Primo bilancio della "cedolare" di Francesco Forte

Primo bilancio della "cedolare" Sui mercati finanziari italiani Primo bilancio della "cedolare" Conviene fare un primo bi-' lancio, dopo l'introduzione della cedolare secca, riguardo alla situazione e alle prospettive dei mercati Finanziari e alla funzione che essi possono esplicare, per fare affluire denaro all'investimento (controbattendo altresì la tendenza al deflusso di capitali verso l'estero). La cedolare secca non ha provocato un rialzo cospicuo nel corso delle azioni. Non ritengo però che si debba, per questo motivo, affermare che la misura di agevolazione fiscale in questione ha fallito al suo scopo. Al contrario, come ho scritto commentandone l'introduzione, sarebbe stato dannoso un « boom » di Borsa subito, puramente a favore dei possessori di titoli che vi sono già (o degli speculatori) rastrellando risparmio dai singoli, senza benefìcio per le imprese. Ciò che si auspica è non già che il risparmio si affolli sui titoli esistenti, ma che le società per azioni quotate in Borsa considerando il nuovo più vantaggioso regime fiscale a favore dell'azionista c considerando il rincaro del costo del denaro a credito, procedano ad aumenti di capitale per raccogliere risparmio fresco; e inoltre che società per azioni non quotate, sempre per i suddetti motivi, siano indotte a quotarsi e ad ampliare, conseguentemente, il proprio capitale azionario. Se ciò si realizzerà il risparmio che affluirà alla Borsa servirà ad alimentare i nuovi investimenti produttivi; e lo stimolo fiscale che si è dato con la cedolare secca adempirà alla funzione che si intendeva assegnargli. I motivi principali del mancato rialzo della Borsa sono tre. Il primo è che essa era già salita in precedenza, in attesa della cedolare secca, che si dava per imminente. In una certa misura la cedolare secca, dunque, aveva già dispiegato i suoi effetti rialzisti prima di essere introdotta. Un secondo fattore, di rilevante peso, è stato poi costituito dalle restrizioni del credito e dal rincaro del denaro nei riguardi delle operazioni speculative di Borsa. Come avevo notato, era importante che si procedesse a queste restrizioni, per evitare un « boom » speculativo in Borsa, il quale — per i motivi sopra chiariti — non era opportuno e avrebbe deviato l'agevolazione fiscale dai suoi obbiettivi. Le autorità del credito (magari non proprio per i motivi particolari appena esposti) hanno ristretto proprio in questo periodo i fondi agli operatori di Borsa e così c'è stata una certa offerta di titoli, che diversamente non vi sarebbe stata, e che ha controbilanciato la domanda. Ma esiste, a mio parere, anche una terza ragione, per cui il « boom » borsistico non c'è stato subito dopo la cedolare secca. Ed è che i contribuenti non conoscono ancora bene la nuova imposta personale sul reddito che è in vigore dal primo gennaio ma che, per ora, si applica solo mediante trattenute sulla retribuzione o sui compensi professionali, il cui conteggio è fatto dal datore di lavoro (Stato o impresa). Soltanto l'anno venturo i contribuenti persone fisiche cominceranno ad avere familiarità con la nuova imposta. Si accorgeranno allora (se non lo hanno notato già adesso) che l'aliquota del 30 °,6, corrispondente alla cedolare secca, è rilevante abbastanza presto. Infatti, mentre lo scaglione di reddito fra nove e dieci milioni paga il 29 %, quello fra dieci e undici milioni è tenuto al 31 per cento e da 14 a sedici milioni l'aliquota è già del 34 °,b. Quelle a cui mi sono appena riferito sono le aliquote marginali, cioè le aliquote relative ai singoli scaglioni successivi di reddito, non già le aliquote medie che rappresentano la media fra le aliquote dovute sui vari scaglioni ed esprimono il peso percentuale del tributo sul reddito globale del soggetto. E' mia sensazione che molti confondano aliquota media e marginale e quindi, concentrando l'attenzione sull'aliquota media, tendano a supporre che il 30 °.b secco sia qualche cosa che interessa solo soggetti con reddito fiscale piuttosto alto, al di sopra dei venti milioni. Come ho notato, invece bisogna tenere presente l'aliquota marginale: e se lo si fa si conclude che il 50 °.b ha un effetto già sui dieci milioni, cifra che — in regime di rapido deprezzamento della moneta — non è certo un reddito annuo così rare ormai, fra i ceti medi. E' chiaro, comunque, che molto dipenderà anche da come saranno gli accertamenti fiscali, proventi dei titoli azionari a parte. Le agevolazioni fiscali che si sono adottate, però, sono so¬ lo una parte delle misure che occorrono per rivitalizzare il mercato azionario. Un lavoro utile lo potrà fare la Commissione nazionale per la Borsa e le società per azioni (istituita assieme alla cedolare secca), nello stabilire criteri per bilanci chiari e per un'informativa accurata, a favore degli azionisti. Ma ora vi è anche da pensare a un importante provvedimento: quello consistente nel consentire alle imprese di procedere alla rivalutazione del loro attivo, adeguando i valori di bilancio riguardanti immobili, impianti produttivi, attrezzature, al mutato metro monetario. Questa rivalutazione farà emergere l'effettiva consistenza patrimoniale delle società, in moneta corrente e si esprimerà anche nella formazione di « saldi attivi di rivalutazione monetaria ». Questi naturalmente non sono un effettivo guadagno, ma solo l'evidenziazione di qualcosa che prima non si vedeva. Però la legge fiscale, se non interviene apposita norma, li tasserebbe come guadagni di capitale. E' importante che si autorizzino, con legge, queste rivalutazioni (in deroga alle vigenti disposizioni sulla valutazione dei cespiti delle imprese e sui loro ammortamenti) e che si ricono¬ sca la loro intassabilità. Ciò serve sia a far conoscere all'azionista la consistenza effettiva dell'impresa con effetti positivi sui suoi possessi azionari, sia a porre l'impresa nella condizione di calcolare gli ammortamenti non già sul costo storico, ma sul costo attuale degli impianti. E' urgente farlo, per evitare che l'inflazione porti a insufficienti ammortamenti, erodendo il capitale produttivo. Francesco Forte