Il colonnello ha poi voluto fare una precisazione: «Noi abbiamo esaminato tutte le piste — ha detto —. Il 6 ottobre 1972 quando avvenne il dirottamento del Fokker a Ronchi dei Legionari, in cui fu ucciso Ivano Boccaccio, ex para, io dirigevo le indagini. Scoprimmo chi era la vittima e il suo complice: Carlo Cicuttini, segretario del msi a San Giovanni al Natisone; ordinai subito di cercarlo in tutta Italia, feci intensificare le indagini, specificando che si trattava di elemento peri' noioso e forse armato», i P.M. — Colonnello, questo I è un procedimento non ancora definito. Riservatezza. Mingarelli — E' un esempio dell'immediatezza con cui seguimmo la pista nera. Pedroni (difesa) — Non ci racconti di Ronchi dei Legionari, chi gliel'ha chiesto? Parli invece di come furono battute le piste di Peteano. Fu identificata la Simca 1000, metallizzata, targata TN, vista sul luogo dello scoppio? In provincia di Trento saranno solo un centinaio. Mingarelli — Nessun elemento raccolto conferma la presenza della Simca. L'auto non fu mai identificata. Pedroni — Un certo Tauriano fece il nome ai carabinieri di Pisa di un torinese delle Brigate Rosse per l'attentato. Si indagò su un'auto targata To a Peteano? Mingarelli — Si indagò su tutto. Non v'erano auto targate To a Peteano. Il colonnello ha poi spiega- to perché le indagini confluirono sul gruppo di Gorizia, ora imputato. «Non fu soltanto per la testimonianza del Di Biaggio — ha detto — altri elementi di accusa comprovano il mio rapporto. Anche la taglia di 30 milioni non spetta al Di Biaggio, sarà il ministero dell'Interno a decidere a chi attribuirla. Partimmo da Gorizia per le indagini e osservammo chi aveva un comportamento strano. Molti degli imputati venivano anche in caserma a chiedere notizie. Uno si diceva giornalista (è il Badin; la redattrice Alessi deporrà su questo punto). Comunque si indagava su tutti». Pedroni — Ma le intercettazioni telefoniche avvennero soltanto a carico del La Rocca. Perché? Mingarelli — La deposizione d'una teste aveva gettato sospetti sul gruppo degli imputati. Pres. — Pedroni, lei critica il metodo delle indagini. L'interrogatorio del colonnello è durato 2 ore, con punte di alta tensione (P.M.: «Io passo sopra gli oltraggi, ma a un certo punto dico basta ». P.C.: «E' inaudito, gli imputati fanno il coro»; Mingarelli: «Mi sono spogliato della mia qualifica di comandante, ma le mie risposte sono consacrate nei rapporti», e la frase successiva: «Io li denuncio» si è persa tra il vociare in aula, P.M.: «Scopo della difesa è farci perdere la calma »). Rapporti col Sid Il presidente ha quindi dichiarato chiuso l'interrogatorio a Mingarelli, ma l'avvocato della difesa De Luca ha fatto mettere a verbale tre sue domande al colonnello «in ottemperanza all'obbligo di accertare la verità». Prima do manda: «Dia notizie sull'esplosivo T-4 in riferimento al "plastico" trovato ad Aurisina»; seconda: «Spieghi i suoi rapporti con il Sid (Servizio informazioni difesa) cui ha inviato sei dossier su Peteano, ricevendo in particolare istruzioni di comportamento e non ultima una lettera (6 novembre 1972) con cui si comunicava di interrompere le indagini in un particolare settore»; terza: «Dica, per valutare la sua attendibilità, in che relazione egli era con il piano eversivo "Solo" (fatti del luglio 1964)». Pres. — Dichiaro inammissibili le domande. Difesa — Non può, perché nessuno ha fatto obiezione. Pres. — Non ritengo opportune le domande, si continui con gli altri testi. Difesa — Solleveremo il caso di illegittimità. Sono poi sfilati i testimoni, ma nessuno ha modificato le deposizioni fatte in istruttoria, né ha portato una parola definitiva a carico o a discolpa degli imputati. Dal carcere di Gorizia verrà in aula, venerdì pomeriggio, Gianni Brandolin, che ha inviato una lettera al sostituto procuratore di Gorizia in cui dice di aver ricevuto a suo tempo una confidenza del Budicin; il giovane gli avrebbe detto: «Speriamo che non trovino il luogo dove abbiamo preso l'esplosivo». Brandolin aggiunge nella lettera: «Se però mi interrogherete in aula, smentirò tutto». Domani continueranno le testimonianze. Piero Cerati