Patricia Hearst rapinatrice E' stata costretta dai rapitori? di Ennio Caretto

Patricia Hearst rapinatrice E' stata costretta dai rapitori? Clamorosa svolta a San Francisco sul caso di "kidnapping,, Patricia Hearst rapinatrice E' stata costretta dai rapitori? La ragazza è stata riconosciuta attraverso fotografie scattate da macchine nascoste - Il gruppo di quattro persone, non appena entrato nell'edificio, si è dichiarato appartenente all' "Esercito di liberazione simbionese" - Molti pensano che Patricia sia stata obbligata dalle armi degli altri rapinatori a partecipare al colpo Patricia o Tania? Ereditiera o rivoluzionaria? Vittima o colpevole? Qual è il vero volto della giovane Hearst, fotografata ieri nella rapina della banca di San Francisco? Si è convertita alla guerriglia, o è costretta a fingerlo? Appartiene — o apparteneva già da tempo — all'* Esercito Simbionese di Liberazione », o ne è tuttora prigioniera? Col passare dei giorni — e sono quasi due mesi e mezzo dal suo rapimento — gli interrogativi aumentano e diventano più gravi. Della misteriosa vicenda, che tiene col fiato sospeso l'America e in angoscia una famiglia, non s'intravede la fine. E' il primo kidnapping politico statunitense, tragico, affascinante, e segna la ripresa di timori e scontri dimenticati. La vicenda, in sé, parrebbe schematica, Da un lato, l'influente «dinastia» degli Hearst, che rappresenta l'establishment e il potere; dall'altro un « gruppuscolo » armato, che simboleggia la rivolta; nel mezzo, Patricia — o Tania — contestatrice e depositaria ad un tempo delle tradizioni familiari, anticonformista ma non aliena dal compromesso, sdegnosa della sua società se non della sua ricchezza. Queste, tuttavia, sono soltanto le apparenze. Il quadro è più complesso e sfumato. E' il quadro della San Francisco che negli ultimi quindici anni ha vissuto l'esperienza beat di Jack Kerouac, l'insurrezione universitaria a Berkeley, i sogni dei « figli dei fiori », il terrorismo dei « Weathermen », l'ira di Angela Davis. Una San Francisco che ha sempre anticipato i fermenti politici e sociali del Paese, rinnovando le proprie aspirazioni. Il kidnapping o rapimento della giovane Hearst esaspera, in un certo senso, il crescente contrasto tra il passato e il presente dell'America, tra certezze non più valide e valori ancora da definire. L'« Esercito Simbionese di Liberazione » indica, in maniera fanatica e sanguinaria, l'impossibilità di tornare indietro e la necessità di trovare nuovi equilibri. Se la vicenda suggerisce una condanna incondizionata della violenza — come attestano le dichiarazioni accorate della stessa Davis e del capo delle « Pantere Nere » Newton — induce però anche a riflettere su mali sconosciuti. Nella sua enormità, essa ha un preciso significato storico e di costume. L'antitesi tra la « dinastia » degli Hearst e i rivoluzionari dell'« Esercito Simbionese di Liberazione » non potrebbe essere maggiore. Da un secolo, l'influente famiglia fa parte del mito del capitalismo americano. Arricchitasi con le miniere d'argento e con le ferrovie della California, essa costruì a cavallo del Novecento il più grande impero della carta stampata del mondo. William Randolph Hearst ne impersonò lo spirito inesorabile. Inventò «the yellow press », i giornali scandalistici, con diffusione di massa; li trasformò in strumenti di pressione e di potere politico; se ne servì per piegare spietatamente la concorrenza, la resistenza sindacale, e appoggiare governi di destra. Per qualche anno, questo magnate meditò di conquistare la presidenza degli Stati Uniti con la sua catena di quotidiani e di settimanali, di cui ne rimangono oggi 8 e 11 rispettivamente. Glielo impedirono l'avversione popolare e Roosevelt. La sconfitta lo spinse a chiudersi nel fiabesco castello di San Simeon, sulle colline della California meridionale, prospiciente l'Oceano, colmo di tesori d'arte importati dall'Europa. Morì in discordia coi figli e coi collaboratori, il suo impero avviato sul viale del tramonto. Dalla sua vita trassero lo spunto un libro, «Quarto potere », e l'omonimo film con Orson Welles; la polemica lo accompagnò fino alla tomba. Da lui, Randolph, il padre di Patricia — o Tania — ha ereditato la passione per i giornali e le qualità di amministratore. Ma le circostanze e le difficoltà ne hanno limitato le ambizioni. Randolph Hearst s'è così dedicato innanzitutto alla conquista della rispettabilità di cui mancavano i fondatori della « dinastia ». Ha scelto la vita tranquilla dell'altissimo funzionario e dell'azionista, nelle colline di Hillsborough, in una villa valutata oltre 200 milioni di lire. Ha allevato le cinque figlie con tolleranza ma nell'ossequio delle convenzioni, tra scuole di lusso e ricevimenti. Senza dubbio, Randolph Hearst non ignorava i fermenti della gioventù ribelle che ribollivano intorno alla sua torre d'avorio. Patricia, la sua terzogenita, ne era il portavoce. A sedici anni, s'era fatta espellere dal convento di suore, dove studiava, per avere fumato marijuana. A diciassette, era andata a vivere nascostamente con un «professorino» universitario, Steven Andrew Weed, iscrivendosi per amor suo alla facoltà di storia dell'arte. A diciotto, aveva rifiutato con irritazione il « debutto danzante » di pram- malica per le ragazze di buona famiglia. E dei quotidiani e settimanali paterni diceva che « li leggono solo gli ottantenni », definendoli « reazionari ». Ma come la stragrande maggioranza dei padri americani, l'ultimo re della «dinastia» pensava che la maturità avrebbe sopito le inquietudini e piegato l'intransigenza della figlia. Ne aspettava il matrimonio, le aveva mandato, borghesemente, un servizio da tavola. Non poteva credere che fosse immischiata nelle attività di « gruppuscoli » armati, non lo crede neppure adesso. Aveva ed ha la ferma convinzione che la società statunitense, solida, pluralista, in perpetuo mutamento, fosse e sia in grado di respingere ogni assalto, recependone però le istanze « giustificabili ». E Patricia, « the ali america» girl », la ragazza tipo americana era cresciuta in tale fede. Forse non si saprà mai come e perché i'« Esercito di Liberazione Simbionese » sia venuto in contatto con la bella ereditiera. E' chiaro però che, con la sua complicità o senza, ne ha sfruttato la fama e i dubbi. Consenziente o no, Patricia — o Tania — è adesso una pedina in una macabra strategia terroristica. A San Francisco la guerriglia è diventata una realtà: « berretti verdi » e reparti specializzati dell'esercito collaborano nelle indagini dell'Fbi. Tre informatori — due negri, Colston Westbrook e Chris Tompson, e una bianca, Robyn Steiner — fanno da esca in questa caccia mortale. « Non esiteremo a uccidere » hanno dichiarato i rivoluzionari. Il « gruppuscolo » è in vita dalla scorsa estate. E' nato probabilmente dalla fusione (di qui il termine simbiosi) di formazioni insurrezionali diverse. L'« Esercito Simbionese di Li- berazione » mescola il misticismo al militarismo e il maoismo al castrismo. Il suo obiettivo è « la distruzione dello Stato capitalista e dei suoi sistemi di valori ». Ha per emblema il cobra indù dalle sette teste, che indicherebbe la divinità e la vita, nelle forme dell'autogestione, della collaborazione, della produzione, della creatività, dell'unità, della finalità e della fede nella responsabilità colletti¬ va. Commentandone la simbologia e le azioni, uno psichiatra di Los Angeles, Frederick Hacker, studioso di terrorismo, li ha descritti come dei fanatici. « Hanno contro l'uomo della strada — ha detto —. Ma sono ciechi. Si ritengono guidati da una giustizia superiore ». E ha aggiunto: « Anche le SS portavano scritto sul cinturone "Goti Mit Uns" ». Ennio Caretto San Francisco. Patricia Hearst col mitra fotografata nella banca dalla telecamera nascosta (Telef. Associated Press) Patricia Hearst, quando non aveva ancora aderito all'esercito simbionese (Ap)